ADRO: LA LEGA CONTRO LE TRADIZIONI ITALIANE ( E PADANE) di Giovanni di Girgenti

Cosa si scatena nella mente di una madre italiana, povera, che paga, con difficoltà, la retta della mensa di Adro quando vive come un'offesa, al suo senso del diritto e alla sua dignità, il gesto di un concittadino che versa soldi a beneficio dei bambini delle famiglie morose?

Le abbiamo viste queste madri inferocite contro le 'furbe' extracomunitarie. Povere contro poverissime. Italiane contro immigrate. Attenzione: non si chiedeva loro di pagare di più a favore dei figli di immigrati, no, solo di accettare come un dono il gesto del benefattore. Niente. Si sentono offese dal suo gesto. Perché?
Si potrebbe dire perché non vogliono tra i piedi i bambini immigrati e il benefattore ha impedito questo esito. Cioè si son viste vanificare la possibilità di praticare il loro razzismo senza doverselo confessare: vadano via, non pagano dunque non possono stare con noi; nessun razzismo ma solo invocazione di regole da rispettare.
Se così fosse non c'è nessuna via d'uscita all'interno del perimetro della mensa perché la questione, il razzismo, avrebbe origini e manifestazioni ben più complesse.
Supponiamo invece che non di razzismo si tratti, ma di cattiva informazione e di improvvida gestione amministrativa da parte del sindaco.
Mancano soldi alla mensa, alcune famiglie non pagano le rette.
Una cultura di accoglienza come avrebbe gestito la cosa? Il sindaco non leghista cosa avrebbe fatto?
Accertata la impossibilità del pagamento delle rette, quindi la non presenza di furbi, come si doveva affrontare la crisi?
Renzi, Civati e Serracchiani ad Annozero non sono riusciti ad andare oltre l'imprecazione di 'razzisti'. Non avevano le parole per dialogare con quel popolo smarrito.
Forse sarà stato il mezzo televisivo. Ma fino a quando in questo ambito non riusciremo a trovare slogan riassuntivi della nostra narrazione saremo destinati alla subalternità politica. Eppure abbiamo argomenti da quali trarre slogan.
La mensa è un'istituzione pubblica a servizio di una scuola pubblica.
Sta nella nostra più profonda tradizione, quella cattolica solidaristica e quella socialista e comunista, l'idea che laddove il singolo non riesca ad affrontare le spese relative ad un servizio pubblico lo stato, nelle sue varie articolazioni, e/o benefattori, debbano o possano intervenire per garantirlo.
E' stato così, in gradi sempre maggiori, dalla fine dell'ottocento in qua. Pensiamo al diritto allo studio: se fosse passato il principio che la scuola se la paga la famiglia, quanti ragazzi avrebbero adempiuto all'obbligo scolastico? Se passasse il principio che le spese sanitarie vanno coperte dalle famiglie, quanti malati si potrebbero permettere anche banali operazioni di tonsillectomia?
Questo stesso principio si deve applicare alla mensa di Adro: le rette vanno pagate, come principio. Ma innanzitutto il pagamento delle rette non copre interamente il costo della mensa, dunque vi è un intervento integrativo pubblico, e poi, laddove non ce ne siano le condizioni soggettive, lo stato o i benefattori intervengono. E ne godono in prima battuta le famiglie in difficoltà, ma indirettamente tutti perché aumenta in questo modo la coesione sociale, la qualità dei rapporti interpersonali, l'eguaglianza delle condizioni di partenza. Perché un discorso del genere non viene fatto? Perché limitarsi a gridare al razzismo e non invece riproporre nella sua interezza il senso di un cammino storico di emancipazione alimentato dalle grandi culture popolari? Qui va sconfitta la lega e la sua negazione della tradizione, delle radici. Capovolgendo il suo sbandierato radicamento, mostrando la sua cultura come una sua negazione assoluta.
 
 
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