L'ACQUA, DAL PENSIERO ANTICO ALLE POESIE DI CHIARA CATANESE di Emanuele Enrico Mariani
Per entrare all’interno del progetto poetico di Chiara Catanese occorrerebbe, anzitutto, tentare una ricostruzione culturale e di significato che inerisca i due termini coinvolti nel titolo del nuovo libro. Il testo è stato presentato lo scorso 1 Settembre ad Agrigento nella splendida cornice di Villa San Marco: nel cuore della valle dei templi.
Il termine acqua, sovraccarico di senso per il pubblico agrigentino, sollecita già sulle prime a guardare verso l’orizzonte delle origini. Seguendo Diogene Laertio e la sua Vita e dottrine dei più celebri filosofi ritroviamo l’indicazione di Talete di Mileto identificato come primo pensatore e filosofo. Questi, in contrapposizione ai saperi spuri, o intrisi di elementi mitologici, era risalito all’idea di principio indicando proprio nell’elemento “acqua” la scaturigine della vita e del tutto. “Ogni elemento è umido”: questa sembrava la constatazione che aveva condotto il primo dei filosofi a ritrovare un criterio immanente, perché naturale, per spiegare in modo completo la nascita del nostro mondo. Ma l’acqua non è presente come elemento centrale solamente alle origini della manifestazione del logos filosofico ed anche i primordi della creazione, secondo la tradizione Ebraico – Cristiana, testimoniano molto in tal senso: nei primissimi versetti della Genesi (1,2) leggiamo: “La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”.
Si potrebbe, forse, fare riferimento anche ad uno dei maggiori eredi, anche in senso critico talvolta, di questa stessa tradizione: il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che, in Ecce Homo, mentre consiglia alle nature più spirituali l’astinenza completa dagli alcolici, aggiunge: “Per me lo spirito si libra sull’acqua”.
Guardando anche ad altri ambiti culturali e religiosi notiamo ancora come l’elemento acquatico venga inteso, ora in forma simbolica, ora in modalità concreta, come culla e fonte della vita: così, ad esempio, nella tradizione zoroastriana e, poi, nell’Islam.
Con questa breve premessa, dopo i saluti ed il benvenuto del padrone di casa, l’Avvocato Vincenzo Campo, ho aperto* i lavori della presentazione del nuovo libro di Chiara Catanese, per poi addentrarmi nel senso implicato dall’altro termine chiamato in causa nel titolo della nuova raccolta della giovane poetessa: biografia.
Il racconto biografico, o autobiografico, ci indirizza verso quella sfera della riflessione che inerisce al senso della “storia” considerata tout court come imponente sintesi dei “grandi eventi” e contrapposta alla dimensione delle vite particolari chiamate, di volta in volta, a reperire e costruire un senso alle proprie esperienze (Erlebnisse) ed al proprio vissuto (Erleben).
Se il post-moderno, seguendo da presso Jean-François Lyotard, è caratterizzato dalla fine e dal graduale tramonto dei “grandi racconti” qui intesi come gli imponenti plessi narrativi che hanno fornito svariate dimensioni di significato al pensiero, come anche all’identità e all’etica della modernità (tra questi si annoverano, ad esempio, il discorso marxista e quello della tradizione Ebraico - Cristiana), appare evidente come il vissuto individuale sia spinto sempre più ad emergere. A fronte di tale “crisi” la narrazione del sé assume dunque una rilevanza ed una centralità del tutto nuove. Tale pratica, ad oggi, si attesta anche come forma terapeutica privilegiata in vista dell’auto-comprensione e della messa a fuoco della più profonda e più intima esperienza di noi stessi, dell’altro/a e del mondo.
Il grande merito di Chiara Catanese sta dunque, da questo punto di vista, nell’aver, da un lato, saputo tracciare la continuità del proprio vissuto (le poesie del libro ricoprono un periodo di composizione di più di dieci anni), dall’altro, nell’aver saputo riprendere il senso implicito del grande racconto nello stesso istante in cui ha intrapreso la narrazione poetica di sé, e ciò secondo le coordinate di quella origine universale evocata in concreto attraverso l’elemento marino e liquido dell’identità e dell’esistenza.
Posta tale riflessione Gaspare Agnello, seguendo le tracce della prefazione al volume di Beniamino Biondi, si è soffermato sulle caratteristiche di stile e di contenuto che emergono nel poetare di Chiara Catanese ed ha, più che meritevolmente, posto all’attenzione e sottolineato la dimensione sociologica che emerge in modo deciso nella scrittura dell’autrice. Stimolato anche dalla post-fazione al volume, crediamo, ha poi tentato una ricostruzione letterario - filosofica che, partendo da Platone, per grandi linee, potesse fornire orientamento nell’intricata questione del rapporto che intercorre storicamente tra poesia e verità.
Su questa stessa traccia Beniamino Biondi ha posto apertamente la domanda sul significato ricoperto dalla poesia nel mondo odierno, e ciò spaziando ad ampio raggio tra autori e temi svariati ed interessanti.
I diversi interventi sono stati inframmezzati dalle belle e sentite letture di Giusi Carreca, prima che l’autrice stessa porgesse i ringraziamenti ai relatori ed al pubblico numeroso, mostrando tutta la più viva emozione e contentezza.
L’autrice ha anche enucleato i diversi passaggi che hanno condotto alla creazione e poi all’uscita del libro, soffermandosi anche sulla scelta dell’auto-pubblicazione come modalità editoriale.
Stimolati i presenti tutti per eventuali domande o interventi sono seguiti i complimenti, i saluti e gli applausi. Una volta sciolte le righe, la discussione è proseguita tra le splendide prospettive offerte da villa San Marco ai suoi ospiti.
Siamo così giunti al termine di questo evento che ha presto mostrato anche la propria valenza di momento sociale e di incontro.
Al lettore attento, infine, non potrà sfuggire quantomeno un’assonanza ulteriore di quanto scrive Chiara Catanese, nella nota in apertura al volume, con l’interpretazione del carattere liquido delle nostre società postulato dal sociologo e filosofo polacco contemporaneo Zygmunt Bauman: il carattere marino - acquatico dell’identità per Chiara diviene, in tal modo, paradigma per pensare anche l’opportunità dell’esperienza, e non solamente l’incertezza derivante dalla perdita dei punti di riferimento classici.
Tutto questo all’interno di una dialettica espressiva sempre pronta a farsi, per di più, stimolo e ponte di speranza e coraggio per gli altri