“Che siete forestieri voi?” È la domanda, che mi ha profondamente colpito, con cui ha esordito un contadino alle porte di Menfi alla richiesta di informazioni stradali e che può sintetizzare emblematicamente l’animo ed il carattere schivo dei cittadini del Belice chiusi da secoli, come dicevano gli antichi, in un’enorme gabbia che va da Alcamo a Castelvetrano, da Menfi a Mazara del Vallo.
Mi trovo a Menfi in una tranquilla domenica mattina, perché invitato da alcuni amici di famiglia. La mia enorme curiosità non può non portarmi a ricordare che poche settimane fa, è stato il quarantesimo anniversario dal terremoto che ha scosso questa terra. Per cui, non appena arrivato, chiedo ad uno degli amici: “Ma quelle baracche sono dei rom o dei terremotati?” E lui, dopo un sarcastico ghigno, risponde “Sono ancora degli sfollati di quarant’anni fa”.
Non appena si accorge della mia faccia incredula, riprende: “ Beninteso, però, che ormai sono pressoché disabitate; ci sta solo qualche persona anziana che, furbescamente, lascia la casa ricostruita al figlio. Vieni, ti porto a fare un giro, tanto al pranzo mancano ancora due orette”.
Approfitto al volo di questa cortesia e ci mettiamo in macchina. Attraversiamo il grande Sole posto all’ingresso del centro abitato, un enorme monumento simbolo della ricostruzione, e rimango stupito positivamente: strade larghe, nessun casermone, palazzine a norme antisismiche con al massimo tre piani.
“Avete ricostruito bene” affermo.