AMICI di Vito Bianco
Bella faccia tosta, bell'amico che era con questa stupida testardaggine, questo cambiare discorso, questo incredibile negare la testimonianza veridica di tre persone che peraltro sono sempre state sue amiche fin dai tempi delle scuole elementari e forse anche prima, uno di noi di sicuro anche prima, e dunque che bisogno c'era, quale godimento perverso gli dava quel negare e negare, fare no con la testa con la faccia di chi non vuole assolutamente sentire ragioni, di chi non vuole ammettere d'essere rimasto sotto la pioggia nonostante che a poche decine di metri ci fosse un riparo, la pensilina di un'edicola di giornali, continuando a bagnarsi e dicendosi che tanto si era già bagnato e che litro più litro meno ormai il danno era fatto e che se doveva ammalarsi si sarebbe ammalato, e poi non poteva correre il rischio di non vederla arrivare o che lei non vedesse lui, non se lo sarebbe mai perdonato, e così il povero Piero aveva continuato a far la sentinella peripatetica su e giù ma sempre e stoicamente a favore d'acqua, e di grandine, e poi di nevischio, l'aveva detto lui, con la sua propria lingua ora diventata lingua biforcuta, che dopo la grandine era arrivato il nevischio e che dopo un'ora di lei, della ragazza, come si chiamava, Leana, Liana...Eliana, non si era vista neppure la forfora o il profumo o la s di pezza o la risata stonata di gallina, insomma niente, neanche l'ombra, e che lui allora aveva cominciato a sospettare che forse non sarebbe venuta (bella forza: aveva un'ora di ritardo: e venivano giù i sette cieli), ma che comunque aveva deciso di restare ancora un po' per principio e perché non si poteva mai sapere, un contrattempo, un ritardo dell'autobus, una storta che ne avesse rallentato il passo, o voleva negare anche questo, voleva forse negare di aver parlato dell'autobus e della storta?; ah, meno male, questo per fortuna non lo negava...; ah, lo negava, incredibile, negava anche questo: secondo lui ancora una volta noi, i suoi amici, i suoi unici amici ci saremmo messi d'accordo, forse siamo sordi anche adesso, oppure rincoglioniti e domani o tra un mese avrebbe detto che questa conversazione non si era mai svolta, l'avrebbe detto col tipico e insopportabile tono professorale, scandendo le parole, avrebbe detto: ''Vorrei farvi notare che la conversazione di cui andate blaterando non ha mai avuto luogo; forse ve la siete sognata''; così come ci siamo sognati di avergli detto chiaramente a senza possibilità di equivoco che la conoscevamo quella Leana, e proprio in risposta ad una sua precisa domanda, o per meglio dire la conosceva bene uno di noi, piuttosto bene a dire il vero, dato che giusto mentre lui passeggiava come un milite sotto la pioggia e poi grandine e poi nevischio (neve vera e propria no, ci pare), Liana o Leana o come accidente si chiamava era a casa con noi, beh, non con tutti e tre, con uno solo, e lui doveva crederci sulla parola se era, come diceva di essere, come aveva sempre detto a destra e a manca nostro amico: sinceramente non ce lo ricordavamo chi era di noi tre, eravamo pronti a giurarlo semmai ce ne fosse stato bisogno, ma vedevamo dalla sua espressione che non ce n'era bisogno, e questo ci rincuorava, non sapeva quanto.
In fondo era un bravo ragazzo, non saremmo stati così amici se lui fosse stato cattivo; e a quel punto uno di noi disse, un po' commosso, ''Vieni, fatti abbracciare'', e così, non so come, ci ritrovammo tutti e quattro abbracciati, anche se lui, notammo, era un po' rigido – la commozione, forse; o la sua benedetta difficoltà a manifestare i sentimenti.
Ecco fatto, pensammo; è proprio vero che nulla vale quanto l'amicizia.