DISTANZE SIDERALI di Vittorio Alessandro

Con la stessa periodicità del dibattito sul buco nell'ozono, ogni tanto qualcuno ritira fuori con preoccupazione il tema della distanza siderale tra politica e società. Il senatore Andreotti nel suo quartiere era 'er sor Giulio', e per sapere cosa pensasse della Roma e della Lazio bastava passare dal barbiere di Tor di Nona al momento giusto. Una volta a piazza del Pantheon quasi travolsi l'onorevole Moro che usciva dalla chiesa con la mazzetta dei giornali sotto il braccio. Enrico Berlinguer frequentava, compatibilmente con gli impegni della direzione nazionale, la sezione del Pci di Ponte Milvio, quella vicino casa. (Immaginiamo dunque quale fosse la 'geometrica potenza' dei terroristi nostrani, oscuri criminali che insieme a tante vite umane hanno spento anche una decisiva dimensione della vita pubblica). Oggi i politici si muovono rapidi da una parte all'altra del paese con improbabili automobili, in compagnia di autisti e segretari ancor più improbabili, assediati da agende feroci e da cellulari che squillano al ritmo delle lucette di un albero di natale. Chiunque abbia avuto la ventura di parlare con uno di loro (di qualunque appartenenza), avrà notato in lui, dopo i primi quindici secondi di conversazione, un certo disagio e la susseguosa ricerca di una via di fuga. Essi infatti non sono abituati ad ascoltare e hanno già poco tempo per parlare. La dimensione più adeguata al loro titanico impegno è lo studio televisivo, purché siano ben dosate le altrui presenze. Ora qualcuno si è affacciato su facebook, per lo più appaltando a terzi il periodico inserimento in bacheca di qualche frase ad effetto. Un'altra occasione sprecata.
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