DOPO LA ROTTURA CHE VUOLE FINI? di Giovanni di Girgenti
Submitted by redazione on Sat, 07/08/2010 - 14:28
Consumato il distacco da Berlusconi, che maturava da un anno, adesso Fini non può stare fermo aspettando chissà cosa. E’ molto difficile per lui conciliare la radicalità delle sue critiche a Berlusconi sul tema della legalità, della democrazia interna al partito e sugli equilibri istituzionali con la dichiarata permanenza nella maggioranza di governo.
Non si può dare un pugno temendo di far male: si rischia di lasciare intatte le forze avversarie, di incattivirle senza creare i presupposti di una adeguata difesa e di una controffensiva.
Il pestaggio mediatico cui è sottoposto Fini ne è un segno eloquente.
Al punto in cui si sono spinte le cose la distanza di Fini da Berlusconi non può che essere distanza dal suo governo.
E un tale passaggio non apparirebbe un tradimento del voto solo se Fini avesse la forza di denunciare il continuo travisamento di Berlusconi del mandato elettorale sull’altare dei suoi interessi personali e aziendali.
Senza questo passaggio, senza questo rovesciamento di responsabilità su Berlusconi, non vedo come Fini possa continuare a pensare di reggere la sproporzione tra lo sconquasso politico che ha creato con le sue posizioni e il suo permanere nel recinto della maggioranza.
Legalità, equilibri istituzionali, unità della patria sono ragioni sufficienti per giustificare la rottura del patto elettorale e per invocare una nuova stagione politica.
Le forze di opposizione invece di stare a guardare dovrebbero chiedere a Fini questo ulteriore passaggio, offrendo una base politica che non può che essere di tipo costituente: chiamare cioè tutte le forze politiche ad un nuovo patto nazionale che riscriva alcune regole per dare alle istituzioni capacità di governo e ai cittadini nuove garanzie di libertà.
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