PER CHI SUONA IL CENTRO STORICO di Davide Natale
Submitted by Suddovest on Tue, 16/07/2013 - 21:59
Due anni addietro Giorgia ed io abbiamo comprato casa, in centro storico ovviamente. L'abbiamo ristrutturata e da due settimane la abitiamo. Identica cosa hanno fatto Viviana e Danilo, lo ha fatto Daniela, e a breve stessa sorte seguiranno Ornella, Mimmo, Ombretta e Giandomenico. Anche Marcello, ne sono convinto, prima o poi seguirà acquisterà casa. E poi ci sono Giovanni, Tano che ci hanno anticipato ristrutturando bellissime case di famiglia e che adesso abitano, il primo durante i suoi frequenti soggiorni ad Agrigento, il secondo destinandovi dimora quotidiana. E chissà quanti altri Danilo, Viviana, Marcello e Mimmo ci sono ad Agrigento.
Vi scrivo di questo per porre all'attenzione condivisa una serie di accadimenti, di cause ed effetti, ed insieme su questi ragionare. La prima considerazione che mi sovviene riguarda l'aspetto economico: l'importo di denari investito ed utilizzato dagli amici sopra citati, per ristrutturare la propria parte del centro storico è senza dubbio molto più robusto di quanto intere amministrazioni pubbliche nel corso di alcuni lustri hanno utilizzato per lo stesso fine. E all'obiezione che si tratti di immobili privati, proprie case, sottolineo come queste hanno si, un lato privato che riguarda la bontà degli spazi interni, la suddivisione degli ambienti, la fruizione degli ambiti esclusivi e la loro possibilità di essere vissuti, ma possiedono anche un aspetto pubblico; penso ai prospetti delle stesse abitazioni, alle loro facciate, agli infissi e le persiane in legno, agli intonaci color della terra, alle grondaie in rame. Aspetto che è pubblico, che dona quindi decoro al lato esteriore ed esterno delle strade e dei cortili sui quali queste abitazioni insistono. Basti pensare, inoltre, che qualsiasi regolamento edilizio comunale trattiene come propria prerogativa decisionale parametri e modi, vincoli ed autorizzazioni degli interventi sulle facciate degli edifici. Ma su questo aspetto ritornerò a breve.
Altra considerazione che ritengo importante lambisce aspetti sociologici ed
antropologici. L'acquisto e la ristrutturazione di immobili, infatti, in centro storico, al fine trasferirvi dimora da parte di alcuni giovani o meno cittadini è oggi esclusivamente un fatto privato, un approccio alla propria quotidianità che, alla solitudine della periferia che concede ville e distanze dai vicini, quindi non troppo vicini, individua nelle piccole vie, nella folla costipata di pietre e voci, nella vicinanza al prossimo, nella difficoltà a volte di raggiungimento e nella complicazione dell'approvvigionarsi di cibo il proprio modello di cittadino. Si tratta, in gran parte, di appartenenti alla classe borghese, a volte liberi professionisti, quasi sempre di media o alta cultura. Di questo, credo, sia necessario discutere per capire dove e come indirizzare una eventuale rinascita del centro città, a chi rivolgersi e in che tempi. Ogni accadimento urbanistico, infatti, o viene programmato cercando il più possibile di spostarne la sua attuazione completa molto lontano nel tempo o diviene, prima del suo inizio, un fallimento. L'urbanistica, infatti, come scienza dell'ordine e del controllo urbano, non mira a modificare il presente, fatto spesso di emergenze e contingenze a volte risibili, ma diviene buona urbanistica se è in grado di anticipare il futuro, prevederlo, anche attraverso studi demografici e proiezioni future, anticipazioni al presente. Che tipo di domanda di servizi chiederanno i nuovi abitanti del centro città? A cosa rinunceranno e a cosa, invece, no?
Altra importante considerazione, infine, l'aspetto turistico della città. Il tipo di domanda che la città vecchia può soddisfare e la conseguente offerta di servizi da poter offrire. A questo aggiungerei anche la parte di universitari i quali, come liberi professionisti del futuro e come turisti del presente, credo siano legati da forti interessi comuni.
Borghesia, liberi professionisti, turisti attratti dalla Valle dei Templi, quindi non disinteressati all'arte, e giovani studenti universitari posseggono molti aspetti comuni e domandano identici servizi urbani. Quali e in che tempi offrirli è il vero nodo, il discrimine, la cruna attraverso la quale è doveroso passare per reindirizzare qualsiasi scelta urbanistica di Agrigento che guarda al domani.
Penso, ad esempio, alla domanda di spazi culturali, gallerie d'arte e attività culturali in genere, alla bontà delle strade e alla buona fattura degli spazi comuni, pedonalizzati e percorribili esclusivamente a piedi, alla loro pulizia e al loro decoro. Penso alla sempre più pressante domanda di spazi per il tempo libero, di luoghi di svago e divertimento per giovani e meno giovani, ai luoghi di incontro. Infine penso alla crescente domanda di reperimento di cibi di qualità, siano questi offerti ai turisti che ai residenti. Il tutto in un quadro di mobilità pubblica che permetta la sempre più doverosa espulsione delle automobili private e che consenta, quindi, la riappropriazione degli spazi comuni da parte degli abitanti il centro città.
I modelli esistono già e basterebbe, semplicemente e con umiltà, copiarli. Penso a Siena, Lucca, Perugia, Firenze ma anche alle più vicine Ortigia, Trapani, Catania, Ragusa. Penso anche ad alcuni quartieri di Roma, che nel centro del centro si sono dati regole inderogabili sulla mobilità.
Infine una possibilità che è insieme privata e pubblica, politica e di impresa economica. Molte della case del centro cittadino posseggono tetti a falde inclinate. Quasi sempre con una esposizione tale da permettervi sopra l'ubicazione di impianti fotovoltaici.
Una intera parte di città si potrebbe rendere energeticamente autonoma, eco-sostenibile, fruttuosa. Necessitano oltre a regole chiare, molti denari e buona volontà, capacità di guardare lontano. La mia volontà potrebbe spingersi sino a concedere per molti lustri, gratuitamente, all'amministrazione cittadina il tetto di casa mia. L'amministrazione, comunale divenuta garante politica e impresa privata al contempo, coordini tutta l'operazione. Potrebbe installare sopra un impianto e percepirne i frutti. E così potrebbero fare molti dei cittadini che posseggono case e tetti adatti allo scopo. Che trovi il Comune imprenditori capaci e lungimiranti, finanziatori e tecnici, e che organizzi squadre di giovani addetti, si faccia anche capofila politico dell'intera operazione che guardi all’intera nazione e trovi la forza, finalmente, per spalancare porte sino ad ora barricate. Io altro non chiedo che il reinvestimento dei frutti così percepiti in strade non più asfaltate ma pavimentate, mobilità pubblica corretta, prospetti e facciate delle abitazioni del centro città ridate all'antica bellezza. Già! Quella bellezza che non è solo di chi ristruttura a proprie spese le abitazioni del centro ma di chi, alla vista di un centro storico ripensato e riprogettato, ripensi a sua volta il proprio ruolo di cittadino della Città dei Templi e del suo centro, e che non dimentichi che cedere alla collettività parte di ciò che gli è proprio è anche cederlo alle generazioni future, e quindi anche ai propri figli.
Con l'augurio che vivano in una città, per quanto possibile, meno brutta di quella che le nostre precedenti generazioni ci hanno costretto a guardare giornalmente.
Vi scrivo di questo per porre all'attenzione condivisa una serie di accadimenti, di cause ed effetti, ed insieme su questi ragionare. La prima considerazione che mi sovviene riguarda l'aspetto economico: l'importo di denari investito ed utilizzato dagli amici sopra citati, per ristrutturare la propria parte del centro storico è senza dubbio molto più robusto di quanto intere amministrazioni pubbliche nel corso di alcuni lustri hanno utilizzato per lo stesso fine. E all'obiezione che si tratti di immobili privati, proprie case, sottolineo come queste hanno si, un lato privato che riguarda la bontà degli spazi interni, la suddivisione degli ambienti, la fruizione degli ambiti esclusivi e la loro possibilità di essere vissuti, ma possiedono anche un aspetto pubblico; penso ai prospetti delle stesse abitazioni, alle loro facciate, agli infissi e le persiane in legno, agli intonaci color della terra, alle grondaie in rame. Aspetto che è pubblico, che dona quindi decoro al lato esteriore ed esterno delle strade e dei cortili sui quali queste abitazioni insistono. Basti pensare, inoltre, che qualsiasi regolamento edilizio comunale trattiene come propria prerogativa decisionale parametri e modi, vincoli ed autorizzazioni degli interventi sulle facciate degli edifici. Ma su questo aspetto ritornerò a breve.
Altra considerazione che ritengo importante lambisce aspetti sociologici ed
antropologici. L'acquisto e la ristrutturazione di immobili, infatti, in centro storico, al fine trasferirvi dimora da parte di alcuni giovani o meno cittadini è oggi esclusivamente un fatto privato, un approccio alla propria quotidianità che, alla solitudine della periferia che concede ville e distanze dai vicini, quindi non troppo vicini, individua nelle piccole vie, nella folla costipata di pietre e voci, nella vicinanza al prossimo, nella difficoltà a volte di raggiungimento e nella complicazione dell'approvvigionarsi di cibo il proprio modello di cittadino. Si tratta, in gran parte, di appartenenti alla classe borghese, a volte liberi professionisti, quasi sempre di media o alta cultura. Di questo, credo, sia necessario discutere per capire dove e come indirizzare una eventuale rinascita del centro città, a chi rivolgersi e in che tempi. Ogni accadimento urbanistico, infatti, o viene programmato cercando il più possibile di spostarne la sua attuazione completa molto lontano nel tempo o diviene, prima del suo inizio, un fallimento. L'urbanistica, infatti, come scienza dell'ordine e del controllo urbano, non mira a modificare il presente, fatto spesso di emergenze e contingenze a volte risibili, ma diviene buona urbanistica se è in grado di anticipare il futuro, prevederlo, anche attraverso studi demografici e proiezioni future, anticipazioni al presente. Che tipo di domanda di servizi chiederanno i nuovi abitanti del centro città? A cosa rinunceranno e a cosa, invece, no?
Altra importante considerazione, infine, l'aspetto turistico della città. Il tipo di domanda che la città vecchia può soddisfare e la conseguente offerta di servizi da poter offrire. A questo aggiungerei anche la parte di universitari i quali, come liberi professionisti del futuro e come turisti del presente, credo siano legati da forti interessi comuni.
Borghesia, liberi professionisti, turisti attratti dalla Valle dei Templi, quindi non disinteressati all'arte, e giovani studenti universitari posseggono molti aspetti comuni e domandano identici servizi urbani. Quali e in che tempi offrirli è il vero nodo, il discrimine, la cruna attraverso la quale è doveroso passare per reindirizzare qualsiasi scelta urbanistica di Agrigento che guarda al domani.
Penso, ad esempio, alla domanda di spazi culturali, gallerie d'arte e attività culturali in genere, alla bontà delle strade e alla buona fattura degli spazi comuni, pedonalizzati e percorribili esclusivamente a piedi, alla loro pulizia e al loro decoro. Penso alla sempre più pressante domanda di spazi per il tempo libero, di luoghi di svago e divertimento per giovani e meno giovani, ai luoghi di incontro. Infine penso alla crescente domanda di reperimento di cibi di qualità, siano questi offerti ai turisti che ai residenti. Il tutto in un quadro di mobilità pubblica che permetta la sempre più doverosa espulsione delle automobili private e che consenta, quindi, la riappropriazione degli spazi comuni da parte degli abitanti il centro città.
I modelli esistono già e basterebbe, semplicemente e con umiltà, copiarli. Penso a Siena, Lucca, Perugia, Firenze ma anche alle più vicine Ortigia, Trapani, Catania, Ragusa. Penso anche ad alcuni quartieri di Roma, che nel centro del centro si sono dati regole inderogabili sulla mobilità.
Infine una possibilità che è insieme privata e pubblica, politica e di impresa economica. Molte della case del centro cittadino posseggono tetti a falde inclinate. Quasi sempre con una esposizione tale da permettervi sopra l'ubicazione di impianti fotovoltaici.
Una intera parte di città si potrebbe rendere energeticamente autonoma, eco-sostenibile, fruttuosa. Necessitano oltre a regole chiare, molti denari e buona volontà, capacità di guardare lontano. La mia volontà potrebbe spingersi sino a concedere per molti lustri, gratuitamente, all'amministrazione cittadina il tetto di casa mia. L'amministrazione, comunale divenuta garante politica e impresa privata al contempo, coordini tutta l'operazione. Potrebbe installare sopra un impianto e percepirne i frutti. E così potrebbero fare molti dei cittadini che posseggono case e tetti adatti allo scopo. Che trovi il Comune imprenditori capaci e lungimiranti, finanziatori e tecnici, e che organizzi squadre di giovani addetti, si faccia anche capofila politico dell'intera operazione che guardi all’intera nazione e trovi la forza, finalmente, per spalancare porte sino ad ora barricate. Io altro non chiedo che il reinvestimento dei frutti così percepiti in strade non più asfaltate ma pavimentate, mobilità pubblica corretta, prospetti e facciate delle abitazioni del centro città ridate all'antica bellezza. Già! Quella bellezza che non è solo di chi ristruttura a proprie spese le abitazioni del centro ma di chi, alla vista di un centro storico ripensato e riprogettato, ripensi a sua volta il proprio ruolo di cittadino della Città dei Templi e del suo centro, e che non dimentichi che cedere alla collettività parte di ciò che gli è proprio è anche cederlo alle generazioni future, e quindi anche ai propri figli.
Con l'augurio che vivano in una città, per quanto possibile, meno brutta di quella che le nostre precedenti generazioni ci hanno costretto a guardare giornalmente.
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