CARO EMILIO di Vincenzo Campo

Lettera aperta all’avv. Emilio Messana, Segretario del Pd
Caro Emilio,ho sentito dire, leggendo qua e là in rete tra le cronache locali, che tu, nella qualità di segretario dei Partito democratico, occupandoti di quattro alberacci alloctoni –che vuol dire estracomunitari- “voglia ridurre la [tua] notoria capacità progettuale ad un fenomeno di piccola ordinaria amministrazione che attiene ai compiti degli uffici preposti” [fonte: http://tinyurl.com/bubsnd].  Sarà perché ti conosco di persona, sarà per spirito di colleganza, sarà perché mi sei simpatico, sarà perché non ho grandi capacità di progettazione, sarà perché sto con gli alloctoni e i perseguitati in genere, perfino vegetali, sarà per quello che tu vuoi e ti piace di più, sarà per tutto questo, sarà per una sola cosa fra queste, sarà per un’altra cosa che non ho ricordato, ma sono d’accordo con te.
Vale poco, purtroppo, perché, caro Emilio, come disse anni e anni fa un signore che allora era deputato regionale democristiano, il mio seguito in città, la mia notorietà, la mia “presenza” politica, traduco letteralmente dal siciliano che fu usato per dirlo, va “dal Bac Bac alla Posta vecchia”. Totò Pezzino, te lo ricordi? Dov’è finito Totò? …
Non sei agrigentino e forse non sai che l’area è veramente minima, anche se non si prende la scorciatoia del vicolo Gozza e si passa dal Piano Lena, dove, una volta c’erano i negozi e i banchi dei pescivendoli agrigentini.
Poca cosa, dunque, il mio sostegno. Ma dalla tua, dalla nostra, caro Emilio, c’è la forza della ragione, quella che quando dorme genera mostri, come quando piuttosto che rispondere si ricorre all’ingiuria.
Sì certo: i problemi della Città e del comprensorio tutto sono tanti e gravi e di fronte ad uno sviluppo che non viene, che ancora attendiamo forse da quando il popolo d’Israele attende il Messia, il problema d’una ventina di alberi, per di più neanche autoctoni, per di più forse ma non è dato sapere con certezza, attaccati da un parassita e insieme da un fungo della razza dei chiodini –buoni i chiodini!-, pericolosi perché incombenti sull’incolumità nostra, è problema di poco conto, facezia, minuzia, pinzillacchera per dirla col principe. E poi non sai, ottimo avvocato e grande progettista ma scarso giardiniere, che questi mostri d’Oceania ricacciano che è un piacere: abbi la pazienza d’attendere e vedrai che ricresceranno belli e fori come prima, dice chi t’attribuisce pochezza pratica rispetto a grandi capacità progettuali. Non sai che dove ce n’era uno, bellissimo, con un tronco enorme, vicino Buonamorone, fra un po’ se Dio vuole e il tempo l’aiuta, cresceranno quattro, cinque, sette e forse dieci altri tronchi, molto più piccoli di quello che c’era, minuscoli, rispetto a quello. Un boschetto al posto d’un albero solo: un cambio vantaggiosissimo.
E dunque: è ora di concludere perché troppo ti ho tediato e troppo ho tediato chi mi ha seguito fin qui e voglio riportare, nella consapevolezza che non violo nessun diritto di riservatezza, quello che m’ha scritto il Direttore della Caritas diocesana, don Vito Scilabra e che è implicitamente rivolto anche a te e a quegli altri perdigiorno che s’occupano di cose da poco: “””Carissimo Vincenzo, ho ricevuto la tua e-mail a proposito degli eucalipti tagliati, non posso essere che d'accordo su questa tua protesta anche perché la Caritas ha nel proprio impegno anche le problematiche ecologiche esattamente sulla salvaguardia del creato”””. Siamo uccelli perdigiorno, ma in buona compagnia.
 

 
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