Dal titolo di questo articolo è chiaro il mio intento “ambizioso” di riconciliare l’Economia e l’Arte, di superare i pregiudizi dovuti all’ignoranza a cui ci costringe il sistema consumistico che ci fa pensare che la prima è utile per vivere e la seconda non è utile, non serve a nulla. L’Uomo è fatto sia di Razionalità, di cui la Tecnoscienza e anche l’Economia sono la massima espressione, sia di Irrazionalità, come i sentimenti di Amore, Bellezza, Gioia, Odio, Invidia, Paura, che l’Arte sa esprimere meglio di ogni sistema di comunicazione che sia mai esistito.
Per questo motivo sono davvero contento che gli artisti e artigiani aragonesi hanno aderito numerosi all’iniziativa “Aragonesi - Galleria d’arte Continua” di Peppe Cumbo, artista aragonese, conosciuto per le sue bellissime realizzazioni fotografiche in cui mette in risalto la bellezza del paesaggio siciliano e aragonese e i suoi disegni applicati ad arte alle maioliche e a capi di abbigliamento che nulla hanno da invidiare ai migliori stilisti italiani. Peppe Cumbo, a mio modesto parere, ha sufficiente talento per decidere di lasciare la Sicilia e andare a cercare fortuna altrove grazie alla sua arte e alla sua rete di conoscenze sparse per il mondo intero. Ha deciso però di restare in Sicilia e apprezzare la bellezza di quest’Isola che per lui è ancora simbolo di genuinità, di bellezza e di ritorno a un modo di vivere che non esiste più o che sta scomparendo. Non sapete quanto sia vera questa “sensazione” di Peppe Cumbo e per questo motivo quanto sia importante la sua iniziativa che spero davvero possa avere tanto seguito e tutto il successo che merita.
Uno, nessuno e centomila: potrebbe essere il titolo, mutuato da Pirandello, della favola del teatro antico di Agrigento.
Per decenni, davanti alla sua beffarda assenza, gli Agrigentini si convincevano che in realtà ce ne fossero nascosti molti, se non proprio centomila. E ne indicavano i siti: a piazza Ravanusella, davanti al tempio di Giunone, a poggio Meta, a San Leonardo, forse anche verso Villaseta. Non si trovavano perché non li si voleva cercare: forze occulte che difendevano i privilegi di Siracusa e Taormina impedivano il rinvenimento della cavea antica.
Adesso che finalmente un teatro è stato trovato, e va prendendo forma con gli scavi, prevale il dubbio, non tra gli studiosi, che forse non sia proprio un teatro.
La filosofia potrebbe dare una mano adesso che scatta il "quasi" tutti liberi, dopo la quarantena forzata per evitare la diffusione del Covid-19.
A cosa? A capire per esempio come muoversi tra emergenza e panico. Il quesito è stato posto a tutti i grandi filosofi italiani, ai presidenti delle società filosofiche italiane che si sono messi attorno ad una 'agorà' telematica (tra Facebook e YouTube) stamane attorno alle 10.
Al confronto hanno preso parte oltre a filosofi, studenti del Liceo Empedocle di Agrigento, tra gli altri.
Difficile rinvenire una citazione posta in esergo che sintetizzi compiutamente lo spirito di un’opera. A dispetto dell’etimo (dal greco, “fuori opera”), esso, l’esergo, è “dentro”, pienamente dentro ad una piccola storia di amicizia, quella fra alcuni di noi, consolidatasi negli anni anche per l’avvertimento costante della seduzione esercitata dell’esperienza religiosa; mai esperita, è vero, se non nell’adolescenza, ma mai affrontata con sufficienza, nonostante i riflessi di una peculiare formazione culturale e politica. Fuori e dentro il mondo di Vito Bianco, sottotitolo Fede ed esperienza religiosa in alcune opere del cinema europeo, si annuncia così, felicemente, con una frase tratta da un romanzo di Don De Lillo: Non mi piace non essere credente. E’ una cosa che non mi dà pace. Mi conforta che altra gente creda. Neanche a noi piace. Il cinema invece sì, e molto, anch’esso passione mai sopita, buona occorrenza per far tardi la sera.
Il 2 agosto al teatro Andromeda di Santo Stefano Quisquina ci sarà l'annuale serata eventoche chiude il ricchissimo cartellone di questa stagione del teatro di Lorenzo Reina che ha avuto nello scorso concerto di Marco Mengoni il momento di maggiore clamore e visibilità. La serata avrà due momenti.
Il primo è la consegna del premio ai Talenti umbratili giunto quest'anno alla sesta edizione e che verrà consegnato a Florinda Saieva.
Il premio consiste in una scultura di Lorenzo Reina, e vuole riconoscere e celebrare quei talenti che rifuggono dalla ribalta, preferiscono il margine, l’auto-esclusione piuttosto che l’irretimento subalterno e compromissorio e che spiccano per profondità, originalità del loro sguardo sulla condizione umana del nostro tempo e del nostro territorio.
Florinda Saieva ha ideato, organizzato e sviluppato il Farm Cultural Park di Favara, ossia uno degli esempi più luminosi di rigenerazione urbana e di uso della cultura come risorsa capace anche di sviluppo economico e sociale del sud.
L’arte è frutto dell’artificio, di un’intenzionale sforzo di dare forma alla materia, di sostituire al caos un cosmo. Di opporre alla spontanea tendenza al disordine, all’entropia, la costruzione di un ordine, di una struttura.
Ottanta. Sono passati ottant'anni e due mesi e una manciata di giorni dal 5 settembre 1938, la data che nel calendario della nostra vicenda nazionale significa una delle pagine più vergognose e tristi: la promulgazione delle leggi razziali che espulsero dalla vita civile migliaia di cittadini italiani di religione ebraica.
Impiegati, medici, avvocati, editori furono messi al bando con una semplice ma micidiale firma apposta alla fine di poche pagine gelidamente discriminatorie volute da Benito Mussolini per compiacere l'alleato tedesco, quell'Adolf Hitler che aveva fatto della soluzione del "problema ebraico" uno dei pilastri del suo programma reazionario.
La presentazione del libro di Sofri “Una variazione di Kafka”, avvenuta ad Agrigento il 17 ottobre alla presenza di un pubblico numeroso e molto attento, ha aggiunto nuovi elementi per la comprensione del testo, godibilissimo, e proposto spunti ulteriori di riflessione su una vicenda solo apparentemente riservata ai filologi e agli specialisti di Kafka.
I protagonisti del libro sono tanti, due i principali, l’autore e Kafka, altri secondari ma di grande prestigio come Margarita Kelsen e lo stesso Borges, altri ancora meno famosi ma difficilmente dimenticabili come il prof. Flò.
Il nodo principale di un racconto, intricato e intrigante, ricco di sorprese e veri colpi di scena, è un cambio di parola fra l’edizione del ’15 e quella del ’17 ‘ di ‘Die Verwandlung’, erroneamente tradotto ‘La metamorfosi’ invece di ‘La trasformazione’.
La sostituzione si trova all’inizio del secondo capitolo: l’uomo-scrafaggio giace nella sua stanza-prigione e vede sul soffitto il riflesso delle luci, ‘dei lampioni’ nella prima edizione, dei ‘tram elettrici’ nella seconda.
Sofri ritiene che l’autore della variante del ’17 (i tram) sia lo stesso Kafka e non un anonimo redattore come molti hanno ipotizzato. Le ragioni argomentate da Sofri sono molte e convincenti, ricostruite viaggiando soprattutto attraverso Google fra articoli, saggi, interviste, corrispondenze private, diari.
Si torna a scavare nella Valle: sono ripresi infatti da qualche settimana gli scavi nell’area del cosiddetto “tempio romano”, una parte del grande spazio pubblico che si estendeva, in età ellenistica e romana, sul poggio di San Nicola; nel frattempo, una missione composta da studenti e docenti delle Università di Catania e di Enna e del Politecnico di Bari ha intrapreso una breve campagna di saggi archeologici nell’area del teatro ellenistico, in attesa che ven