DOPO VOTO. TRE LEZIONI PROVVISORIE PER LA SINISTRA di Giovanni Taglialavoro
Lo debbo ammettere, per quel che conta: ero abbastanza certo che il voto avrebbe potuto disegnare due scenari: il primo, che sembrava difficile ma non impossibile, maggioranza per Bersani alla camera e al senato; il secondo, maggioranza alla camera, ma al senato accordo con Monti per averla.
Le cose sono andate in modo diverso. La vittoria dei 5stelle, prevista ma non con questi numeri, ha sottratto voti non solo all'astensione e alla destra, ma anche alla sinistra in misura tale da renderli determinanti per una maggioranza al senato che non includa il Pdl.
Adesso è molto facile attribuire una delle ragioni di questo esito alla leadership di Bersani. Si sapeva della sua difficoltà a dare del tu alla comunicazione televisiva, dell'inesistenza di un qualsiasi profilo carismatico, ma qualcuno, ed io tra questi, riteneva che la radicalità della crisi e la stanchezza delle narrazioni mediatiche potesse tramutare in un valore aggiunto il limite di Bersani in una illusoria aspettativa di irruzione delle cose dentro il teatro delle illusioni. Non è andata così. Lo strumento televisivo, la costruzione dello spettacolo nella comunicazione politico-elettorale non è legata alla parabola di Berlusconi e al suo uso ossessivo dei media, ma è un dato direi strutturale-ontologico della nostra età.
Tre lezioni provvisorie da trarre.
Prima lezione: il leader prossimo venturo della sinistra deve padroneggiare i nuovi mezzi e avere familiarità con la cultura pop senza ovviamente ridursi ad essa.
Ovviamente non è solo una questione di comunicazione. Il travaso di voti dalla sinistra verso 5stelle rinvia anche ad una lettura della crisi che ha confidato eccessivamente nella possibilità di un'uscita da essa all'interno del suo stesso paradigma. La sinistra da questo punto di vista si è presentata come la forza che con più efficacia avrebbe riavviato le dinamiche del mercato. Ma il problema nostro è invece quello di individuare linee di uscita dalla crisi che non si affidino soltanto al mercato: terzo settore, alcune ipotesi di decrescita ( e di decostruzione), valorizzazione di forme nuove di servizi civili, incentivazione di occasioni comunitarie...
Seconda lezione: dalla crisi si esce con nuovi paradigmi sociali ed economici, come avvenne negli anni trenta quando, con Keynes, nell'economia di mercato furono introdotte forme significative di intervento statuale.
Infine un accenno alla qualità del ceto politico. Ci eravamo illusi che la competenza di Bersani fosse sufficiente a cancellare la sua lunga carriera e la sua quota parte di responsabilità rispetto al fallimento del sistema. Non è stato così. E del resto quando Bersani, non so fino a che punto con entusiasmo, ha accettato l'idea che non già lui e la sua coalizione, ma un governo di tecnici fosse lo strumento per la salvezza dal baratro nazionale verso il quale ci spingeva B., ha sottoscritto una esplicita dichiarazione di fallimento e di inadeguatezza del ceto politico e soprattutto del suo, dal momento che tutti i sondaggi lo davano per sicuro vincitore nel novembre del 2011.
Terza ed ultima lezione: Bersani usi la sua residua forza, la sua credibilità per favorire immediatamente un ricambio di ceto dirigente nel suo schieramento senza arroccamenti. Ha mostrato in tutto il suo mandato di segretario una apertura e uno spirito inclusivo straordinario. Continui a praticarlo fino in fondo e con tempi rapidi, ciò che conta alla fine non è la sua poltrona o la sinistra, ma il destino dell'Italia, come lui stesso ci ha insegnato