Non occorre disturbare Italo Calvino e le sue Città Invisibili. Davvero no. E non occorrerebbe nemmeno disturbare Chicchessia, ultimo illuminato, intellettuale qualunque, di una casta minore e ristretta, retriva e antimodernista di questa Girgenti, la mia, la vostra, e la sempre più loro Girgenti, se Chicchessia non fosse altrove, lontano, nascosto.
Da qui, da dove scrivo della mia Girgenti che non esiste più (io che l’ho vista soltanto sui libri, fra i ricordi e le parole di chi l’ha vissuta veramente), non resta altro che osservare. Non esiste più come era, come è stata pensata, progettata e desiderata; un Invisibile villaggio silenzioso in pietra di tufo giallo, abitato da uomini ed animali, tra la Valle, il mare, la campagna ed il sole. Volatili nel cielo, pesci nel mare, bipedi e quadrupedi sulla terra e, nel mezzo, gli alberi ''fra la terra ed il cielo'' come le nuvole.
Poi il polveroso cemento (la frana e il terremoto), l’asfalto sulla terra (le macchine e la velocità), le case abusive (la legalità), il mare inquinato e puzzolente (la politica attenta e lungimirante), i recipienti d’acqua sui tetti (ornamenti e decori di moderna architettura), gli alberi secolari (pericolose ghigliottine esiziali), i ventenni che vanno via (la globalità, la modernità, e altri simili e surrettizi pretesti) e tutto il resto, tutti gli altri, tutti i loro vocianti, urlanti, fragorosi rigurgiti in forma di abusate e logore parole, a digerire i rimasugli della loro pochezza.