PERCHE' SPARTACO ERA UN EROE E I NERI DI ROSARNO SOTTOUOMINI? di Tano Siracusa

Dunque c’è stata troppa tolleranza. Lo sostiene il ministro Maroni, commentando a caldo i fatti di Rosarno. Le dichiarazioni del ministro hanno preceduto di poche ore la caccia ai neri, o ai negri come preferisce chiamarli la stampa di destra.

Si capisce che il ministro si riferiva a loro, agli immigrati clandestini, agli schiavi, e non a chi li ha ridotti in schiavitù. Si riferiva agli schiavi che si erano sollevati in una sommossa cieca, disperata, violenta, come sono sempre le sommosse degli schiavi.
Ormai è questo il clima in Italia, un clima da ronde razziste, da America di ottanta anni fa, da parole buttate lì che non significano niente, che hanno perso ogni riferimento alla realtà. Parole come tolleranza, buonismo, sicurezza, che esercitano sulle masse un potere ipnotico, un riflesso di paura, del tutto autonomo dal significato di quelle parole, dalla loro funzione semantica. Un paese dove la notizia non è che a Rosarno da anni lavorano degli schiavi, ma il fatto che gli schiavi si siano ribellati. Dopo che dei ragazzi avevano sparato su di loro con armi ad aria compressa, si sono ribellati.
Adesso il sistema mediatico scoprirà che il vento della Lega è arrivato nel sud del paese, che ha oltrepassato la linea delle palme. Chissà. Certo qui si è aggiunto ad altri venti, ha soffiato nella loro direzione.
Il sindaco di Treviso dichiarava qualche anno fa che bisognava sparare ai negri come alle lepri.
E’ stato fatto, ma in Campania, in Calabria, e potrebbe succedere domani in Sicilia, in Puglia, nella vasta terra delle mafie, della tratta degli schiavi, del mercato di braccia umane alla luce delle sole, 25 euro al giorno e 5 di pizzo, pare, da pagare alla ‘ndrangheta, dei capannoni dismessi dove gli schiavi della raccolta vivono ammassati senza servizi igienici, senza docce, fra i topi.
E’ stato fatto in questi anni. Si è sparato sui neri per rappresaglia, per sbaglio, per gioco. Con gli schiavi si può fare, con i sottouomini. Gli stessi che vengono intercettati nel canale di Sicilia dalle nostre navi e rispediti in Libia, nell’inferno delle carceri di Gheddafi. Si può fare, anche se lo vieta i diritto internazionale, anche se a bordo di quelle navi bisognerebbe accertare la provenienza dei migranti, quanti di loro hanno diritto all’asilo per ragioni politiche o umanitarie.
Bisogna essere cattivi con i clandestini, aveva detto Maroni qualche mese, durante il lancio mediatico della politica dei respingimenti, quando ancora la destra italiana non si era accorta di essere la destra dell’amore. C’è stata troppa tolleranza, dice adesso.
Eppure la vita dei clandestini è dura, è stata resa davvero molto dura: braccati dagli uomini in divisa, dallo Stato, da un sistema dell’informazione ostile, nell’impossibilità di avere una casa, un lavoro regolare, il nuovo esercito degli schiavi viene arruolato dalle mafie e da una imprenditoria culturalmente permeata di mafiosità, per la quale il rispetto delle regole è pura coglioneria.
Siamo stati troppo tolleranti, dice il ministro. E viene difficile immaginare cosa ancora si sarebbe potuto inventare per rendere la vita di centinaia di migliaia di schiavi in Italia più dura. E’ già così una vita di uomini senza diritti, che ad ogni angolo di strada possono essere acciuffati e sbattuti dentro, come è successo ad Agrigento a giugno, ricattabili, spaventati. Uomini-lepre, che scappano, che si nascondono, da sparare. Ma anche uomini-braccia a 25 euro a giornata per dieci, dodici ore di lavoro, e niente sindacati fra i piedi, niente politici, niente uffici del lavoro, contratti, burocrazia, niente poliziotti o giudici, solo qualche prete rompicoglioni, qualche gruppo di volontari, ogni tanto qualche giornalista. Un affare per tutti.
Troppa tolleranza, dice il ministro. Ma le parole di Maroni non significano niente, perché l’unica manifestazione di una ulteriormente diminuita tolleranza nei confronti dei clandestini potrebbe solo essere la loro effettiva espulsione dal territorio nazionale, cioè il collasso di una vasta area di economia illegale nelle regioni dove spadroneggiano le mafie.
Questo governo vuole davvero provare a smantellare il sistema dell’economia illegale? A sconnetterla dal sistema dell’economia legale?
Molto più semplice, elettoralmente redditizio, fare un po’ di voce grossa quando gli schiavi fanno casino.
E’ facile perciò prevedere che il loro esercito rimarrà in Italia, ai bordi delle nostre città, nelle loro bidonvilles, braccati dallo Stato, stritolati dall’ economia illegale, e circondati da comunità intere di italiani, di meridionali, che ritengono normale la loro vita di schiavi, che li trattano da schiavi, che li sfruttano e che li temono. Perché quella massa amorfa di straccioni può anche incendiarsi, è comunque minacciosa. Resteranno ai margini delle città, si faranno sfruttare, maltrattare, irridere, sparare, ogni tanto marceranno nelle vie del centro, per alcune ore sfasceranno tutto e poi subiranno la caccia al nero da parte di intere comunità inferocite, appena si sarà spento il fuoco della sommossa, subito dopo le parole di un ministro leghista.
Quello che è successo a Rosarno era già successo e tornerà a succedere, proprio perché per il governo il problema sono gli schiavi e non il sistema schiavistico che le sue stesse leggi hanno contribuito in modo tanto efficace a costruire.
I fatti di Rosarno riguardano tutti. Ci chiamano in causa tutti. Perché Rosarno potrebbe essere in Sicilia, nel nostro territorio. Perchè è un caso che non sia successo a Lampedusa in questi anni quello che oggi succede in Calabria. Perché il vento della Lega è da molto tempo che soffia al di qua della linea delle palme, e soffia nella stessa direzione dei venti delle mafie, di un senso comune mafioso e di interessi materiali illegali sempre più diffusi.
 
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