IL POSSIBILE DECLINO DEL SIGNOR B. di Giovanni di Girgenti

Lo dirò brutalmente: il voto europero in Italia può segnare l'inizio del declino di Silvio Berlusconi. Mi affido ai dati: alle europee Berlusconi ha perso non solo rispetto alle sue aspettative, ma anche rispetto ai voti reali. Il Pdl ha perso 2,1 punti rispetto alle politiche dello scorso anno e la coalizione, includendovi tutti i potenziali voti della destra, si ferma al 49,0% contro il 49,4 dello scorso anno.

Il centrosinistra passa dal 42,0 dello scorso anno al 43,5 delle europee.
La distanza tra i due schieramenti si è dunque accorciata.
Chi misura la possibilità di un riscatto dalla destra con la crescita di un solo partito ( quello a vocazione maggioritaria) certamente si troverà nello sconforto; chi invece non ha mai creduto in questa possibilità, o, il che è quasi lo stesso, non l'ha mai desiderata, nel voto europeo vede molte ragioni di speranza.
Il popolo italiano non si è consegnato a Berlusconi e ai suoi progetti eversivi. Anzi, nonostante il bombardamento senza alcun limite delle sue televisioni, ( il Censis ha ricordato pochi giorni fa l'influenza decisiva della televisione nell'orientamento del voto della stragrande parte dei cittadini italiani) Berlusconi ne esce molto male e il suo carisma mi sembra semplicemente evaporato.
Prendiamo un altro esempio, il voto nella città di Roma.
Gridano i propagandisti della destra: a Roma il Pdl è il primo partito!
Vero: e qual è il premio che gli spetta?
Ragioniamoci. Il Pdl alle europee nella città di Roma prende il 38,6, il Pd il 31,6.
Lo scorso anno il Pdl aveva avuto il 39,4, dunque perde quasi un punto nonostante il sindaco e il governo. Il Pd perde 7 punti, in realtà 3 perché vanno tolti i voti radicali che alle europee sono confluiti in una lista autonoma che ha preso il 4.0% di voti.
Ma il dato politico, spendibile anche per le future regionali e per le eventuali comunali, è che la possibilità di espansione del voto della destra, inglobando ogni voto di quell'area ( Forza nuova, Destra e Fiamma), si ferma a quota 41,9, mentre la possibilità di espansione del voto del centrosinistra ( sommando cioè tutti i voti di quell'area) arriva al 52,9 esattamente 3 punti in più rispetto alle politiche dello scorso anno. E l'Udc col suo 4,4 sarebbe irrilevante, mentre col voto dello scorso anno era determinante fermandosi la coalizione potenziale di centrosinistra al 49,9 e quella di centrodestra al 43,4.
Alle stesse conclusioni si arriva se si prendono i dati dei singoli municipi di Roma.
Perché nell'area del Pd nessuno sembra sottolinearne il valore?
Nel Pdl invece, aldilà delle dichiarazioni immediate di propaganda, si ha piena consapevolezza della questione. Non è un caso che qualcuno ( Cicchitto per esempio) invoca già da ora un nuovo rapporto con l'Udc perché ha capito che l'arretramento del Pdl e il prosciugamento della destra non danno nessun'altra sponda per i prossimi appuntamenti elettorali se non dalle parti dell'Udc. Nei comuni, nelle province e nelle regioni il voto utile resta ancora quello coalizionale.
Non lo capisce il gruppo dirigente del Pd che potrebbe archiviare tranquillamente il sogno bipartitico e puntare ad una nuova forma di Ulivo, più laico, più libertario e più sociale.
L'alternativa a tale ipotesi non può che guardare al centro e a Fini sperando in una immediata uscita di scena di Berlusconi e scontando la formazione di una opposizione di destra con la Lega e di una di sinistra con Di Pietro e ciò che resterebbe della area ex comunista.
categorie: