Ho visto caduti sotto i colpi di una scure a me ignota alberi frondosi e imponenti e m’è tornato in mente - sapete i dejà vu? - quando, una volta, ragazzino, una cinquantina d’anni fa, fuori stagione andavo in macchina, una seicento bianca della Democrazia cristiana, accanto a mio padre che guidava, verso San Leone. Fui attratto dal fatto che dei molti e già allora imponenti alberi che costeggiavano la strada nel tratto in cui ora c’è il Villaggio Peruzzo, erano rimasti soltanto dei tronchi; tronchi e piccoli monconi dove prima c’erano rami che sorreggevano fronde che ricordavo enormi. Mi sembrò uno scempio; mi apparvero, quegli alberi, come giganti nudi e perciò inermi e privi di forze, domati e dominati da un nemico minuscolo e apparentemente insignificante, ma che aveva vinto perché dotato di scure. Non so proprio perché un simile ricordo, in definitiva banale, mi sia rimasto impresso nella memoria e perché mai - non fu questa, ora, la prima volta - mi torni in mente; so però che ricordo pure che alla fine i giganti, allora, quella volta, alla fine vinsero i nani con la scure: ricordo perfettamente che solo dopo qualche mese, nel rifare la medesima strada, ancora una volta con mio padre, vidi, e questa volta con gioia, che quegli alberi mortificati a tronco e monconi avevano rimesso rami e foglie, avevano riformato le loro fronde maestose ed erano tornati a dominare la strada per San leone.
Ora di nuovo il nano con la scure s’è accanito contro i giganti frondosi. Allora, quella volta quando ero ragazzino s’era trattato, io credo, di una semplice potatura radicale che gli alberi di quel tipo sopportano bene e che, in definitiva, superano rinascendo con vigore forse ancora maggiore di prima.