PONTI A BARCELLONA E AGRIGENTO di Tano Siracusa
E’ piacevole per noi umani osservare le città dall’alto, da dove le può vedere un gabbiano ad esempio, o magari un falco. E’ un privilegio anche costoso, per chi se lo può permettere e non soffre di vertigini. A New York costruiscono grattacieli alti più di 450 metri e ovviamente i prezzi degli appartamenti agli ultimi piani sono stratosferici.
A Barcellona due anni fa hanno ultimato i lavori del Carrer d’Antony de Capmany, un ponte sopraelevato progettato per creare un nuovo spazio di relazione tra tutte le strade che si incrociano lungo il corridoio ferroviario che conduce alla stazione Sants. Costo dell’opera 22 milioni di euro. Completato in due anni.
Uno spazio sopraelevato con giardini, attrezzature sportive, giochi per bambini, collegato da ascensori e scale mobili al piano della linea ferrata, un’isola ecologica e silenziosa, che offre una veduta panoramica dall’alto su un vasto fronte della città.
Lungo poco più di 700 metri, il ponte si interrompe bruscamente: guardando giù i treni che scompaiono sferragliando verso la stazione sembrano ingoiati dalle fauci di un drago.
Difficile non pensare al nostro ponte Morandi, l’altezza è più o meno la stessa, l’uso o il disuso invece completamente diversi.
A esclusivo servizio del trasporto su gomma e motorizzato, il Morandi eleva i suoi enormi piloni su una campagna che in gran parte ricopre una miniera di reperti archeologici. L’opera nel suo gigantismo sembra utilizzare la stessa cifra, la stessa dismisura del fronte dei palazzi a nord, mostrati da Francesco Rosi in ‘Cadaveri eccellenti’ come paradigma di pessimo sviluppo urbanistico.
Dal ponte Morandi la veduta a sud, verso la valle e il mare è spettacolare, dalla collina o dalla valle il ponte appare come una orrenda cicatrice.
A Barcelona il Carrer d’Antoni Capmany non solo si integra al contesto urbano, ma lo integra, lo ricompone e rifunzionalizza. I problemi non previsti vengono affrontati e risolti. Un tratto che costeggia troppo da vicino gli appartamenti dei piani alti di alcuni palazzi è stato schermato con piante rampicanti per salvaguardare la privacy dei residenti che avevano protestato.
Fra la costruzione delle due opere passa circa mezzo secolo e l’orizzonte dello ‘sviluppo’ si è ribaltato: il futuro appare ormai minaccioso, l’urgenza di una radicale riconversione energetica, di sistemi alternativi di mobilità ambientalmente compatibili, sempre più consapevole e diffusa.
Il problema è capire se anche ad Agrigento, in Sicilia, questo mezzo secolo sia intanto trascorso.