E’ piacevole per noi umani osservare le città dall’alto, da dove le può vedere un gabbiano ad esempio, o magari un falco. E’ un privilegio anche costoso, per chi se lo può permettere e non soffre di vertigini. A New York costruiscono grattacieli alti più di 450 metri e ovviamente i prezzi degli appartamenti agli ultimi piani sono stratosferici.
A Barcellona due anni fa hanno ultimato i lavori del Carrer d’Antony de Capmany, un ponte sopraelevato progettato per creare un nuovo spazio di relazione tra tutte le strade che si incrociano lungo il corridoio ferroviario che conduce alla stazione Sants. Costo dell’opera 22 milioni di euro. Completato in due anni.
Uno spazio sopraelevato con giardini, attrezzature sportive, giochi per bambini, collegato da ascensori e scale mobili al piano della linea ferrata, un’isola ecologica e silenziosa, che offre una veduta panoramica dall’alto su un vasto fronte della città.
Fabio De Vecchi se n'è andato, lasciandoci nello sgomento. Vogliamo ricordarlo con la riproposizione di un video girato da lui e qui presentato da Giandomenico Vivacqua.
Io non ho particolari competenze per presentare il film di Fabio De Vecchi, non possiedo un’educazione speciale alla settima arte, né una cultura filmica di superiore livello, come ad esempio, qui tra noi, Beniamino e il suo gruppo.
La mia competenza specifica si ferma a Fabio, di cui sono, di cui mi sento molto amico. Ecco, io sono un interprete di Fabio, un cultore di questo specifico oggetto che è la sua esperienza esistenziale, la sua sensibilità, i suoi difetti, i suoi numerosi pregi umani. All’amicizia, però, voglio pensare di aggiungere una certa curiosità intellettuale, che mi consente, credo, di superare il primo livello di lettura, guidandomi verso ricognizioni sempre più avanzate del personaggio Fabio.
Sabato sera siamo andati a trovare Mimmo Galletto nella sua casa a Raffadali. Ci siamo accomodati in cucina, dal balcone si vedeva la strada vuota, ormai buia, dove ogni tanto scivolavano i fari accesi di un'auto. Mimmo è una rara persona che crea spontaneamente, forse inavvertitamente, la scena già incorniciata dentro la quale parla, racconta, recita versi suoi e di altri poeti o di anonimi contadini, ragiona con competenza da filologo sulla rifonetizzazione di un verso raccolto a Sambuca e recitato a Raffadali, ricorda il suo paese com’era e lo racconta com’è. C’è solo da posizionare una piccola videocamera e accenderla, sperando che la ignori, che non chieda di spegnerla.
Ogni tanto qualcuno da fuoco ai sacchi della spazzatura che invadono strade e marciapiedi. E’ l’inceneritore fai da te, viene da pensare.
Allora arrivano i vigili del fuoco che spengono le fiamme, poi arrivano gli altri a togliere quanto è rimasto del rogo.
Dopo qualche settimana gli accumuli di spazzatura hanno di nuovo raggiunto dimensioni ragguardevoli anche in prossimità del centro sociale, la zona che costituiva il fiore all’occhiello di Villa Seta e che oggi ne riassume il generale degrado. L’inceneritore fai da te viene riattivato, e si ricomincia. Funziona così nella borgata agrigentina che fronteggia la casa di Pirandello.
René è un giornalista francese in vacanza ad Agrigento. Forse per deformazione professionale non riesce a guardarsi attorno senza fare domande alle quali non è sempre facile rispondere. Osserva, interroga, ascolta, fa confronti. Secondo lui certe Medine in Marocco sono molto più pulite del nostro centro storico, dove coglie una specie di dismisura nel degrado che non capisce.
Parlando di Agrigento René ha finito col ricordare Marrakech, quando una ventina di anni fa sono sparite le centinaia di ‘guide’ che presidiavano la grande piazza di Jamaa el Fna: le autorità avevano accertato che la presenza di quelle guide tiranniche e tracotanti costituiva la causa prima del mancato ritorno dei turisti nella capitale berbera del Marocco.
Sostiene che per il mercato turistico guide abusive e spazzatura abusiva possono equivalersi come fattori negativi, che se a Marrakech hanno fatto sparire le guide abusive per trattenere i turisti, allora qui per lo stesso motivo le autorità dovrebbero far sparire in fretta la spazzatura dalle strade.
A Linosa pensavo di rimanere solo un paio di giorni. Il tempo di salutare Lalla e vedere la processione. Non vi ero mai sbarcato d’inverno ed era l’8 dicembre, il giorno dell’Immacolata.
Trenta anni prima Linosa era stata per me il sole rovente di luglio, quella luce dura che scavava ombre nere negli anfratti degli scogli acuminati, il sale sulla pelle, il grido delle berte marine e le notti vellutate a casa di Aldo Benusiglio.