Il mio personale pensiero è che un centro storico si ricostruisce sul solco della sua reale identità storica.
Le stratificazioni avvenute rappresentano l’evoluzione del contesto sociale, antropologico e urbano.
Chi stabilisce cosa è storico e cosa non lo è? Le costruzioni più recenti, quelle del novecento, poi “abbellite” da allumino anodizzato e tapparelle di plastica verde o finto-legno, sono modernariato? Dove vi sono dei “vuoti” nel tessuto urbano, è lecito chiedersi cosa c’era prima e mantenerne l’identità, anche ricostruendola, o vanno colmati con verde pubblico, istallazioni d’arte moderna o chioschi per il cibo da strada?
Il nostro centro storico si è formato in centinaia di anni, dacché storico, è stato una successione e coesistenza di funzioni ospitate ognuna in una costruzione. Esso risulta frutto di continue sovrapposizioni, trasformazioni, di tutta una storia che si fa, si concretizza, si manifesta.
Ogni angolo, ogni fabbricato, ogni strada hanno assunto qualità espressive dipendenti dalle funzioni che dovevano esplicare, si sono caratterizzate funzionalmente ed esteticamente in merito al messaggio che intendevano esprimere.
Come possiamo comprendere la sua storia se ci ostiniamo a leggerla attraverso la chiave della modernità e delle esigenze odierne?
Lo spazio urbano si è conformato attraverso un linguaggio di funzione e di comunicazione. Si tratta di una costante storica che oggi ha una precipua funzione commemorativa e didattica: comunica la storia della città.
Il centro fu costruito secondo le necessità del tempo non certo per le nostre, non fu costruito per auto-preservarsi, non per trasmettere ai posteri la funzione, ma i valori di cui quelle architetture dovevano essere rappresentativi.