LA MONETA DI AKRAGAS di Chiara Ambrosini
Submitted by redazione on Tue, 01/03/2011 - 08:46
Che gli oggetti che ci circondano nella nostra quotidianità siano dotati di una vita propria e di capacità di autodeterminazione è una fantasia che comunemente pervade il nostro immaginario infantile.
Ebbene, di tali facoltà sembra provvista anche la “protagonista” del romanzo, “La moneta di Akragas”, una preziosissima quanto minuscola moneta d’oro, unica al mondo, coniata ad Akragas, l’antica Agrigento, intorno al 400 a.C. durante l’assedio dei cartaginesi.
Seguendo le peripezie di questa moneta la cui volontà sembra essere quella di scomparire nel nulla, Camilleri conduce il lettore in un viaggio nel tempo che attraversa i millenni e gli eventi.
La storia ha inizio durante la presa di Akragas da parte dei Cartaginesi, quando il mercenario Kalebas fugge con un sacchetto pieno di monete d’oro appositamente coniate che costituiscono la sua paga; sopravvissuto all’eccidio però Kalebas muore a causa del morso di una vipera ed il suo ultimo gesto è quello di scagliare lontano il sacchetto che porta con sé disperdendone il prezioso contenuto.
Per la seconda apparizione della “piccola Akragas”, il nome della moneta preziosa, dobbiamo aspettare duemilacentoquattordici anni, e il terzo capitolo del romanzo, quando durante il terremoto di Messina del dicembre 1908 il marchese agrigentino Stefano Longhitano dona la preziosa moneta all’ ammiraglio Litvinov, comandante della flotta russa del Baltico e fortuito coordinatore delle operazioni di soccorso alla popolazione, nonché salvatore della moglie di Longhitano, Angela.
Litvinov accetta il dono del marchese ma solamente al fine di regalare a sua volta la “piccola Akragas” allo Zar, appassionato numismatico.
Passa solo un anno ed uno zappatore di Vigata, Cosimo Cammarota, rinviene nel terreno che sta lavorando un’altra moneta sorella di quella che ormai fa bella mostra di sé nella collezione dello Zar, e ignorandone completamente l’immenso valore ha intenzione di regalarla al medico condotto di Vigata, il dottor Stefano Gibilaro, per sdebitarsi del fatto che il dottore anni prima gli aveva salvato una gamba dalla cancrena e dall’amputazione certa.
Iniziano qui vicende alterne, comprensive di furto ed omicidio, che convincono sempre più il dottor Gibilaro della teoria “…della volontà della moneta di scomparire per sempre…” tanto da fargli dichiarare, quando finalmente la moneta sta per entrare in suo possesso “…Io mi rimetto a quello che deciderà di fare la moneta….”
E la moneta deciderà di entrare a far parte della collezione di un diplomatico straniero che la riceverà in dono niente di meno che da sua maestà il Re Vittorio Emanuele II, al quale il dottor Gibilaro la cederà senza pretendere né ottenere nulla in cambio tranne la nomina inaspettata a Grande Ufficiale della Corona d’ Italia.
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