ZAMBUTO CON RENZI. SI RIDISCUTE DI CENTRO STORICO, MA NON IN PUBBLICO di Tano Siracusa

I riflessi della politica nazionale presentano di solito in periferia una caratteristica opacità. Sicuramente è così ad Agrigento. Il sindaco Zambuto ha dichiarato di stare con Renzi e si attende un rimpasto della sua giunta, mentre nelle stanze del PD locale si è scatenata la bagarre per l’assegnazione di un paio di assessorati. Tutto questo senza una discussione pubblica su cosa si vuol fare, su un’idea diversa di città, del suo centro storico. Fin qui niente di particolarmente nuovo e interessante. E’ più interessante invece che questa discussione sia in corso anche se in forma prevalentemente riservata, non pubblica, e che coinvolga il sindaco, la Confcommercio, le Fabbriche Chiaramontane, alcune associazioni, alcuni operatori culturali che operano in città e non appartengono a nessuna parrocchia.

In realtà questa è una discussione che è rimasta per anni riservata a piccoli gruppi di agrigentini che non hanno mai avuto un ruolo istituzionale, ma protagonisti in centro storico, soprattutto negli ultimi anni, di iniziative culturali che hanno riscosso anche un buon successo di pubblico. Penso alle serate della scorsa estate al Funduk, alla iniziativa a Santo Spirito, al progetto di via Neve come via dell’arte, alla magnifica installazione curata da un gruppo di giovani architetti e artisti a palazzo Vadalà. E prima ancora alla serata a Santa Croce. Ma anche ai numerosi articoli pubblicati su Suddovest e su altri organi di informazione locali sul centro storico e sulla necessità di una sua graduale pedonalizzazione. Che adesso questa discussione si sia allargata coinvolgendo anche soggetti politici e istituzionali è una positiva novità, mentre non c’è niente di nuovo nel fatto che rimanga una discussione in gran parte sequestrata nei luoghi privati della politica, e non si capisca quanto sia approfondita, non strumentale, non pretestuosa.

La pedonalizzazione e la ripavimentazione delle vie del centro storico, il ripristino delle scale, l’uso degli spazi liberati dai numerosi crolli, progetti mirati di mobilità alternativa all’uso dell’auto privata, di un piano del traffico: di questo occorre discutere apertamente, e di un centro storico che si offra come spazio dove disseminare interventi e iniziative di carattere artistico e culturale.

La questione della pedonalizzazione ad esempio, della espulsione delle auto dal centro storico, è la premessa di qualunque progetto di recupero della vecchia città murata, costruita quando ancora le automobili non esistevano. Non è necessario andare a Lucca o a Copenaghen per vedere come si fa. Basta andare a Ortigia, a Ragusa Ibla, a Trapani. Su questo tema un anno fa abbiamo provato ad avviare una discussione pubblica proprio su Suddovest che naturalmente non ha registrato alcun contributo da parte dell’Amministrazione Comunale.

E’ di questi giorni un importante documento dell’associazione Labmura che annuncia un vasto e ambizioso progetto di intervento fra via Atenea e piazza Ravanusella, in una delle zone più degradate del centro storico, a ridosso di quello che è stato e non è più il suo salotto commerciale, ormai trasferitosi nel centro commerciale di Villa Seta, autentico non luogo dove gli abitanti di una città di periferie si incontra come comunità di consumatori, peraltro avviliti e frustrati dalla crisi. L’iniziativa annunciata dall’associazione Labmura è di enorme interesse e già coinvolge, e più ancora dovrà riuscire a farlo, numerosi pittori, fotografi, architetti, attori, musicisti. Le Fabbriche Chiaramontane stanno programmando un’estate di incontri culturali di qualità, e c’è da sperare che in questa occasione la patina di mondanità che spesso accompagna le attività espositive, peraltro importanti, in quei locali sia messa da parte.

C’è insomma un fermento, una volontà di cambiamento che rimane però sotto traccia, che non diventa discussione pubblica, che soprattutto non coinvolge pubblicamente i soggetti politici e istituzionali. Ma anche, con poche eccezioni, coinvolge le associazioni, i gruppi, i singoli operatori.

Non sono ottimista sul futuro della città, tutt’altro. Tuttavia in questi giorni mi sono ricordato di una lettera aperta che ho scritto all’allora sindaco Barba, sottoscritta da una trentina di intellettuali e artisti. Si chiedeva al sindaco di comprare o affittare dei piani terra nel centro storico da attrezzare e destinare alle attività artistiche e culturali. Era il 1984 e il sindaco allora non rispose.

Mi chiedo se trenta anni dopo la città vecchia ormai disastrata, il nostro passato rimosso e invaso dai segni orrrendi della modernità architettonica, non cominci ad apparire, anche a chi ha voce in capitolo, a chi detiene il potere, come l’unico futuro possibile per la città, se quell’utopia non possa diventare finalmente oggetto di una discussione pubblica, e non l’opaco sfondo della declinazione agrigentina del renzismo, di un rimpasto della giunta, di una nascosta resa dei conti nel PD, un partito che non ha mai cercato in città di aprirsi ad una sinistra diffusa e priva di rappresentanza politica.

E’ possibile che finalmente la discussione sulla città e sul suo futuro, sulle scelte da fare, esca fuori dalle segrete e riservate stanze dei soliti noti?