IL CASO ELUANA. "AVREI VOLUTO TACERE" di Vincenzo Campo

Sulla questione di Eluana Englaro avrei voluto tacere perché pensavo e anzi penso che tutto questo discorrere su di lei, intorno a lei, questo urlarle intorno, questo ragionare in vece sua senza averne avuto delega era ed è del tutto fuori luogo; pensavo e penso che è un’offesa a lei e al dolore dei suoi familiari più stretti, primo fra tutti il padre, perché offensivo è ogni clamore intorno a qualunque sofferenza.  Avrei voluto tacere perché ho l’impressione che la stragrande maggioranza di quelli che parlano e urlano non hanno a cuore la vicenda della povera donna che ha speso gran parte della sua vita, paradossalmente, in un letto di morte, ma piuttosto l’affermazione di un principio: che Eluana Englaro sia solo l’occasione, la scusa per affermare un principio o peggio ancora per usare l’ennesimo grimaldello per scassinare l’ordine democratico.

Avrei voluto tacere perché è fin troppo facile dire cosa si deve fare e cosa no, cosa è giusto e cosa non lo è quando le conseguenze della scelta ci sono, lontane.
Avrei voluto tacere, ma mi sono sentito tirato per i capelli a prendere posizione e dire la mia quando ho sentito dire al presidente del consiglio che la norma costituzionale che attribuisce il diritto e la facoltà di decidere in materia di scelte sanitarie spetta in via esclusiva al cittadino e mai allo stato mostra l’ispirazione statalista della Costituzione repubblicana; quando, peggio ancora, non ho visto ridere, o quanto meno sorridere nessun giornalista televisivo nell’atto di riferire questo pensiero, frutto evidente di una sua vera e propria piroetta logica; questo è il salto mortale del suo pensiero: i comunisti che hanno scritto la costituzione, troppo intrisi di statalismo, hanno dato all’individuo il diritto di decidere della sua vita e della sua salute e perciò noi, che siamo i veri liberali, quelli delle libertà e proprio perché siamo quelli delle libertà, invece vogliamo che sia lo stato a decidere, magari chiedendo prima il parere alle sapienti gerarchie della chiesa di Roma.
E allora: non so proprio cosa farei se fossi al posto del padre di Eluana perché è un posto che, per mia fortuna, è distante anni luce da me; perché la gravosità della decisione, se solo ci penso, mi schiaccia e mi soverchia; non so proprio cosa sarebbe meglio per mia figlia; ma so, so per certo che in realtà non lo sapete neppure voi, come del resto non lo sa nessuno di quelli pensano e dicono di avere le idee chiare; so che chiunque, al posto di Peppino Englaro sarebbe, nello strazio, dilaniato dal dubbio e dall’incertezza. A lui va la mia piena solidarietà e la mia vicinanza ideale.
So questo, dunque, ma so anche che penserei e sarei certo che la decisione presa, quale che sia, in casi come quello del quale parliamo è quella giusta e l’unica possibile; unica e giusta perché assunta dal solo soggetto che può assumerla, il malato o il suo stretto congiunto quando egli stesso non è in condizione di farlo. E non solo nessuno ha diritto di decidere al posto loro, ma per di più nessuno ha diritto di condannare la decisione quale che sia, perché la scelta, lo scegliere in se e per se è già stata una vera e propria condanna.
E ancora di più non ha diritto di parlare chi, uomo di governo o uomo di chiesa, non ha mai detto una sola parola contro un’esecuzione capitale, e cioè quando uno stato ha deliberatamente fatto cessare una vita; e non ha diritto di parlare, e per di più in nome della vita, chi deliberatamente ha ricacciato e ricaccia verso la morte chi tenta di fuggire da essa quando gli si è presentata come guerra o come violenza o come fame.
E c’è un’altra cosa, l’ultima che voglio dire, che nessuno dice e che molti, purtroppo ignorano: quella urlata dalla Conferenza episcopale è la posizione dei vertici della chiesa cattolica italiana e non dell’intera chiesa cattolica; lo dimostra in maniera inequivoca un documento che si chiama “Christliche Patientenverfugung” che più o meno vuol dire “Disposizioni sanitarie del paziente cristiano” concordato nel 1999, non lontano da noi, nel Paese d’origine di Papa Ratzinger, e quando egli era ancora vescovo, dalla chiesa cattolica e da tutte le chiese; documento che è già sottoscritto da tremila cittadini tedeschi. Chi è curioso di leggerlo tutto lo trova a questo indirizzo http://tinyurl.com/c86brk, qui mi limiterò a riferire che il cristiano che sottoscrive questo documento, per il caso che non possa “dare forma o esternare la [sua] volontà” , dispone che “non [gli] possono essere messe in atto misure intese a prolungare la vita se viene constatato, secondo
scienza e coscienza medica, che ogni provvedimento per il prolungamento della […] vita è privo di
prospettiva di miglioramento clinico e solamente ritarderebbe la […] morte.
In questo caso assistenza e trattamenti medici, come anche cure premurose, devono essere diretti al
lenimento delle conseguenze del male, come p. es. dolori, agitazione, ansia, insufficienza
respiratoria o nausea, anche se la necessaria terapia del dolore non esclude un accorciamento della
vita”.
E conclude: “Io voglio morire con dignità e in pace, per quanto possibile vicino e a contatto dei miei congiunti e delle persone che mi sono prossime e nel mio ambiente familiare”.
Aggiungo ora io: senza rumore, frastuono e grancasse, per favore: è in gioco la mia vita e la mia morte, non già la vita e la morte
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