LAMPEDUSA, LA GUANTANAMO DEI DISPERATI? di Giandomenico Vivacqua

Non più tardi di sette mesi fa, candidandoci alla Presidenza della Provincia, abbiamo provato a immaginare la nostra terra come una porta dell´Europa sul Mediterraneo, un luogo che si attrezza per l´accoglienza e la mediazione culturale, che non chiude gli occhi sui problemi della modernità ma si attrezza per dare un contributo di solidarietà, nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali e dei diritti umani. Abbiamo provato a pensare alle prospettive di crescita economica connesse con questa visione e abbiamo indicato alcune strade da percorrere, facili perché obbligate.
Oggi, mentre il mondo festeggia l´afroamericano della Casa Bianca che chiude la prigione di Guantanamo e offre la mano a chi fino a ieri ha brandito il pugno, apprendiamo che c´è chi lavora per trasformare un pezzo della nostra Provincia, l´isola di Lampedusa, in uno spazio concentrazionario dove ammassare migliaia di uomini donne e bambini prima di smistarli, alla grossa, verso destini di miseria e di lutto. Un luogo che così acquisirebbe nel Mediterraneo il tetro significato simbolico di fine del viaggio, fine della speranza, fine di tutto. Un "non luogo" il cui solo nome dovrebbe risuonare sinistro e monitorio tra tutti i poveri della terra.
Se questo accadrà, e se accadendo non turberà più di tanto le nostre coscienze, allora è fin troppo giusto aver perso quella battaglia.
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