CON DON FRANCO UN NUOVO CLIMA IN CITTA'. SE NE ACCORGERA' LA SINISTRA? di Tano Siracusa

Nel suo consueto editoriale domenicale su ‘la Repubblica’ Eugenio Scalfari registrava ‘un’inusuale attenzione al laicismo’ da parte dei tre candidati alla segreteria del PD. Non si può che condividere il compiacimento di Scalfari. C’è però da chiedersi se, alzando la bandiera del laicismo (le bandiere sono comunque simboli semplificanti), non si corra anche il rischio di negare implicitamente la ricchezza e la complessità della realtà cattolica in Italia e nel mondo.

E’ questa una tentazione molto presente oggi nella sinistra , soprattutto nel PD, lacerato sulle questioni eticamente sensibili fra imbarazzanti posizioni neoconservatrici e istanze laiche che agganciano l’area radicale.Questo piano di discussione e di scontro ha finora paralizzato non soltanto l’iniziativa politica di tanta parte della sinistra, ma anche la sua capacità di analisi sul ruolo che la Chiesa sta esercitando su altri versanti della crisi contemporanea.

Se oggi esiste nel nostro paese un punto di resistenza culturale forte alla politica governativa sull’immigrazione, ad esempio, è difficile negare che questo punto di resistenza sia soprattutto dentro la Chiesa e il mondo cattolico. E se oggi viene avanzata una critica radicale ad un modello economico fondato sullo spreco delle risorse da parte di pochi e sulla estrema scarsità delle risorse disponibili per un terzo dell’umanità, questa critica proviene da molti ambienti culturali, scientifici, politici, ma anche dall’interno della Chiesa e del mondo cattolico. Certo, non sempre con la coerenza e la radicalità espresse da alcuni suoi esponenti, a volte dotati anche di un alto profilo istituzionale, o con la spregiudicatezza di certi ordini missionari. Ma è proprio con la grande risorsa culturale e morale di questi settori della Chiesa che certi apriorismi laicisti rischiano di non entrare in relazione, neppure in una relazione conoscitiva.
D’altra parte la Chiesa è sempre stata divisa al suo interno fra il compromesso con la Storia e le istanze profetiche, fra un feroce pragmatismo e l’utopia del Regno.
L’opposizione ai fondamenti individualistici, essenzialmente egoistici, dell’economia di mercato è parte costitutiva della storia della Chiesa, ed è stata declinata non soltanto in chiave reazionaria, di complessivo contrasto alle forme della modernità, ma anche rivoluzionaria, in una fertile connessione, soprattutto novecentesca, con movimenti culturali e politici di ispirazione marxista. In America Latina soprattutto, ma anche in Europa.
Nel panorama attuale, caratterizzato dal rischio di un generale collasso ecologico, dal crescente impoverimento delle masse più povere del pianeta, da una crisi finanziaria, economica e sociale provocata dal fallimento delle politiche neoliberiste, da un generale disorientamento culturale, in questo contesto privo di rassicuranti schemi ideologici di destra e di sinistra, consistenti settori della Chiesa cattolica assumono un ruolo di importante riferimento ideale e operativo.
E’ così ad Agrigento, con una evidenza che soltanto la presbiopia di certa sinistra riesce a non cogliere. Una sinistra non si capisce quanto accigliatamente laicista o semplicemente introflessa, paralizzata dalla propria ipertrofia burocratica, e sostanzialmente dimissionaria.
L’arrivo del nuovo arcivescovo, don Franco Montenegro, ha infatti creato in città un clima nuovo, una proiezione della Chiesa agrigentina fuori di sé, fra i soggetti maggiormente investiti dalla crisi mondiale e dalle politiche governative, primi fra tutti gli immigrati extracomunitari, che ha già suscitato un fervore operativo insolito ad Agrigento e una inedita collaborazione fra gruppi di cattolici e gruppi e associazioni appartenenti per lo più ad una sinistra sciolta, fluttuante per anni in modo sostanzialmente inconcludente al di fuori dei partiti.
Ci sono state manifestazioni contro i respingimenti, riunioni affollatissime per organizzarle, ma anche serate a discutere animatamente di fede, di cristianesimo e di s. Calò fra don Luigi Mazzocchio e decine di persone assai diverse fra loro, agnostici, atei, miscredenti, cattolici praticanti. Ci sono stati momenti di tensione molto alta con le forze dell’ordine in occasione degli arresti di alcuni immigrati il 10 giugno, quando un prete, padre Gaspare, missionario comboniano, ha detto forti e chiare le parole di indignazione e condanna che andavano dette. C’è stato un incontro sollecitato dall’arcivescovo Montenegro fra tutti i gruppi, le associazioni, le realtà ecclesiastiche e laiche che operano sul fronte dell’immigrazione, ed è stata una straordinaria occasione di reciproca conoscenza, di scambio di informazioni, di analisi della realtà territoriale.
E poi c’è stata l’omelia di don Franco Montenegro il 5 Luglio.
L’omelia dell’arcivescovo durante la messa che ha preceduto la processione di s. Calò ha costituito il momento più alto di questo intenso mese di mobilitazione civile, ideale e morale.
Un intervento di importanza storica per la Chiesa agrigentina , da sempre in imbarazzo con un culto popolare che ha mostrato di subire, e al quale adesso si relaziona in modo suggestivo e fertile profilando il Santo e il suo popolo festante contro lo sfondo dell’esclusione e del respingimento. Ma soprattutto una grande riflessione sulla identità collettiva della città , sul suo modo di porsi nei confronti di un grande dramma contemporaneo, che per ragioni storiche e geografiche ha scelto Agrigento come uno dei principali palcoscenici.
Un discorso di altissima ispirazione ideale e morale e perciò anche di grande concretezza, subito segnalato dai media nazionali, che non ha però suscitato reazioni pubbliche in città.
Nessun comunicato stampa, nessun plauso o ringraziamento pubblici (se si esclude la lettera aperta di Enzo Campo a nome di Altri Sud) da parte di chi in città avrebbe dovuto esultare per le parole dell’arcivescovo, per la condanna semplice e netta del cattivismo leghista, di questa cupa atmosfera di paura e cinismo che è calata sull’Italia.
Nessun apprezzamento pubblico da parte di quella sinistra agrigentina interna ed esterna ai partiti, burocratica e libertaria, che si accorge finalmente di esistere in occasione delle campagne elettorali e delle battaglie congressuali.
Non sembra accorgersi questa sinistra , attraversata da ‘un’inusuale attenzione al laicismo’, come al centro dello scontro oggi, ad Agrigento e nel mondo, ci siano proprio i grandi temi indicati da uomini come don Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. E non la conta delle tessere fra Marino, Bersani e Franceschini, candidati tutti più o meno laici alla segreteria del PD.
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