ROGHI A VILLA SETA di Tano Siracusa

Ogni tanto qualcuno da fuoco ai sacchi della spazzatura che invadono strade e marciapiedi. E’ l’inceneritore fai da te, viene da pensare.
Allora arrivano i vigili del fuoco che spengono le fiamme, poi arrivano gli altri a togliere quanto è rimasto del rogo.

Dopo qualche settimana gli accumuli di spazzatura hanno di nuovo raggiunto dimensioni ragguardevoli anche in prossimità del centro sociale, la zona che costituiva il fiore all’occhiello di Villa Seta e che oggi ne riassume il generale degrado. L’inceneritore fai da te viene riattivato, e si ricomincia. Funziona così nella borgata agrigentina che fronteggia la casa di Pirandello. 

Ma c’ è anche la monnezza sparsa, diffusa, che invade tutti gli spazi, i marciapiedi, si ottopassaggi, le costruzioni abbandonate, che assedia le abitazioni, si ammucchia sotto le panchine, rotola nei pendii destinati al verde spesso bruciacchiato, ad un inesistente arredo urbano, trova una nicchia accanto alla statua di san Calò. 
Questa spazzatura per bruciarla bisognerebbe prima raccoglierla, ma qui gli spazzini, quelli con la scopa, sono un miraggio, sono un ricordo incerto degli adulti. Gli spazzini li mandano in via Atenea e al Viale della Vittoria, dice un signore.
Un po’ tutti sostengono che servono i grandi contenitori comuni dove versare la spazzatura, anche se non mancano le tensioni, le liti, gli scontri anche violenti fra chi differenzia e chi la spazzatura la getta dappertutto. 
Ciò che sembra tuttavia unire gli abitanti del quartiere, al di là di ogni divisione, è il senso di esclusione e di abbandono. Da parte del Comune innanzitutto. Di questa amministrazione e delle precedenti. 
L’impianto urbanistico di Villa Seta riflette i migliori modelli degli anni ’60, spazi comuni destinati al tempo libero e alla socialità, brevi sopraelevate e sottopassaggi pedonali che assecondano i dislivelli del territorio collinare, una collocazione dei fabbricati che tiene conto della disponibilità visiva del paesaggio sul fronte meridionale, piccoli parcheggi condominiali, impianti sportivi: ma è passato più di mezzo secolo dalla loro realizzazione e i materiali delle costruzioni mostrano una usura che in molti casi pone problemi di sicurezza. L’illuminazione nei sottopassaggi è stata rotta e nessuno la ripristina. Un pezzo di ringhiera su uno dei tanti dislivelli è sparito, ma nessuno interviene a collocarne un altro malgrado il rischio evidente soprattutto per i bambini di cadere giù. Il cemento si sbreccia, si sgretola, cade a pezzi, i vecchi materiali vanno in malora per l’usura e la mancata manutenzione, per la mancata disponibilità di risorse pubbliche e private, per la mancata efficienza della politica, presente solo alla vigilia delle elezioni. Ma soprattutto per la mancata consapevolezza fra gli abitanti di Villa Seta di ciò che essi stessi potrebbero fare (e non fare) per rendere più vivibile lo spazio comune al di fuori delle mura domestiche. 
E’ come se lo spazio pubblico, di tutti, non fosse riconosciuto come proprio da ciascuno dei residenti essendo anche degli ‘altri’. 
La responsabilità di questa deriva di Villa Seta ai bordi di una marginalità estrema, di un autodistruttivo recinto del ‘fai da te’ dove tutti perdono, è per gli abitanti quasi sempre e soltanto ‘degli altri’, di ‘loro’. Non ci sono più metafore, ‘il palazzo’, ‘la casta’, ma solo pronomi a indicare i responsabili del disastro. Il Comune, i politici, sono ‘iddi’, ‘loro’, quelli che da sempre li hanno tenuti fuori. Come stavano fuori i loro nonni, che abitavano a Rabato, fuori le mura medievali, e che sono venuti ad abitare Villa Seta dopo la frana del ’66. 
Ma dell’orgoglio dei nonni, della loro fiera alterità rispetto agli abitanti della città murata, qui non sembra rimasto nulla. I più anziani ricordano Totò Tornabene, l’unico che, mezzo secolo fa, aveva provato ad accendere un nuovo senso di appartenenza fra i disorientati abitanti del nuovo quartiere costruito a fianco del vecchio villaggio in conci di tufo.
L’inizio della raccolta differenziata ha coagulato ed esasperato il risentimento contro di ‘loro’, dando al suo rifiuto il senso di una protesta paradossale perché autolesionista, la cui conseguenza più vistosa è l’apparente assuefazione dei residenti al contesto di crescente degrado che contribuiscono ad alimentare.
E’ colpa ‘loro’, del Comune, della ditta delle pulizie che non rispetta il contratto, è colpa di quelli ‘che mangiano’. 
‘E’ sbagliato’ ripetono in tanti, e può anche essere sottinteso chi è che sbaglia. 
Qualcuno dice anche ‘è colpa nostra’, ma si alza dalla panchina circondata dai sacchetti della spazzatura con la rassegnazione di chi sa di essere in minoranza, forse pensando che nessuno si alzerebbe a casa sua da una sedia sotto la quale fossero stati dimenticati un paio di sacchetti pieni di monnezza. E neppure dalla sedia di un bar. Sotto una panchina pubblica invece la spazzatura può giacere settimane, forse mesi. 
Di sicuro il Comune sembra lontanissimo da Villa Seta e dalle sue stesse propaggini locali: a poche decine di metri dal Comando dei Vigili Urbani i neri sacchi di monnezza luccicano al sole di luglio come la furba installazione di un artista. 
E visto che nessun Totò Tornabene condurrà gli abitanti di Villa Seta al Palazzo del Comune per parlare con il Sindaco, per discutere e per cercare assieme agli ‘altri’ di invertire la tendenza al degrado, si può solo sperare che ‘gli altri’, magari proprio nella persona del Sindaco, si presentino a prendere un caffè dalla parti del loro centro sociale. 
Finora non è successo. Nè un caffè, né, ad esempio, un’assemblea pubblica. Eppure, questa rabbia autopunitiva di Villa Seta potrebbe cominciare ad essere riassorbita solo da una concreta operatività risanatrice dell’intero livello istituzionale e dalla convergente consapevolezza dei residenti che anche lo spazio comune, condiviso, appartiene a ciascuno di loro, è parte del loro benessere o malessere. Non solo la propria abitazione, ma la strada, il marciapiedi, ogni metro quadro oltre la porta e le finestre di casa. 
Il Comune dovrebbe prendere atto che la monnezza attorno al centro sociale di Villa Seta sconcia la città come se fosse davanti il Municipio. E gli abitanti di Villa Seta dovrebbero prendere atto che la spazzatura rimane dove la mettono e che davanti al Municipio puliscono invece con le scope. 
Bisognerebbe fare però in fretta, più in fretta del degrado che continua a crescere.
Una ventina di anni fa Francesco Catalano mostrava durante una interessante visita guidata i numerosi pregi del tessuto urbanistico del quartiere. Oggi una passeggiata come quella sarebbe difficilmente attuabile, ma soprattutto inconcepibile. 

categorie: