QUEL 12 APRILE di Vincenzo Campo
Submitted by Suddovest on Sun, 19/04/2009 - 21:36
Quel 12 aprile 2008, al Pasolini, non c'ero e appresi della nascita di Suddovest con un messaggio di posta elettronica di Giovanni Taglialavoro; entusiasta, lessi il ''chi siamo'' e vidi la bella fotografia – bella per le facce che rappresenta - che lo corredava; mi feci un'idea di quello che doveva essere questa ''cosa'' che nasceva e, di cuore, augurai a Giovanni che potesse avere lunga e bella vita. Tutto quello che ho scritto per Suddovest ha avuto l'onore d'essere pubblicato e la mia collaborazione è stata improntata all'idea che del blog io mi ero fatto.
Ora Giovanni, che fra i padri che erano al Paolini è, credo a buon titolo, il più padre, fa un bilancio e in qualche passo mi pare amareggiato; mi pare un padre deluso, il Giovanni del ''buon compleanno''; s'aspettava di più. Giovanni è così: da se e dalle sue cose vuole il massimo, è entusiasta nella progettazione, e se il massimo come l'ha pensato non l'ottiene tende a deprimersi.
Per la verità, Suddovest, col crescere, se non ha raggiunto gli obbiettivi che suo padre gli aveva prefissato, non è stato e non è diventato neppure quello che io mi ero immaginato; ma io non ne sono stato padre, neppure in minima parte, e non ho da dolermi di nulla e certamente non del suo non somigliare all'idea che arbitrariamente di ''lui'' m'ero fatto.
Per la verità, a restare nella metafora della filiazione, e a ben pensarci, se Giovanni è padre, io sono ''Suddovest'', un pezzo di figlio, uno di quelli che ha contribuito a farglielo crescere fuori, al di là e forse anche contro le sue aspettative. Per esempio, sulla questione della candidatura di Giandomenico Vivacqua, io sono fra quelli che s'è sparato a sostenerla e perciò, che fosse o non nelle mie intenzioni, ho contribuito a far assumere a Suddovest quella connotazione politica che invece non si voleva che avesse. Mi assumo in pieno la responsabilità e non me ne dolgo. Mi dolgo piuttosto del fatto che quella candidatura non ha sortito nessuno degli effetti che io speravo, che s'è bruciata ancora una volta un'esperienza; che, come spesso ho fatto nella mia vita, ho partecipato, stupidamente attivo, a un rito nel quale s'è immolato un agnello sacrificale a beneficio di un dio che non ho ancora capito quale fosse. Questo è un altro discorso e cerco di tornare all'argomento: perciò sottolineo che, in realtà, non avevo capito o forse soltanto saputo nulla delle intenzioni, dei progetti e delle aspettative di Suddovest; e forse, se avessi capito o saputo non avrei partecipato contribuendo, forse, a far deviare il sito dal suo cammino ''naturale''.
La sua nascita partiva, apprendo ora dall'analisi per la quale ad Agrigento, fra le altre e insieme alle altre, esisterebbero due aree rispetto alle quali Suddovest avrebbe dovuto porsi come il luogo privilegiato di confronto. Una delle due aree sarebbe costituita dalla sinistra intellettuale e l'altra da uno schieramento democratico-moderato.
Bene. Io nego che queste due aree esistono, non sono capace d'individuarle attribuendo nomi e cognomi agli appartenenti, non avrei saputo e tuttora non saprei in quale delle due collocarmi, non avrei perciò condiviso il progetto e non ci avrei lavorato; la situazione, dal mio punto di vista, si aggrava se presupposto del progetto era o è il considerare addirittura ''magico'' il momento dell'elezione a sindaco della Città di Marco Zambuto. Quello che penso di quella vicenda elettorale è tutt'altro che positivo, l'ho espresso pubblicamente più volte, da ultimo in risposta ad un articolo di Giovanni di Girgenti (http://www.lavalledeitempli.net/riflessioni/il-mio-voto-libero) e non posso tediare nessuno nel ripeterlo ancora.
Vedevo Suddovest, piuttosto, come elemento d'aggregazione di un'area la più vasta possibile che, al di là indipendentemente dalle appartenenze avrebbe potuto diventare e porsi come alternativa ai gruppi di potere dominanti, e dominanti da troppo tempo pur nell'apparente variare delle sigle. Insomma mi pareva che fosse stato progettato il collante che avrebbe potuto costituire il rimedio alla frammentazione o addirittura polverizzazione delle intelligenze variamente democratiche di questa Città; mi pareva che fosse stato creato una sorta di laboratorio per l'elaborazione d'idee con prospettiva strategica e non soltanto tattica; mi pareva che si sarebbero dovuti ripescare principi e valori e discutere d'essi piuttosto che dell'opportunità del momento.
Ma su questo, mi pare torniamo ad essere perfettamente d'accordo, io e il Padre fondatore, perché, in realtà io ripeto ciò che egli già dice quando auspica che il sito diventi ''il luogo, uno dei luoghi di elaborazione, di proposizione e di iniziativa per una nuova coscienza democratica senza ideologismi ed esclusivismi''; ma mi pare velleitario aspettarsi che questo avvenga col placet dei gruppi dirigenti che hanno, ammettiamolo!, il solo interesse ad auto- conservarsi e perpetuarsi all'infinito. E se forse è vero, ma non ne sono del tutto convinto, che i giovani preferiscono siti facebucchiani è anche vero che i giovani sono assai meno inclini di noi al compromesso e preferiscono il parlare diritto, quello per il quale il dire dev'essere sì, sì, no, no e tutto il resto resta assegnato al maligno. E noi qualche volta, temo, abbiamo indulto – che brutto questo participio passato! - al compromesso. So di molti giovani che seguivano il sito e che a un certo punto hanno smesso di farlo.
Ma sono lieto di sentir dire che il sito non disarma e, discolo, riottoso e impertinente, per il suo tramite, anche per il suo tramite, continuerò a dire quello che penso, a non smettere di sognare e di lottare nella speranza di una Pasqua definitiva e risolutiva. Fin quando mi sarà possibile.
Ora Giovanni, che fra i padri che erano al Paolini è, credo a buon titolo, il più padre, fa un bilancio e in qualche passo mi pare amareggiato; mi pare un padre deluso, il Giovanni del ''buon compleanno''; s'aspettava di più. Giovanni è così: da se e dalle sue cose vuole il massimo, è entusiasta nella progettazione, e se il massimo come l'ha pensato non l'ottiene tende a deprimersi.
Per la verità, Suddovest, col crescere, se non ha raggiunto gli obbiettivi che suo padre gli aveva prefissato, non è stato e non è diventato neppure quello che io mi ero immaginato; ma io non ne sono stato padre, neppure in minima parte, e non ho da dolermi di nulla e certamente non del suo non somigliare all'idea che arbitrariamente di ''lui'' m'ero fatto.
Per la verità, a restare nella metafora della filiazione, e a ben pensarci, se Giovanni è padre, io sono ''Suddovest'', un pezzo di figlio, uno di quelli che ha contribuito a farglielo crescere fuori, al di là e forse anche contro le sue aspettative. Per esempio, sulla questione della candidatura di Giandomenico Vivacqua, io sono fra quelli che s'è sparato a sostenerla e perciò, che fosse o non nelle mie intenzioni, ho contribuito a far assumere a Suddovest quella connotazione politica che invece non si voleva che avesse. Mi assumo in pieno la responsabilità e non me ne dolgo. Mi dolgo piuttosto del fatto che quella candidatura non ha sortito nessuno degli effetti che io speravo, che s'è bruciata ancora una volta un'esperienza; che, come spesso ho fatto nella mia vita, ho partecipato, stupidamente attivo, a un rito nel quale s'è immolato un agnello sacrificale a beneficio di un dio che non ho ancora capito quale fosse. Questo è un altro discorso e cerco di tornare all'argomento: perciò sottolineo che, in realtà, non avevo capito o forse soltanto saputo nulla delle intenzioni, dei progetti e delle aspettative di Suddovest; e forse, se avessi capito o saputo non avrei partecipato contribuendo, forse, a far deviare il sito dal suo cammino ''naturale''.
La sua nascita partiva, apprendo ora dall'analisi per la quale ad Agrigento, fra le altre e insieme alle altre, esisterebbero due aree rispetto alle quali Suddovest avrebbe dovuto porsi come il luogo privilegiato di confronto. Una delle due aree sarebbe costituita dalla sinistra intellettuale e l'altra da uno schieramento democratico-moderato.
Bene. Io nego che queste due aree esistono, non sono capace d'individuarle attribuendo nomi e cognomi agli appartenenti, non avrei saputo e tuttora non saprei in quale delle due collocarmi, non avrei perciò condiviso il progetto e non ci avrei lavorato; la situazione, dal mio punto di vista, si aggrava se presupposto del progetto era o è il considerare addirittura ''magico'' il momento dell'elezione a sindaco della Città di Marco Zambuto. Quello che penso di quella vicenda elettorale è tutt'altro che positivo, l'ho espresso pubblicamente più volte, da ultimo in risposta ad un articolo di Giovanni di Girgenti (http://www.lavalledeitempli.net/riflessioni/il-mio-voto-libero) e non posso tediare nessuno nel ripeterlo ancora.
Vedevo Suddovest, piuttosto, come elemento d'aggregazione di un'area la più vasta possibile che, al di là indipendentemente dalle appartenenze avrebbe potuto diventare e porsi come alternativa ai gruppi di potere dominanti, e dominanti da troppo tempo pur nell'apparente variare delle sigle. Insomma mi pareva che fosse stato progettato il collante che avrebbe potuto costituire il rimedio alla frammentazione o addirittura polverizzazione delle intelligenze variamente democratiche di questa Città; mi pareva che fosse stato creato una sorta di laboratorio per l'elaborazione d'idee con prospettiva strategica e non soltanto tattica; mi pareva che si sarebbero dovuti ripescare principi e valori e discutere d'essi piuttosto che dell'opportunità del momento.
Ma su questo, mi pare torniamo ad essere perfettamente d'accordo, io e il Padre fondatore, perché, in realtà io ripeto ciò che egli già dice quando auspica che il sito diventi ''il luogo, uno dei luoghi di elaborazione, di proposizione e di iniziativa per una nuova coscienza democratica senza ideologismi ed esclusivismi''; ma mi pare velleitario aspettarsi che questo avvenga col placet dei gruppi dirigenti che hanno, ammettiamolo!, il solo interesse ad auto- conservarsi e perpetuarsi all'infinito. E se forse è vero, ma non ne sono del tutto convinto, che i giovani preferiscono siti facebucchiani è anche vero che i giovani sono assai meno inclini di noi al compromesso e preferiscono il parlare diritto, quello per il quale il dire dev'essere sì, sì, no, no e tutto il resto resta assegnato al maligno. E noi qualche volta, temo, abbiamo indulto – che brutto questo participio passato! - al compromesso. So di molti giovani che seguivano il sito e che a un certo punto hanno smesso di farlo.
Ma sono lieto di sentir dire che il sito non disarma e, discolo, riottoso e impertinente, per il suo tramite, anche per il suo tramite, continuerò a dire quello che penso, a non smettere di sognare e di lottare nella speranza di una Pasqua definitiva e risolutiva. Fin quando mi sarà possibile.
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