A QUANDO UN PIANO CASA PER IL CENTRO STORICO? di Enzo Camilleri
Dopo un anno di lanci mediatici, finalmente vedono la luce il Piano casa
Berlusconi ed il piano casa della Regione Siciliana. Il primo interviene sui
grandi programmi ma con scarse risorse finanziarie, dunque più parole e meno
fatti. Il secondo è in linea con quello che i cittadini hanno appreso dalla
stampa e, cioè, la promessa di consentire l´ampliamento percentuale in misura
consistente degli immobili residenziali, in presenza di certi requisiti.
Non parlerò né dell´uno né dell´altro, ma vorrei fare una riflessione sugli
effetti del "Piano Casa" regionale sul nostro centro storico.
La legge regionale, presentata dalla Giunta all´ARS ed in corso di
approvazione, non potrà consentire il superamento dei vincoli di zona "A" ed in
conseguenza non permetterà alcun ampliamento all´interno delle aree del centro
storico.
Il cittadino sarà, quindi, portato ad investire i propri risparmi sulle case
non vincolate e potrà farlo anche sugli immobili abusivi, previa completa
regolarizzazione. La logica mi fa pensare che per un certo e lungo periodo
diminuirà l´interesse all´investimento nel centro storico ed al recupero dei
fabbricati civili.
Questo, però, è anche il periodo in cui l´amministrazione comunale ed un
corposo fronte di istituzioni ed organismi associativi e, più in generale, la
nostra classe dirigente programmano e progettano di riqualificare e rendere
vitale per cittadini e turisti il centro urbano, partendo proprio da azioni
energiche per il recupero del centro storico.
Il programma di riqualificazione elaborato e sottoscritto da Comune,
Istituzioni, Curia, Università, Ordini di architetti ed ingegneri sotto l´
ombrello del piano strategico ne è piena testimonianza. Il Comune di Agrigento,
trasformerà in progetti definitivi il rifacimento di piazze, vie, immobili
storici, si impegnerà in accordi per migliorare le reti delle acque e per la
raccolta differenziata, investirà nella valorizzazione culturale dei beni come
ha concretamente dimostrato di voler fare.
Ma, una vera rivitalizzazione di un centro storico, abbandonato, ridotto ad
un colabrodo, ormai periferico, si potrà avere se, in concomitanza con gli
interventi pubblici sulle infrastrutture ed urbanizzazioni primarie, il
cittadino troverà conveniente andare a vivere lì, e non solo per trasferirvi la
propria residenza, ma anche per le attività produttive, di commercio, per
azioni culturali, per passeggiare, portare i figli a scuola, fare la spesa,
chiacchierare in piazza all´ombra di un olivo o di un carrubo.
Abbiamo il dovere di occuparci di questo. Bisogna rendere interessante e
competitivo investire negli immobili del centro storico, pur in assenza delle
facilitazioni promesse con il Piano Casa. Il consiglio comunale ha,
recentemente, approvato un emendamento su proposta del presidente Callari per
limitare il costo del danaro in alcuni casi di ristrutturazioni in centro
storico. E´ un giusto segnale, ma non basta.
Accanto a queste forme incentivanti, occorre un vero programma di
valorizzazione del territorio, magari, individuando alcune zone omogenee,
proprio dove il recupero delle unità abitative può dare un maggiore valore
aggiunto ai piccoli proprietari ed ai nuovi investitori. Occorre confrontarsi
con le forze economiche sane che possono impegnarsi finanziariamente nelle
iniziative più complesse ed importanti, che prevedano residenze, asili, scuole,
servizi e parcheggi. E poi comunicare. Informare e comunicare. Confrontarsi e
discutere.
Oggi la società non consente più di racchiudere i propri propositi entro
poche mura. Esserne ancora gelosi al sommesso grido "meglio non fare niente che
vederlo fare ad altri".
La società si evolve con la circolazione delle idee, dei progetti, con il
valore aggiunto dell´apporto altrui. Per noi agrigentini questo è un dramma. La
nostra frustrazione è massima. Se uno dice che ha pensato oppure che vuole fare
una cosa, altri gli faranno sapere o riferiranno che l´iniziativa è loro. E´
stata già "pensata". Oppure, non se ne parlerà proprio, si dirà che è un´eresia
ed effettivamente forze inspiegabili ostacoleranno il volgere positivo degli
eventi e quegli non riuscirà nel suo intento. Il suo commiato dall´iniziativa
sarà "in questa terra del non fare non farò più niente".
Contrariamente a questa concezione della vita, nell´ascoltare la gente comune
e quelli che hanno ruoli responsabili, devo dire che, dopo il primo approccio
sul tempo che fa e sul tutto va bene ma ti pare, ad un affondo, tutti hanno
qualcosa nel cassetto, la voglia di fare, di esserci. Il desiderio confessato
di smetterla con la critica fine a se stessa. L´orgoglio di poter avere fiducia
nel riscatto proprio e di una città che merita di più.
In conclusione, dobbiamo sollecitare questo senso comune che tutti noi
esprimiamo, colpire al cuore un modo di essere che, perdurando, porterà i figli
di questa terra molto lontano.
Tornando al tema trattato, una classe dirigente, che tale vuole essere, non
può non preoccuparsi degli effetti di un disinteresse della gente verso il
recupero del centro storico: da un lato si proclamano ai quattro venti i grandi
investimenti pubblici sul centro storico, dall´altro la gente potrebbe
percepirlo come una cosa distante dai propri particolari interessi economici,
catalizzati verso tutt´altri orizzonti residenziali.