CENTRO STORICO AGRIGENTO. QUALE MOBILITA'? di Davide Natale

Per discutere oggi di centro storico di Agrigento non si può non parlare, dapprima, di mobilità. Ovvero non si può non ragionare di pedonalizzazione, parcheggi, sistemi di risalita, punti d’accesso, attraversamenti viari, zone a traffico limitato, trasporto pubblico. Tutti quanti argomenti che non sono, e non devono essere, per i soli addetti ai lavori, ma di interesse collettivo. Soltanto in seguito, ma non per questo di minore importanza, ritengo utile discutere di materiali da costruzione, forma e funzione dei corpi di fabbrica, ricostruzione dell’edificato, demolizioni e ricostruzioni filologiche, e progetti architettonici urbanisticamente puntuali quali, ad esempio, quello del tanto discusso “Terravecchia di Girgenti”. Dunque mobilità in centro storico. Come giungervi, come circolare al limitare e all’interno di esso, quali sistemi utilizzare per permettere accessi e mobilità? In prima istanza ritengo che la possibilità carrabile al centro storico debba essere consentita esclusivamente ai suoi residenti e ai commercianti/albergatori che ivi posseggono la loro attività.

Residenti che possano accedere per le necessità quotidiane, e commercianti ai quali deve essere facilitata l’attività. Il tutto in orari prestabiliti e concordati. E a meno di possedere un luogo coperto dove parcheggiare l’auto, questa deve essere tradotta altrove, fuori dal centro opportunamente individuato, e lì allocata.

Se vogliamo non negarci la modernità, infatti, che per quanto a tratti scandalosa e miope, ancora non è del tutto superata dal suo post, oggi è l’automobile il mezzo più utilizzato che consente spostamenti individuali e collettivi, che muove turisti, studenti, che permette spostamenti. Possiamo, di certo, auspicare un suo quanto più immediato abbandono, che solo se condiviso a livello globale apporterebbe veri benefici al sistema tutto. Ma sta di fatto che le automobili ci sono e ci saranno per un tempo non ancora certo. L’automobile che è anche un mezzo di salvaguardia e protezione civile, garanzia di emergenze singole o collettive (ambulanze, mezzi di soccorso, etc…). Come fare a dirimere la questione? Forse alla tanto discussa via di fuga è necessario anteporre un piano di emergenza con uno studio puntuale atto a permettere il raggiungimento di ogni unità immobiliare da parte mezzi di soccorso, e non rimandare le decisioni in momenti di emergenza.
Per far sì che tutto questo accada ritengo opportune alcune precisazioni. Innanzitutto è necessario stabilire cosa è centro storico, quale parte di città è da considerarsi tale, e quale, invece, altro. Cominciare quindi con l’alleggerire, e di molto, il carico urbanistico allontanando tutti gli uffici pubblici non strettamente dedicati ad attività culturali e/o turistiche. Inglobare, invece, spazi per servizi universitari ed attività ad essi collegati. Individuare successivamente, al limitare del centro, zone di parcamento opportunamente distribuite su tutto il perimetro e collegate attraverso sistemi di mobilità, quali scale mobili e ascensori.

Per tutto ciò non si può non tenere conto della particolare situazione altimetrica della città. È possibile, infatti, individuare ad Agrigento quattro livelli altimetrici primari i quali, se è vero che caratterizzano il fascino della collina della città, rendono difficoltosi gli spostamenti sia pedonali che carrabili: questi livelli altimetrici possono essere distinti in: il più basso che individua la quota del campo sportivo e del piazzale Ugo la Malfa; il secondo che si trova a quota del piano ferrato di Piazza Stazione; il terzo identificabile con la quota di Piazza Municipio ed il quarto ed ultimo individuato dalla quota di piazza detta Bibbirria e piazza Duomo.

Questo particolare andamento altimetrico, conseguenza dalla situazione morfologica della collina su cui insiste la città, possiede una sua forma planimetrica precisa, che disegna una preminenza dimensionale sull’asse est/ovest e che rende complesso l’attraversamento sud-nord della città, anche in conseguenza della costruzione della stazione ferroviaria e del conseguente piano ferrato, che di fatto ha tagliato sull’asse est/ovest la città in due parti distinte.

Per quanto breve e semplicistico questo quadro mi è utile per evidenziare, in questa sede, i confini del centro storico e della sua evidente diversità dal mostruoso edificato a contorno di essa. Centro storico che oggi è identificabile a sud dall’asse Via Garibaldi, Via Porta di Mare, Via Empedocle; a est da Porta di Ponte; a nord dalla Via Gioeni e dalla collina del Duomo sino al quartiere Santa Croce a Ovest. Ma consente, inoltre, di poter individuare le aree da pedonalizzare, le zone a traffico limitato, i parcheggi, le soste, ed i tracciati di mobilità e di attraversamento. Ovvero discutere del futuro sviluppo urbanistico della città e non soltanto del suo centro storico. Se l’automobile sarà ancora privata ed utilizzata prima del suo definitivo pensionamento, ad oggi non ipotizzabile, sarebbe quindi necessario individuare zone di parcamento ad ogni livello altimetrico e planimetricamente disposte all’intorno quanto più prossimo del suo centro, e che consentano di giungervi comodamente.

Questa, so bene, è questione spinosa. Ma credo vada affrontata con una certa serenità. Il portare, infatti, al limitare del centro storico le automobili, se da un lato, adducendo motivazioni più che plausibili, disturba coloro i quali sostengono l’esatto contrario, temo non consenta né di individuare, attraverso regolamenti dedicati, cosa sia centro e cosa invece no, né consenta allo stesso tempo di rendere giustizia e colpa ad una modernità che è accaduta. È successo, infatti, che il moderno ha invaso il nostro centro, la nostra quotidianità di fatto trasformandola, e non potrà essere fermato da un piccolo borgo siciliano. Ritengo, fra l’altro, che non tutti vorranno rinunciare alla propria mobilità privata, al comodo raggiungimento delle proprie residenze o attività commerciali, all’idea delle necessità familiari, alla propria vecchiezza. Ma a nessuno deve essere impedita la possibilità di scegliere il centro storico di Agrigento come sede della propria residenza, aumentando anzi quanto più possibile la sua appetibilità non stravolgendo, però, la sua vera anima. Tutte istanze che giustificano, anzi obbligano, ad un approccio problematico e non dogmatico alla questione. Non è, del resto, da ignorare, come giudizio irredimibile, che il valore di ofelimità di un bene sia, oltre che per assunto individuale, anche mutevole e difficilmente trascurabile. Ignorarlo significa non volere accettare l’accaduto, nasconderselo e mentire a se stessi prima che agli altri.

Trovare una regola invece o, semplicemente, copiarla. Penso, infatti, ad uno dei più felici risanamenti urbanistici avvenuti in Italia negli ultimi anni. E mi riferisco al vecchio insediamento di Ortigia, cuore di Siracusa, ed al grande parcheggio collocato a ridosso dell’isola, al suo significato urbanistico, alla straordinaria comodità con la quale consente, sia ai residenti che ai moltissimi turisti, attraverso un continuo servizio di mobilità pubblica, di giungere, vivere o ammirare, uno dei più affascinanti luoghi d’Italia.

In sintesi, quindi, parcheggi anche al contorno del centro storico, se utile dirlo, sino al pensionamento delle automobili, transitoriamente, e il via a sistemi di risalita mobile, pedonalizzazione graduale di tutto il centro, accesso carrabile limitato ed in orari prestabiliti, divieto di parcamento ovunque all’interno di esso.

E se anche di parcheggi, che è mobilità, si tratta il primo potrebbe essere individuato a quota di Piazza Stazione dove, con lo spostamento della stazione ferroviaria a nord dalla città, verso l’attuale Stazione Bassa, nascerebbe un’ampia possibilità di parcheggio e con un sistema di risalita mobile che congiunga la Piazza stazione a Porta di Ponte/piazza San Pietro. Il secondo punto di parcamento potrebbe verificarsi con il completamento dei due parcheggi di via Gioeni. Già da tempo progettati e soltanto in parte messi in opera, tali aree offrirebbero una valida opportunità di sosta. La via Gioeni, del resto, chiude a nord il limite del centro storico dapprima individuato.

Il terzo grande punto di sosta e scambio è l’attuale parcheggio di via Empedocle che consente la copertura del terzo livello, ovvero di Piazza Municipio. L’ultimo punto di sosta potrebbe essere individuato nella zona sottostante la Cattedrale, a questa quota direttamente collegato attraverso sistemi di mobilità alternativa. Punto che planimetricamente ricadrebbe nella zona ad nord/ovest della città, fra la Via XXV Aprile e la Via Dante e quindi capace di intercettare anche il traffico veicolare proveniente da questa direzione.

In un quadro, infine, di incroci urbanistici, sociologici, di controlli storici e tecnici, credo sia corretto destinare senso ai progetti edilizi di un certo rilievo, sia che si tratti di ipotesi di recupero in centro storico che grandi insediamenti residenziali e commerciali periferici.

Mi domando, infatti: interventi edilizi come quello del costruendo progetto Terravecchia, che rapporto hanno con il contesto più prossimo? All’interno di quale progetto di mobilità sono stati pensati? Quale la domanda di residenze in un contesto più che edificato ma poco abitato?

Ed ancora: la costruzione del nuovo, grande centro commerciale di Villaseta oltre ad avere delle inevitabili ricadute di natura urbanistica, in quale contesto economico si inserisce? Quali le ricadute su interi settori merceologici dei comuni vicini? Quale il suo bacino di utenza previsto e le conseguenti modificazioni economiche?

Discutiamo di città futura, non perdendo mai di vista il bello al quale non dobbiamo rinunciare, quel bello che ci è stato consegnato dalla natura e degli uomini vissuti in terra di Girgenti e che noi, uomini moderni stiamo, perché forse non lo riconosciamo più, mortificando irrimediabilmente.

 

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