Ottanta. Sono passati ottant'anni e due mesi e una manciata di giorni dal 5 settembre 1938, la data che nel calendario della nostra vicenda nazionale significa una delle pagine più vergognose e tristi: la promulgazione delle leggi razziali che espulsero dalla vita civile migliaia di cittadini italiani di religione ebraica.
Impiegati, medici, avvocati, editori furono messi al bando con una semplice ma micidiale firma apposta alla fine di poche pagine gelidamente discriminatorie volute da Benito Mussolini per compiacere l'alleato tedesco, quell'Adolf Hitler che aveva fatto della soluzione del "problema ebraico" uno dei pilastri del suo programma reazionario.
Era meglio prendere un treno per Roma e poi, una volta arrivati alla Stazione Termini, cercare un posto sul Roma-Palermo e poi, una volta lì, scendere a Termini Imerese e aspettare la coincidenza per Agrigento. Il viaggio era lungo, circa 24 (ventiquattro) ore, se andava bene, se non c’erano ritardi e se si azzeccavano i treni di corrispondenza. Le stazioni sono luoghi d’Italia, o forse lo erano prima che diventassero dei supermercati. I viaggi in treno attraversavano paesaggi i più disparati, da Torino e Milano a Napoli e da Napoli a Reggio Calabria e da Reggio Calabria a Palermo, Catania, Siracusa, Agrigento, Ragusa, Trapani.