LETTERA ALLA CITTA' FUTURA di Tano Siracusa
la serata di ieri a Santo Spirito penso verrà a lungo ricordata. Il rischio è che venga ricordata come una bolla di ragionevolezza, di buone maniere e buona musica, di indispensabili spunti di riflessione per offrire alla città un futuro. Una bolla di futuro che galleggerà come un sogno su una città impantanata nel suo passato.
Nel mio intervento ho riproposto l'invito rivolto da Settimio Biondi al Consiglio Comunale. Una lettera indirizzata al Consiglio Comunale di un prossimo futuro nella quale si riconoscano gli errori e gli orrori edilizi e urbanistici avvenuti in città dal secondo dopoguerra.
Se la serata di ieri non sarà una bolla, qualcosa in questo senso dovrà essere fatto. E siccome io dubito che si farà, la lettera l'ho intanto scritta e l'ho firmata naturalmente 'Il Consiglio Comunale di Agrigento'.
Se non la si vuol prendere come una proposta di bozza, non la si voglia prendere neppure per una provocazione.
Grazie per la serata di ieri e buona vacanza
Tano
Gentili consiglieri comunali,
questa lettera vi giunge dal passato, un passato non lontano e per il quale il vostro presente era per noi un futuro indeterminato ma non lontano.
Noi sapevamo che sarebbe successo. Lo sapevamo tutti che il cemento ha un suo ciclo, più o meno di un secolo, e poi collassa. Sapevamo che i tolli sarebbero venuti giù, che tutte le costruzioni in cemento armato sarebbero diventate prima o poi inabitabili e si sarebbero dovute demolire.
In quel futuro per noi imprecisato che è il vostro presente Agrigento è tornata ad essere una città di tufo, di case palazzi e chiese tirati su con i conci dorati della nostra pietra arenaria e che stanno in piedi da secoli. Nel vostro presente - come in un sogno, come per una impossibile reversibilità del tempo – ritorna un passato che era anche nostro, sebbene per noi assai recente: la città dei templi arroccata sulla collina occidentale, nel dedalo di viuzze, scalinate, cortili, slarghi che da Porta di Ponte, da via Ravanusella, da Rabato, si arrampicavano verso la Cattedrale. E poi la valle, di nuovo vicina e remota, con i soli colori delle stagioni, fino al mare dove, non lontano dalla foce del fiume, sorgeva una volta il piccolo borgo di s. Leone.
Era la città del secondo dopoguerra, ed è più o meno la città che voi abitate e che in gran parte dovete ricostruire.
Gentili consiglieri, questa nostra lettera è un invito: non ricostruite la nuova Agrigento come noi abbiamo costruito la città a partire dagli anni '50 del '900.
Con il cemento armato abbiamo eretto enormi palazzoni dentro e fuori il recinto della vecchia città murata, abbiamo costruito centinaia di case nella valle dei templi violando un vincolo di inedificabilità assoluta, abbiamo costruito quartieri informi e caotici come il Villaggio Mosè, o del tutto privi di cifra urbanistica come Fontanelle e Monserrato. Abbiamo lasciato che le case e i palazzi storici del centro storico andassero in rovina, mentre la città si estendeva su un territorio vastissimo, che dalle propaggini di Aragona arrivava a quelle di Porto Empedocle. Una città esemplarmente antiecologica, che senza un servizio adeguato di trasporto pubblico era invasa dalle automobili fin sotto le scalinate e dentro i cortili del centro storico. Abbiamo trasformato la città dei templi in quella dei tolli: della dismisura, dell'arroganza privatistica, dell'abusivismo e anche del'ipocrisia di chi continuava dai pulpiti istituzionali a straparlare di città d'arte e di cultura, a vocazione turistica.
Noi abbiamo errato e non abbiamo saputo porre rimedio ai nostri errori. Per mancanza di coraggio e di fantasia, perchè l'idea di decostruire la città di cemento armato, di abbattere i tolli, sembrava ai più stolta e dissennata.
Adesso che il tempo ha realizzato ciò che noi non abbiamo voluto fare, ascoltate il nostro invito: inventate una città completamente diversa dalla nostra.
Una città che torni ad abitare il suo centro, dove le automobili sono state espulse e ci si sposta con scale e piste meccaniche, con ascensori, con piccoli mezzi elettrici, dove le strade sono state ripavimentate e vi si affacciano negozi, locali, teatri, gallerie d'arte, dove le case mostrano in superficie i conci di tufo di cui sono fatte, quel colore dorato che è della nostra pietra arenaria ma che è anche il colore del tempo che disfa la pelle, le superfici delle cose, il tempo di una città millenaria. Inventate una città dove le distanze siano brevi, dove le nuove abitazioni non superino i tre piani e siano progettate a partire dai vuoti, dagli spazi destinati alla fruizione collettiva, alla comunicazione sociale, all'offerta di servizi sportivi e culturali.
Per quanto ci riguarda prendiamo fin da adesso l'impegno di offrire alla città uno strumento urbanistico che impedisca qualunque nuova edificazione e convogli tutte le risorse pubbliche e private verso il riutilizzo e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Noi abbiamo errato. Che il nostro errore vi sia utile.
Il Consiglio Comunale di Agrigento, estate 2012