NAPOLITANO E L'EVERSIONE SILENZIOSA di Vincenzo Campo

Recentemente ci sono cose che capisco poco, o, per lo meno, che riesco a inquadrare con difficoltà entro i paradigmi che ritenevo fossero “dati”. La nostra democrazia, come l’ho sempre pensata e quale è quella nata dalle e sulle ceneri del fascismo, delimitata dal quadro di quel magnifico esempio di bilanciamenti e controlli reciproci che è la Costituzione repubblicana, è fortemente a rischio.
Non si tratta, io temo, di deviazioni, di errori, di eversioni che escono dall’alveo del diritto e che, corrette o represse, fanno sì che il sistema torni alla sua normalità.
E non si può neanche parlare di malfunzionamenti, perché questi ultimi, normalmente, non sono voluti e si possono riparare.
Temo ci sia un disegno, un progetto, che di fatto tende a cambiare radicalmente il nostro sistema, nei fatti, senza atti formali e formalmente voluti. Mi pare che la prassi, la consuetudine –nel nostro diritto sono fonti secondari e sussidiarie di produzione normativa- stia diventando la fonte normativa primaria. Forse neanche nei Paesi di tradizione anglosassone è mai avvenuto quello che avviene oggi nel nostro.
E ulteriore paradosso è che artefice principale di questa eversione silenziosa è un Presidente della Repubblica che per storia personale e tradizione politica dovrebbe aborrire ciò che fa. E forse, mi vien da pensare, lo aborrirebbe se lo facesse altri.
Il nostro Presidente, da Garante della Costituzione e dell’Unità nazionale, a poco a poco, sta aumentando i suoi poteri senza che nessuna norma glielo consenta, mentre, specularmente, il Parlamento –costituito da proconsoli di nomina imperiale con ratifica formale popolare- li vede assottigliarsi sempre di più e senza dir nulla e li cede, graziosamente e volontariamente, al Presidente e al Governo.
Sono legato, se volete romanticamente, all’idea forse mitica della separazione dei poteri, susseguente e conseguente alle monarchie assolute e l’idea di dover perdere il mio status di cittadino per acquistare quello di suddito mi fa star male. E tutto per di più senza atti cruenti o violenti, senza che nessuno prenda la Bastiglia o che qualcuno occupi il Palazzo d’inverno, senza marce su Roma e neanche su Macerata, senza che un gruppo di generali, magari capitanati da quello della Guardia forestale, irrompa in Campidoglio con le armi in pugno e dichiari un nuovo corso.
La compressione dei nostri diritti è in atto e noi non lo comprendiamo adeguatamente.
Finora s’era assistito ad una sempre più forte surroga di poteri da parte dell’esecutivo che ha usato e abusato di poteri che avrebbe dovuto usare solo in via di necessità e di urgenza e che si apparterrebbero, in via ordinaria, al Parlamento. Camera e Senato si sono impegnati fortemente a pensare e approvare leggi importantissime come quelle relative alle indicazioni sulle etichette delle gazzose, mentre il Governo ha legiferato, d’urgenza e di necessità, su cose marginali se non futili come la legge elettorale. E il Presidente, che pure avrebbe il potere di non ratificare, ha ratificato, ravvisando, evidentemente, necessità e urgenza magari in leggi che rendono obbligatoria la mediazione. E il Parlamento ha poi convertito.
Ora mi pare che la situazione si aggravi perché di fatto sono aumentati i poteri e le prerogative del Presidente. Le ultime vicende in materia di governo, quello dei tecnici e quello “del fare” [rinvii] lo dimostrano e lo dimostra l’ultima uscita per la quale non si limita a raccomandare ma addirittura a comandare la salvezza del governo che non può essere messa a rischio per l’affare kazako.
Se Parigi, per qualcuno, valeva bene una messa, una donna e una bambina kazaka –cosa volete che siano?- possono mai far rischiare il Palazzo del Viminale a un inconsapevole e ignorante (ignorante è colui che non sa e lui non sapeva né di dissidenti né di kazaki) giovane ministro di polizia?
Quella di Napolitano è un’ingerenza grave, e anzi gravissima e mai mi acquieterò perché mai saprò chi arma la sua mano, e anzi il suo pensiero.
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