SACCHI BOOMERANG di Adriana Iacono
Submitted by Suddovest on Sun, 08/04/2012 - 22:32
La spazzatura non esiste.
L'accumulo immondo che vediamo per le strade è una nostra invenzione. Siamo noi che creiamo i rifiuti quando ogni giorno, per pigrizia, buttiamo via materie prime e scarti legati insieme in un unico sacchetto e velocemente ce ne sbarazziamo buttandolo il più lontano possibile dalla nostra vita, nascosto alla vista e all'olfatto. Che ne sarà del destino della piccola bomba ecologica che abbiamo innescato non ci interessa più una volta varcata la soglia di casa, perché noi siamo bambini spensierati e incoscienti e risolvere i problemi del mondo spetta ai grandi non a noi (e sennò a che servono le elezioni?). Così, allegramente, ogni giorno inneschiamo la nostra bomba micidiale e ci avviamo in direzione del primo cassonetto disponibile affinché qualcuno ci tolga il disturbo di portarla in qualche luogo ancora più lontano, dove il fetido carico possa esplodere sottoterra lasciando un marchio velenoso e invincibile che durerà per sempre. Un per sempre che non riusciamo nemmeno a immaginare, neanche contando il tempo in termini di milioni di anni, epoche o ere, perché le innocenti bombe che inneschiamo ogni giorno lasciano residui eterni.
Forse è per questo che restiamo ancorati alle nostre stupide abitudini e ostinatamente chiusi ad accogliere la responsabilità che ci renderebbe cittadini liberi invece di lamentosi scaricabarile: perché anche noi nel riflesso dei nostri umidi scartati, dei contenitori di plastica che abbiamo consumato, delle scatolette di tonno che abbiamo mangiato, delle lattine di bibite che abbiamo bevuto e di ogni cosa che abbiamo usato nella vita, possiamo avere accesso a un barlume della gloriosa eternità di cui godono i nostri rifiuti. Ogni tanto, però, il meccanismo s'inceppa, la bomba rotola indietro e ci esplode sotto casa e allora ci rendiamo conto delle devastazioni che il nostro innocente sacchetto provoca quando si unisce ai milioni di altri sacchetti che produciamo a ritmo serrato. Le strade invase dal fetore e ingombre di ogni genere di schifezze fanno rabbia, soprattutto se si pensa che il 90 per cento di quelle montagne di sacchetti è fatto non di spazzatura ma di materiale come la plastica, il cartone, il vetro, la carta, il metallo leggero, gli scarti umidi dei nostri pasti, il fogliame. Tutte cose che separatamente possono avere ancora una lunga vita davanti ma che noi rendiamo inutilizzabili, fetidi e velenosi raccogliendoli insieme in un ammasso ingombrante e pericoloso. Come despoti narcisi buttiamo via ogni cosa che tocchiamo convinti che tanto dopo di noi il diluvio. Balliamo, sazi ed ebbri, sul bordo del baratro ignorando le richieste di altre generazioni che reclamano il diritto a un pianeta salubre e bello.
Non esiste ancora un servizio di raccolta differenziata, è vero ma ci sono i depositi dove si può portare il materiale riciclabile. Possiamo essere noi con i nostri comportamenti a costringere gli amministratori a rendere obbligatoria la raccolta porta a porta. Intasiamo le isole ecologiche per protesta, ammucchiamo le materie prime che abbiamo prodotto intorno ai depositi, blocchiamo le strade con montagne di materiale utile piuttosto che invaderle con rifiuti maleodoranti. Basta poco per trasformare un problema in una risorsa.
Non sfugge all'attenzione che, in questo momento, due città in campagna elettorale si trovano entrambe sotto l'assedio fetido della spazzatura. Tralasciando la facile metafora, viene da pensare che questa sincronia non sia del tutto casuale. Si stanno forse innescando bombe ecologiche ancora peggiori?
L'accumulo immondo che vediamo per le strade è una nostra invenzione. Siamo noi che creiamo i rifiuti quando ogni giorno, per pigrizia, buttiamo via materie prime e scarti legati insieme in un unico sacchetto e velocemente ce ne sbarazziamo buttandolo il più lontano possibile dalla nostra vita, nascosto alla vista e all'olfatto. Che ne sarà del destino della piccola bomba ecologica che abbiamo innescato non ci interessa più una volta varcata la soglia di casa, perché noi siamo bambini spensierati e incoscienti e risolvere i problemi del mondo spetta ai grandi non a noi (e sennò a che servono le elezioni?). Così, allegramente, ogni giorno inneschiamo la nostra bomba micidiale e ci avviamo in direzione del primo cassonetto disponibile affinché qualcuno ci tolga il disturbo di portarla in qualche luogo ancora più lontano, dove il fetido carico possa esplodere sottoterra lasciando un marchio velenoso e invincibile che durerà per sempre. Un per sempre che non riusciamo nemmeno a immaginare, neanche contando il tempo in termini di milioni di anni, epoche o ere, perché le innocenti bombe che inneschiamo ogni giorno lasciano residui eterni.
Forse è per questo che restiamo ancorati alle nostre stupide abitudini e ostinatamente chiusi ad accogliere la responsabilità che ci renderebbe cittadini liberi invece di lamentosi scaricabarile: perché anche noi nel riflesso dei nostri umidi scartati, dei contenitori di plastica che abbiamo consumato, delle scatolette di tonno che abbiamo mangiato, delle lattine di bibite che abbiamo bevuto e di ogni cosa che abbiamo usato nella vita, possiamo avere accesso a un barlume della gloriosa eternità di cui godono i nostri rifiuti. Ogni tanto, però, il meccanismo s'inceppa, la bomba rotola indietro e ci esplode sotto casa e allora ci rendiamo conto delle devastazioni che il nostro innocente sacchetto provoca quando si unisce ai milioni di altri sacchetti che produciamo a ritmo serrato. Le strade invase dal fetore e ingombre di ogni genere di schifezze fanno rabbia, soprattutto se si pensa che il 90 per cento di quelle montagne di sacchetti è fatto non di spazzatura ma di materiale come la plastica, il cartone, il vetro, la carta, il metallo leggero, gli scarti umidi dei nostri pasti, il fogliame. Tutte cose che separatamente possono avere ancora una lunga vita davanti ma che noi rendiamo inutilizzabili, fetidi e velenosi raccogliendoli insieme in un ammasso ingombrante e pericoloso. Come despoti narcisi buttiamo via ogni cosa che tocchiamo convinti che tanto dopo di noi il diluvio. Balliamo, sazi ed ebbri, sul bordo del baratro ignorando le richieste di altre generazioni che reclamano il diritto a un pianeta salubre e bello.
Non esiste ancora un servizio di raccolta differenziata, è vero ma ci sono i depositi dove si può portare il materiale riciclabile. Possiamo essere noi con i nostri comportamenti a costringere gli amministratori a rendere obbligatoria la raccolta porta a porta. Intasiamo le isole ecologiche per protesta, ammucchiamo le materie prime che abbiamo prodotto intorno ai depositi, blocchiamo le strade con montagne di materiale utile piuttosto che invaderle con rifiuti maleodoranti. Basta poco per trasformare un problema in una risorsa.
Non sfugge all'attenzione che, in questo momento, due città in campagna elettorale si trovano entrambe sotto l'assedio fetido della spazzatura. Tralasciando la facile metafora, viene da pensare che questa sincronia non sia del tutto casuale. Si stanno forse innescando bombe ecologiche ancora peggiori?
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