UN AGRIGENTINO CON LA SCHIENA DRITTA di Giovanni di Girgenti
Submitted by redazione on Thu, 14/08/2008 - 15:13
E' una vergogna! Una vergogna, e un'infamia per i responsabili del servizio idrico il fatto che il titolare di una dignitosissima trattoria del centro storico di Agrigento si veda costretto a chiudere nei giorni di ferragosto la sua attività per mancanza di acqua; ma è anche e forse più una vergogna per tutti i gli Agrigentini il fatto che attorno al dramma di questo signore non si organizzi una catena di solidarietà, una qualche forma di protesta che possa sancire l'indisponibilità a lasciare passare in silenzio un fatto di questa gravità.
Poteva accadere venticinque fa, quando le uniche fonti di approvvigionamento idrico della città erano le sorgenti del Voltano e del Favara di Burgio.
Ma dopo la dissalata di Gela, dopo la potabilizzazione del Castello e del Leone e dopo l'interconnessione del Leone col Fanaco e dopo i dissalatori di Porto Empedocle, non c'è alcuna ragione 'naturale' che possa giustificare non solo la mancanza di acqua in una trattoria, ma addirittura la mancata erogazione quotidiana e continua di acqua nelle case.
Per i lavori compiuti, per la quantità enorme di somme spese ( vedi gli ottimi servizi di Gerlando Gandolfo su Agrigentoweb), per il fatto che si crede di avere tante riserve di acqua da riservarne anche ai privati il libero sfruttamento ( vedi il caso della Nestlè a Santo Stefano di Quisquina) l'acqua nelle case degli agrigentini dovrebbe scorrere copiosa e ininterrottamente.
Fa ridere, amaramente, sentire che la situazione potrebbe migliorare con turni settimanali invece che quindicinali. Ad Agrigento vogliamo e possiamo avere l'acqua corrente per la quantità di acqua in arrivo ai serbatoi cittadini. Se ciò non avviene è esclusiva responsabilità del ceto dirigente, politico, amministrativo e tecnico, non della natura matrigna.
La domanda è questa: perché gli Agrigentini non insorgono?
Una prima risposta potrebbe essere: gli Agrigentini in astratto non esistono. Ci sono quelli che hanno serbatoi di 40mila litri sotto la propria villa e non si pongono alcun problema. Ci sono quelli che se la possono comprare e dunque non si pongono egualmente il problema. Ci sono quelli che lavorano o hanno trovato lavoro in virtù dei legami con le prime due categorie e non si possono porre il problema. Restano gli ultimi, quelli che hanno piccoli serbatoi azzurrini di plastica sui tetti e recipienti di amianto grigio-polvere in un anfratto della loro piccola casa e qualche esercizio pubblico situato nel centro storico: per loro il problema esiste ma avvertono l'inadeguatezza delle loro forze rispetto al contesto e decidono di smadonnare in privato e di rassegnarsi.
Ma ci sono anche gli Agrigentini con la schiena dritta come il titolare di quella trattoria che ha affisso il manifesto, che vedete in foto, scritto a mano e appoggiato in un angolo di via Porcello.
Da persone come questa si può ripartire.
Poteva accadere venticinque fa, quando le uniche fonti di approvvigionamento idrico della città erano le sorgenti del Voltano e del Favara di Burgio.
Ma dopo la dissalata di Gela, dopo la potabilizzazione del Castello e del Leone e dopo l'interconnessione del Leone col Fanaco e dopo i dissalatori di Porto Empedocle, non c'è alcuna ragione 'naturale' che possa giustificare non solo la mancanza di acqua in una trattoria, ma addirittura la mancata erogazione quotidiana e continua di acqua nelle case.
Per i lavori compiuti, per la quantità enorme di somme spese ( vedi gli ottimi servizi di Gerlando Gandolfo su Agrigentoweb), per il fatto che si crede di avere tante riserve di acqua da riservarne anche ai privati il libero sfruttamento ( vedi il caso della Nestlè a Santo Stefano di Quisquina) l'acqua nelle case degli agrigentini dovrebbe scorrere copiosa e ininterrottamente.
Fa ridere, amaramente, sentire che la situazione potrebbe migliorare con turni settimanali invece che quindicinali. Ad Agrigento vogliamo e possiamo avere l'acqua corrente per la quantità di acqua in arrivo ai serbatoi cittadini. Se ciò non avviene è esclusiva responsabilità del ceto dirigente, politico, amministrativo e tecnico, non della natura matrigna.
La domanda è questa: perché gli Agrigentini non insorgono?
Una prima risposta potrebbe essere: gli Agrigentini in astratto non esistono. Ci sono quelli che hanno serbatoi di 40mila litri sotto la propria villa e non si pongono alcun problema. Ci sono quelli che se la possono comprare e dunque non si pongono egualmente il problema. Ci sono quelli che lavorano o hanno trovato lavoro in virtù dei legami con le prime due categorie e non si possono porre il problema. Restano gli ultimi, quelli che hanno piccoli serbatoi azzurrini di plastica sui tetti e recipienti di amianto grigio-polvere in un anfratto della loro piccola casa e qualche esercizio pubblico situato nel centro storico: per loro il problema esiste ma avvertono l'inadeguatezza delle loro forze rispetto al contesto e decidono di smadonnare in privato e di rassegnarsi.
Ma ci sono anche gli Agrigentini con la schiena dritta come il titolare di quella trattoria che ha affisso il manifesto, che vedete in foto, scritto a mano e appoggiato in un angolo di via Porcello.
Da persone come questa si può ripartire.
categorie:
Tags: