UTOPIA VALLICALDI di Tano Siracusa

Giandomenico Vivacqua sulla sua pagina fb ha riproposto il mio video ‘Vallicaldi’ con queste parole: ‘Alcuni anni fa un manipolo di sognatori disputò alla polvere dei secoli un groviglio di vecchie strade desolate, instaurando una communitas dove non c'era più la societas. Durò poco, come tutte le più belle cose, ma per nostra fortuna rimane il racconto per immagini di Tano Siracusa.’

E intervenendo sulla stessa pagina Martino Graziano scrive: ‘Finì perché era un sogno, perché era soprattutto una performance artistica, e in questo era la sua forza e la ragione della sua sopravvivenza nella memoria, come impressione durevole, come suggestione, come rimpianto.’

E' vero, a Vallicaldi fu un intervento essenzialmente artistico, di artisti: poeti, performer, musicisti, fotografi, pittori, videomaker, teatranti. Ed è vero anche che l’incanto e la suggestione delle serate, quella specie di cornice che si attraversava come per entrare dentro un quadro, in un mondo reinventato, reale e illusorio, era solo il palcoscenico illuminato di un laboratorio che di giorno mostrava le sue quinte sgangherate, il degrado e l’incuria, la rassegnazione dei residenti, e gli stessi artisti che con decine di volontari, con l’aiuto di alcuni abitanti, spalavano, coprivano le buche, trasformavano un cumulo di rovine in un palcoscenico, sostituivano ai cumuli di spazzatura un piccolo giardino.

In due mesi il sopra e il sotto, la luce e il buio, via Atenea e la via delle prostitute si erano curvate e ricongiunte, come in un anello, in un cerchio, una comunità.

Poi l’illusione è svanita e nessuno di quelli che avevamo costruito la cornice invisibile di quel cerchio è tornato a Vallicaldi. E la realtà si è incattivita, imbruttita, come sempre quando cadono le illusioni. Fino alla selvaggia aggressione ad Annarella, inimmaginabile durante quell’estate.
Rimangono il ricordo e un ragionevole dubbio. Perché è vero che l’illusione artistica non può sostituirsi alla realtà, ma è anche vero che in altre città gli artisti hanno contribuito a risanare e rendere accoglienti ambienti urbani problematici, marginali, senza snaturarli, coinvolgendo i residenti, costruendo forme nuove di socialità. Certo, con la collaborazione del Comune, con varie forme di volontariato, con la partecipazione gratuita di importanti istituzioni culturali. A Palermo, ad esempio, a Danisinni, attorno a fra’ Mauro si è avviato da anni questo tipo di processo.
Giandomenico e Martino pensano che un’esperienza come quella fatta a Vallicaldi possa solo essere consegnata alla memoria, al rimpianto e alla consapevolezza della sua inevitabile fugacità. E’ possibile. Ma non era inevitabile che andasse così. Lia Rocco sostiene ad esempio che fu un’utopia e che bisogna ribaltarne il modo congiuntivo, il modo dell’astratta possibilità, nell’indicativo, nella sua fattualità, e al tempo futuro.
Il dubbio, quindi: quello suggerito da Lia, anche ragionevole, mi sembra soprattutto necessario.

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