Devo all’esempio discreto ma cogente di un maestro ed amico, il dottor Joseph Tower, se recentemente ho saldato un vecchio debito con me stesso, leggendo L’educazione sentimentale di Gustavo Flaubert, ineludibile romanzo di formazione, dal quale lettori comuni e intellettuali creativi, a distanza di un secolo e mezzo dalla sua pubblicazione, continuano a trarre durevoli orientamenti psicologici e raffinati modelli espressivi e immaginativi.
Venerdì scorso ha avuto inizio il laboratorio musicale di Sandro Sciarratta presso il centro Vita Nuova 3000, che accoglie decine di minori in fuga dal continente africano e dal Bangladesh.
L'idea è maturata durante l'intervento ad Agrigento di Medex, il Museo effimero dell'esilio di Bruxelles, fra gennaio e febbraio. I minori ospiti del centro avevano manifestato molto interesse per la musica, soprattutto per le percussioni e i ritmi. Durante le pause del laboratorio di Medex, conclusosi con una mostra e una intensa serata nel magnifico spazio di una chiesa barocca, alcuni ragazzi africani del centro utilizzando tubi di plastica, secchi, aste, materiali sparsi in un piccolo cantiere edile, avevano improvvisato assieme a Daniele Manno una specie di concerto: percussioni, voci e tromba, quella di Daniele. Era finita con una danza allargata, su quei ritmi che si ascoltano un po' ovunque nel Mediterraneo e che hanno risalito nei secoli il continente africano e hanno poi viaggiato nelle navi degli schiavi alla volta delle Americhe.
Tangerinies in georgiano significa mandarini. E' il titolo del film di Zaza Urushadze, regista, sceneggiatore e produttore, in programmazione al cinema Mezzano.
Siamo in Georgia nel 1990. La dissoluzione dell' URSS ha acceso sui territori del vecchio impero il furore cieco e armato dei nazionalismi, delle piccole patrie, dell'ossessione identitaria. Siamo in Abcasia, dove numerose famiglie di estoni sono costrette ad abbandonare le loro case per raggiungere il loro paese d'origine. Non Ivo, un falegname, e d Elmo, un contadino che nella follia delle bande armate che continuano a spararsi pretende di raccogliere i suoi mandarini nelle casse che il falegname a cento metri sta costruendo.
L'altra sera al seminario Giandomenico Vivacqua ha presentato l’ultimo numero della rivista Segno.
Presente Nino Fasullo, direttore della storica rivista palermitana che ha iniziato le sue pubblicazioni nel 1975.
Sono rari i casi di longevità delle riviste, di solito sagomate su contesti che costituiscono la zona di passaggio dalla cronaca alla storia. Le cronache e le storie sono plurime, come i loro tempi. E quelli delle riviste sono solitamente brevi come il contesto che riflettono e cercano di orientare.
“Devo sbrigarmi, faccio prima gli scritti e al rientro mi dedicherò alle materie orali; caspita! sono già le 15 e tra mezz’ora iniziano gli allenamenti.”
Già, succedeva così, tre volte alla settimana, quando cercavo di organizzarmi lo studio perché alle 15.30 iniziavano gli allenamenti di atletica leggera nella palestra del liceo classico di Agrigento o allo stadio di Villaseta.
E' stato presentato ad Agrigento nella sala chiaramontana del seminario l'ultimo numero della rivista 'Segno'. Sono intervenuti Giandomenico Vivacqua, Beniamino Biondi, Fausto D'Alessandro, Gaetano Gucciardo, Tano Siracusa, don Baldo Reina, il procuratore della repubblica di Agrigento Luigi Patronaggio e il direttore della rivista Nino Fasullo. Pubblichiamo il testo dell'intervento introduttivo di Giandomenico Vivacqua
Continua l’intervento di Medex ad Agrigento. Sabato sera il loro museo itinerante ha esposto le opere nella chiesa del Purgatorio con la collaborazione di numerosi studenti del liceo. E’ stato creato un percorso, delle forme di interazione con i visitatori.
Del gruppo iniziale di Medex sono rimasti Sara e Daniele, che spiega nel video l’impostazione di una serata molto legata al loro intervento con i liceali, sottolineando l’atteggiamento collaborativo della preside Sermenghi e di alcuni professori e quello infastidito di altri docenti.
Sabato sera al Funduk eravamo una trentina di persone. Fuori la pioggia scrosciava e dentro si raccoglievano storie raccontate ad un microfono, nascosti in una specie di cabina, si scrivevano testi con una vecchia macchina da scrivere, sull’inverosimile palcoscenico scavato nel tufo si recitavano poesie, in un angolo si dipingeva, si fotografava in un piccolo set, si mangiava e beveva, e si aspettavano gli altri che non sono venuti. Per la pioggia, certo. Ma non solo.
Nella speranza di poter vedere presto anche ad Agrigento Silence, il film di Martin Scorsese sulla durissima repressione subita dai missionari gesuiti in Giappone, tra la fine del XVI e il principio del XVII secolo – pellicola che già da alcune settimane è in sala in molte città italiane – ripenso al periodo in cui ho frequentato, da convittore, il collegio universitario ignaziano di Casa Professa, chiuso ormai da diversi anni, ufficialmente perché il comune di Palermo