COM'E' SANTA CROCE PRIMA E DOPO LO SPETTACOLO? di Tano Siracusa
Submitted by Suddovest on Wed, 02/11/2011 - 18:28
Il Centro Culturale Pier Paolo Pasolini, con il Patrocinio dell'Assessorato Regionale ai Beni Culturali, l'Associazione Culturale LabMura e l’Azienda Agricola Il Biomelograno hanno organizzato lo scorso 31 ottobre, la manifestazione ''Luci a Rabato: Piazza Santa Croce tra immagini, musica e parole''. In particolare, nella piazza del Centro storico era stata allestita una collettiva d’arte con gli artisti: Agozzino, Attanasio, Brucculeri, Carisi, Dispenza, Fasulo, Jianfranz, Mangione, Passarello, Provenzano, Scifo, Sclafani, Tagliavia e Vella. Poi un percorso tra parole, musiche e immagini con letture di Giusi Carreca, Paolo Di Noto, Soulib Driss, Annagrazia Montalbano, Francesco Naccari, Totò Nocera, Daniele Moretto e Lia Rocco. La musica di Francesca Cosentino, Nguirane, Peppe Porretta, Filippo Portera, Sandro Sciarratta, Luca Sciarratta, Franco Sodano ed i Tammurinara di Porto Empedocle. I video e le immagini di Beniamino Biondi e Tano Siracusa. Le luci dello spettacolo sono state curate da Michele Della Iera. Infine una degustazione di prodotti tipici dell'Azienza Agricola Il Biomelograno.
A commento dello spettacolo, Tano Siracusa ha inviato a Suddovest questa nota.
Com'è Santa Croce prima e dopo lo spettacolo?
Una severa chiesa settecentesca, una vasta piazza pavimentata, un grande silenzio. Macerie di case crollate, gatti, la campagna che scivola e preme dal rialzo occidentale, arginata da una storta rete metallica. E attorno le orbite vuote delle finestre attraverso le quali si intravedono gli interni abbandonati, gli intonaci stinti e scrostati, i tetti sbrecciati. Solo quattro famiglie abitano le case che si affacciano sulla piazza. Il Comune ha predisposto una illuminazione sfarzosa che accentua la suggestione scenografica del luogo: sembra di trovarsi in un grande palcoscenico, in quel luogo deputato alla messa in scena dell''illusione', di quella irrealtà allucinatoria che è la realtà dell'arte.
E' stato facile immaginare lo spettacolo. Bastava immaginare di fare buio, e nel buio un fascio di luce bianca che illuminava un balcone, una scalinata, un anfratto del grande palcoscenico dove la musica e le immagini, le parole, per un paio d'ore avrebbero creato l'illusione di una realtà tornata ad abitare il centro vuoto, l'anima abbandonata, perduta della città. E tuttavia non ci aspettavamo il successo che la serata ha poi avuto. Tutta quella gente, la piazza piena, subito immersa nelle luci colorate e nella musica ipnotica curate da Michele Dell'Aiera. Non lo avevamo previsto.
Non ci aspettavamo che lo spettacolo potesse cominciare prima dello spettacolo, quasi fuori della cornice, e che lo spettacolo fosse non l'illusione ma la realtà di quella piazza dove centinaia di persone si trovavano riunite, come trascinate dalle stesse sirene dell'arte, dell'illusione, ma al di fuori del loro inganno e della loro magia, fra i reali conci di tufo di quelle case.
Non ci aspettavamo che una folla di agrigentini avrebbe poi ascoltato rapita le parole su Rabato scritte dal suo più grande scrittore, da Settimio Biondi, che avrebbe ondeggiato sulle note dei cantanti e dei musicisti, che si sarebbe raccolta alla fine in silenzio, immobile e fremente, attorno al rullo dei tamburi di s. Calò.
E tuttavia il dubbio rimane, che sia trattato di un sogno, che siamo stati tutti dentro una cornice, che la magia di questa serata a Santa Croce sia stata il solito vecchio trucco dell'arte, il solito inganno.
Dipende da noi sciogliere il dubbio. Voglio dire noi abitanti, cittadini. Io penso che con persone come Lia Rocco, Beniamino Biondi, Michele Dell'Aiera, serate come questa di Santa Croce si possano e si debbano ripetere. In tanti altri luoghi del nostro centro storico, non meno invasi dalla struggente bellezza di Santa Croce. Questo si può e si deve fare. Ma uscire fuori dalle cornici, portare nella realtà il sogno dell'arte, di ciò che è possibile, è compito degli abitanti. E anche degli amministratori, perfino dei politici, che l'altra sera non si sono visti. Ma questo ce l'aspettavamo. Che non sarebbero venuti è l'unica cosa che l'altra sera avevamo pienamente previsto. E non soltanto perché non c'erano microfoni e telecamere a loro disposizione. Il loro realismo, come si sa, rifugge dai sogni e dall'illusione come le brave persone rifuggono dal peccato.
A commento dello spettacolo, Tano Siracusa ha inviato a Suddovest questa nota.
Com'è Santa Croce prima e dopo lo spettacolo?
Una severa chiesa settecentesca, una vasta piazza pavimentata, un grande silenzio. Macerie di case crollate, gatti, la campagna che scivola e preme dal rialzo occidentale, arginata da una storta rete metallica. E attorno le orbite vuote delle finestre attraverso le quali si intravedono gli interni abbandonati, gli intonaci stinti e scrostati, i tetti sbrecciati. Solo quattro famiglie abitano le case che si affacciano sulla piazza. Il Comune ha predisposto una illuminazione sfarzosa che accentua la suggestione scenografica del luogo: sembra di trovarsi in un grande palcoscenico, in quel luogo deputato alla messa in scena dell''illusione', di quella irrealtà allucinatoria che è la realtà dell'arte.
E' stato facile immaginare lo spettacolo. Bastava immaginare di fare buio, e nel buio un fascio di luce bianca che illuminava un balcone, una scalinata, un anfratto del grande palcoscenico dove la musica e le immagini, le parole, per un paio d'ore avrebbero creato l'illusione di una realtà tornata ad abitare il centro vuoto, l'anima abbandonata, perduta della città. E tuttavia non ci aspettavamo il successo che la serata ha poi avuto. Tutta quella gente, la piazza piena, subito immersa nelle luci colorate e nella musica ipnotica curate da Michele Dell'Aiera. Non lo avevamo previsto.
Non ci aspettavamo che lo spettacolo potesse cominciare prima dello spettacolo, quasi fuori della cornice, e che lo spettacolo fosse non l'illusione ma la realtà di quella piazza dove centinaia di persone si trovavano riunite, come trascinate dalle stesse sirene dell'arte, dell'illusione, ma al di fuori del loro inganno e della loro magia, fra i reali conci di tufo di quelle case.
Non ci aspettavamo che una folla di agrigentini avrebbe poi ascoltato rapita le parole su Rabato scritte dal suo più grande scrittore, da Settimio Biondi, che avrebbe ondeggiato sulle note dei cantanti e dei musicisti, che si sarebbe raccolta alla fine in silenzio, immobile e fremente, attorno al rullo dei tamburi di s. Calò.
E tuttavia il dubbio rimane, che sia trattato di un sogno, che siamo stati tutti dentro una cornice, che la magia di questa serata a Santa Croce sia stata il solito vecchio trucco dell'arte, il solito inganno.
Dipende da noi sciogliere il dubbio. Voglio dire noi abitanti, cittadini. Io penso che con persone come Lia Rocco, Beniamino Biondi, Michele Dell'Aiera, serate come questa di Santa Croce si possano e si debbano ripetere. In tanti altri luoghi del nostro centro storico, non meno invasi dalla struggente bellezza di Santa Croce. Questo si può e si deve fare. Ma uscire fuori dalle cornici, portare nella realtà il sogno dell'arte, di ciò che è possibile, è compito degli abitanti. E anche degli amministratori, perfino dei politici, che l'altra sera non si sono visti. Ma questo ce l'aspettavamo. Che non sarebbero venuti è l'unica cosa che l'altra sera avevamo pienamente previsto. E non soltanto perché non c'erano microfoni e telecamere a loro disposizione. Il loro realismo, come si sa, rifugge dai sogni e dall'illusione come le brave persone rifuggono dal peccato.
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