SOSTIENE SCALFARI: LETTA COME IL GOVERNO BADOGLIO di Giovanni di Girgenti
Eugenio Scalfari ci invita ad accettare la seguente proporzione: la sinistra stia verso il governo Letta come Togliatti della svolta di Salerno stette col governo Badoglio ( 1944).Vi sarebbero oggi condizioni emergenziali tali da suggerire una convergenza dell'intero schieramento politico così come allora l'emergenza dell'occupazione nazi-fascista dell'Italia consigliò la collaborazione di forze opposte.
Non ragioniamo sul confronto dell'intensità delle due emergenze, improponibile, ma sulle dinamiche politiche che le precedono e le seguono. Badoglio, pur uomo di regime, su mandato della corona aveva fatto arrestare Mussolini e firmato l'armistizio con gli alleati facendo uscire l'Italia dalla guerra; il suo governo era composto da personalità antifasciste ed era impegnato a resistere alla presenza nazifascista e a collaborare con l'avanzata degli alleati che cercavano di risalire la penisola. Togliatti individuò (con la fortissima pressione di Stalin) nel nazifascismo il nemico principale e contro di esso volle cucire un vasto fronte ( che includeva appunto anche Badoglio e la monarchia) rinviando al dopo una più marcata politica democratica e di sinistra.
Letta non ha fatto 'arrestare' nessuno (per fortuna) né si trova nella necessità di ricostruire lo stato dopo un 8 settembre né ha un fronte nemico esterno-interno che mina la stessa esistenza delle repubblica. Dunque quale sarebbe il nemico principale da isolare e da combattere insieme al Pdl? L'impasse parlamentare originato dal voto è certamente un problema, ma in un paese a democrazia matura, come comunque è il nostro, da tale impasse si esce con un nuovo voto che nel nostro caso doveva essere preceduto da un governo di scopo che accompagnasse la riforma elettorale e qualche limitato e mirato provvedimento economico ( Cassa integrazione e Esodati...).
La situazione economica, con le sue emergenze occupazionali, sociali e finanziarie è tale da giustificare la convergenza tra diversi e opposti? Sì, ma ad una condizione: che ci si dica, smentendo 'vulgate' sostenute, a volte elaborate e comunque propalate sopratutto da Repubblica, che per la sua origine, per la sua estensione, per la sua particolare acutezza nazionale, non abbia avuto responsabilità alcuna il decennio di governo berlusconiano. Solo così davanti ad un nemico esterno ed esogeno avrebbe un senso propulsivo la convergenza tra gli opposti che però a quel punto di opposto avrebbero solamente le avidità delle rispettive nomenclature, sottratte specifiche responsabilità sull'origine e sul dispiegarsi della crisi e di conseguenza dare per nulle le differenze tra le rispettive ricette per uscirne.
Insomma siamo a questo paradosso: che solo annullando ogni specifica responsabilità sul passato e ogni differenza sul futuro è fortemente accettabile la convergenza dei due schieramenti che però in questo caso non avrebbero nessuna ragione di apparire alternativi. E se invece vedessimo la cosa sotto un altro punto di vista?
L'esito del voto certo, unito alle identità deboli dei due schieramenti e all'inconfessabile spinta all'autoconservazione del sistema davanti ai rischi connessi alle spinte del voto grillino, hanno rivelato quello che in fondo molti davano per acquisito: e che cioè si sono progressivamente assottigliate le differenze tra i due schieramenti, al netto dei bisogni personali di Berlusconi (difesi dall'uno e contrastati dall'altro): una stessa idea del rapporto tra ceto politico e istituzioni, (scandali Belsito e Lusi e verbali della Guardia di finanza relativi ai rimborsi dei gruppi regionali), una stessa idea del rapporto tra mercato e stato, una stessa idea di insostenibilità dei beni comuni.
Questa area politico-culturale ha avuto una forte spinta al compattamento per far fronte al rischio che si saldasse la spinta grillina alla trasparenza e allo smantellamento dei costi della politica con un'idea di eguaglianza delle opportunità e della difesa e rilancio dei beni comuni ( e della legalità). Per questo il governo Letta, pur nella freschezza di molti dei suoi volti appare come un tentativo di stabilizzazione degli attuali privilegi. Per questo è difficile suscitare entusiasmo verso la sua avventura, per questo è difficile vederlo, da sinistra, come un investimento per nuovi e più avanzati equilibri.