Submitted by redazione on Sun, 21/02/2021 - 09:09
Pare che un grande poeta abbia detto che l’abbrivio di una composizione letteraria sia dettato da Dio. Come spiegare altrimenti, sennò, quello de L’uomo senza qualità di Robert Musil o di Ferito a morte di Raffaele La Capria? O il primo verso di La sera di fiera di Dino Campana: Il cuore stasera mi dice: non sai?, o i primi due di Notizie dall’Amiata di Eugenio Montale: Il fuoco d’artifizio del maltempo/ sarà murmure d’arnie a tarda sera. Il Dio dei letterati, poeti o prosatori, è lauto nel dispensare gli incipit. Chiedo: c’è anche il Dio degli epiloghi? Davvero non saprei, in molti però riconoscono nelle righe finali de Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, una delle chiuse più affascinanti del romanzo del ‘900: E mentre me ne stavo lì a rimuginare sul vecchio mondo sconosciuto, pensai alla meraviglia di Gatsby nello scorgere per la prima volta la luce verde in fondo al pontile di Daisy. Aveva fatto tanta strada per avere questo prato blu e il suo sogno deve essergli sembrato così vicino che difficilmente gli sarebbe sfuggito. Non sapeva che era già alle sue spalle, nei recessi delle vaste tenebre che si aprivano dietro la città, dove i campi bui della repubblica si estendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, l’orgastico futuro che anno dopo anno arretra davanti a noi. Ci è sfuggito una volta, ma non importa - domani correremo più veloce, tenderemo le braccia più avanti… e un bel mattino…
Così continuiamo a remare, barche controcorrente, sospinti senza posa nel passato.
Submitted by redazione on Wed, 13/01/2021 - 10:46
Ha detto una volta Ezra Pound che un uso sovrabbondante della aggettivazione tradisce una conoscenza insicura della specificità che ogni attributo possiede. Ciò è sempre vero, lo è in particolare per la poesia, dove lo spazio angusto destinato al suo farsi in forma contratta, determina una qualità ineffabile, assai diversa dallo svolgersi della prosa.
Avamposto sul confine, nuova raccolta di poesie di Vito Bianco, reca intanto la virtù della parola appropriata e della maniera asciutta nel comporre versi accurati, talvolta di forte suggestione; per proiettare poi sugli aspetti minimali della realtà un chiarore appena abbozzato, che tuttavia distorce gli oggetti per affidarli a un misterioso destino simbolico.
Submitted by redazione on Mon, 04/01/2021 - 11:14
Senza un orologio che scandisca il tuo tempo, sapresti riconoscerla. È molle, è fiacca, è noiosa, la domenica. Bisognerebbe avere il mare vicino, per superarla.
I vecchi marinai del mio paese dicono che lo scirocco sia un vento tradimentoso: con le sue potenti vampate, ti spinge a cercare refrigerio nel mare, ma una volta immerso, non riuscirai più a tornare a riva. Ché la corrente ti avrà già divorato.Ecco perché tra loro, i vecchi lo chiamano "ventu ammazza paisanu".
Se fossi uomo sarei alto ma non altissimo, con la barba incolta e le rughe attorno agli occhi. Fumerei sigarette preparate con le mie lunghe e grandi mani. Se lungo il mio cammino ti incontrassi, e tu avessi lunghi capelli neri mossi dal vento e labbra tumide e rosse, m’innamorerei di te. Ti regalerei una margherita e ti inviterei a passeggiare lungo la via assolata e deserta.
Submitted by redazione on Fri, 01/01/2021 - 10:53
Bernard Berenson diceva che ogni vera opera d’arte emana simboli e analogie; e quindi, a chi apprezza l’eleganza delle metafore eleganti e ne coglie la natura inventiva oltre che strumentale, credo che nulla dovrebbe risultare più attraente della lettura del Saggio sul cercatore di funghi di Peter Handke. Saggio da intendere più che altro in riferimento alla saggezza che ad una rigorosa modalità di costruzione del discorso.
Il cercatore di funghi narrato da Handke è un avvocato di grido, senza tuttavia un particolare trasporto per la professione; mentre invece non sa e non vuole sottrarsi alla potente suggestione della ricerca e della scoperta di qualcosa non oggetto di alcuna utilità e quindi di alcun commercio. Il cercatore di funghi, il fanatico, dice Handke alludendo probabilmente all’accezione etimologica del termine, sceglie il sentiero più bello, non il più facile, ma anzi il più avventuroso, quantunque, o proprio per questo, più scarso di ritrovamenti. Ricordate quei versi di Robert Frost? Due strade trovai/ nel bosco ed io scelsi/ quella meno/ battuta. Ed è per/ questo che/ sono diverso. E si inoltrerà per i boschi senza compagnia alcuna, men che meno in gruppo, rigorosamente da solo o al massimo accompagnandosi a un bambino. Al contrario, non cercheranno i funghi, ma si limiteranno a raccoglierli copiosamente in qualche rara occasione, gli abitanti delle montagne più alte, talmente prossimi ai boschi da esser divenuti essi stessi bosco.
Submitted by Suddovest on Thu, 17/12/2020 - 23:44
E’ un sabato mattina di fine 2020 e ripenso a come ho trascorso i sabati degli ultimi 10 anni.
Penso a come le mie abitudini siano state stravolte negli ultimi mesi per vicende tristi, compresa la perdita di amici causa pandemia (il “mostro”), e per fatti più lieti come il cambiamento di lavoro.
Penso anche a come i fatti brutti siano spesso improvvisi mentre quelli belli raramente lo sono perché arrivano dopo periodi di duro impegno e sacrificio.
Vicende e fatti personali si intrecciano a volte con episodi di interesse internazionale come la pandemia, di cui nessuno in verità avrebbe mai voluto interessarsi. Fatti che mostrano che le vicende personali sono sempre, o dovrebbero essere sempre, interesse di tutti perché nessuno può farcela da solo! Sta a noi cogliere il lato buono di quello che ci accade. Una volta tanto sta anche noi, non solo ai politici. Dipende anche da noi!
Submitted by redazione on Sat, 21/11/2020 - 18:39
Rileggo a distanza di una vita La casa in collina, da molti giudicato il più autobiografico, nonché il più bel romanzo di Cesare Pavese. Scritto negli anni 1947-’48, ha come sfondo gli avvenimenti drammatici successivi all’8 settembre del ’43, quando gli oscuramenti e i bombardamenti costringono Corrado, alter ego di Pavese, ad abbandonare Torino per rifugiarsi tra le braccia protettrici della casa in collina, luogo mitico dell’innocenza dell’infanzia. Ma il precipitare degli eventi, l’azione svolta dalle formazioni partigiane e le conseguenti rappresaglie dei repubblichini e dei nazisti, spingeranno il protagonista verso altre, meno insicure colline. Ma chi è Corrado? Corrado è un professore di fisica, un uomo solo, prigioniero della colpa a riguardo della vita amorosa e dell’impegno civile. Corrado è per certi versi un inetto, un puer aeternus che vive drammaticamente la sterilità della propria condizione; di cui ha consapevolezza, ma tuttavia non crede possibile per sé l’assunzione di un atteggiamento risoluto, maturo, di fronte alle responsabilità della vita.
Submitted by redazione on Sun, 25/10/2020 - 17:18
A parere di Roberto Deidier, autore della bella introduzione a La penombra mentale – Interviste e conversazioni 1965 – 1990, Giorgio Manganelli è “l’artefice di una impalcatura retorica che sorregge la rappresentazione del Nulla”; e la sostanza che la costituisce, “la materia linguistica”, non rimanda che a se stessa: la sua intima natura è autoreferenziale, non connota alcunché, non significa. Allude semmai, fa segni. Rivela, diremmo oggi, un nuovo ordine di senso, ma esso è enigmatico, misterioso. Estraneo ad ogni recinto sistematico, il suo essere è labirintico, le traiettorie che descrive sono tortuose, imprevedibili, come il volo delle rondini. Donde, dice ancora Deidier, lo scrivere oscuro di diversi testi di Manganelli. Oscuro quasi come quell’efesino di molti secoli fa.
Submitted by redazione on Wed, 30/09/2020 - 08:20
Simbolo della civiltà antichissima e della barbarie moderna, come la definì Ruggero Orlando, commentatore del Giro d’Italia che nel 1965 passò per Agrigento, la nostra non è una città univoca. Rupestre, arroccata, labirintica la città medievale, in collina. Aperta, distesa, razionale la città classica, a valle. Tra le due espressioni, una distanza psicologica e sentimentale cresciuta nei secoli, fino a farsi abisso nella seconda metà del ‘900, quando, per improvviso benessere dopo lunga miseria, gli agrigentini si danno a fabbricare smodatamente, senza coerenza con la propria storia né alcun tributo al senso della misura. Uno scempio, una profanazione. Unica attenuante, il parziale riscatto igienico di un popolo mortificato dall’indigenza e dalla promiscuità dei catoi, dove il fiato degli animali si confondeva col respiro delle creature.
Submitted by redazione on Sat, 26/09/2020 - 12:02
Care amiche e cari amici, vi ringrazio per esser venuti alla presentazione delle candidature di Diego Granata e di Sara Gallo nella lista “Rinasce Agrigento” collegata al candidato Sindaco Lillo Firetto. La lista “Rinasce Agrigento” ha il pregio di esser una lista civica e ad un tempo la espressione dell’area liberal democratica e riformista dello schieramento politico nazionale. La lista è particolarmente rappresentata e può ambire a costituire il 15% circa del Consiglio comunale. Io sono qui in una duplice veste: appartengo, idealmente, all’area politica di cui vi ho fatto cenno e ho una paternità spirituale di Diego essendo suo padrino di Battesimo in ragione di una amicizia fraterna con suo padre Luigi, con il quale ho avuto un lungo e fruttuoso sodalizio politico fin dal 1958, anno di importanti elezioni universitarie.
Submitted by Suddovest on Fri, 28/08/2020 - 14:31
Il Tennis e Fontes Episcopi
Almeno una volta l’anno d’estate torno in Sicilia dove “quando posso” mi piace giocare a Tennis. Pratico questo sport da tanti anni e oggi mi ritengo fortunato a giocarlo ancora perché mi permette di mantenere la linea (almeno ci provo).
Per me il Tennis è più di un divertimento, è socialità, è stare all’aria aperta, è muoversi, è tutto quello che abbiamo dimenticato con la vita moderna e con il lavoro d’ufficio. E’ una speranza di stare il più possibile lontano dai farmaci, è una medicina naturale per il corpo e per la mente.
Se avete pazienza di arrivare fino in fondo (e sopportare i “colori” che ho voluto inserire per mettere in risalto quanto vi dirò alla fine) vi racconto un fatto accaduto a Comitini (Cummatì in dialetto), piccolo paesino di fronte al mio paese natale che è Aragona (Raona).
Comitini non è purtroppo un caso isolato perché la realtà siciliana e, in particolare, agrigentina, è piena di “piccole Comitini” che hanno voglia di riscatto.
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