IL RIGASSIFICATORE NEGA LO SVILUPPO TURISTICO di Vincenzo Campo

Mimmo Ferraro è biologo e ha un recente passato “verde” che, ne sono certo, non si è molto scolorito nei rossi/rosa del partito nel quale oggi milita; speravo dunque di trovare una doppia qualificazione, una tecnica e l’altra politica, nel suo recente intervento sul rigassificatore.  Vi ho trovato certamente gustosissimi spunti sugli uomini illustri tirati per la giacchetta di qua o di là allo scopo di far loro assumere posizioni a favore o contro. Mi ha fatto immaginare quel povero Camilleri, ben piantato su ottime gambe e pure di buona stazza ma pur sempre più che ottuagenario, pericolosamente altalenare tra i fautori del sì e del no e, alla fine, con la giacca se non lacera quanto meno sgualcita e spiegazzata, decidersi per il sì.

E ha ragione Mimmo che, lisciando la giacca dell’anziano padre di Montalbano, rimbrotta i delusi: piangetevi la presa di posizione contraria dell’illustre conterraneo nostro, sembra dire, così come ve la sareste goduta se fosse stata favorevole e lasciatelo in pace; insomma, conclude, acquietatevi fautori del no che tanto l’opinione e non cambia. E più o meno dice che è pure “ponderata”quel l’opinione, visto che ci ha messo così tanto tempo ad esprimerla.
Insomma, Mimmo Ferraro se lo difende bene il Maestro e mi fa pensare, però, che più che difendere il principio del rispetto delle idee altrui dal quale era partito col criticare gli strattona tori di giacca del no, piuttosto che difendere il Maestro difenda in realtà l’idea del sì che il Maestro ha espresso, e che altrettanto non avrebbe fatto se avesse detto no.
Ma  vanamente, perché in fin dei conti, in definitiva l’opinione di Andrea Camilleri aggiunge un semplice sì al novero di quelli già espressi e nulla aggiunge; il suo sì, in definitiva, vale né più e né meno quanto quello di Mimmo Ferraro e anzi forse anche meno in quanto espresso da chi, pur grande sulla scena della letteratura, delle arti e dello spettacolo, non mi risulta abbia le competenze tecnico-scientifiche che quest’ultimo, in quanto biologo per studi e per professione certamente ha.
Ma a parte questo, purtroppo, l’intervento ha lasciato immutate tutte le mie perplessità e vi intravvedo pure un pericoloso abbandono, una sorta di resa incondizionata che mi delude e mi amareggia.
Egli,Mimmo,  in fin dei conti più o meno ci dice che siccome da anni, lustri e decenni e forse anche secoli si parla invano di turismo senza che nulla in concreto si sia fatto, non possiamo non perdere l’occasione di realizzare una cosa che turistica non è ma che comunque smuoverà “la stagnante economia locale”; e lo dice coi toni forti dello sconfitto quando ci esorta a non “sacrificare” quella che egli vede come un’occasione “sull’altare di uno sviluppo turistico del territorio cui non si vede neanche l’ombra di un progetto”.
Ma Mimmo! Sbracciati, tu, tu che sei dirigente di un grande partito, e sbracciati insieme a me e prima di me che non sono altro che un cittadino qualunque a far sì che si abbozzi, si appronti, si cominci a studiare uno straccio di progetto di sviluppo turistico. E prima ancora del progetto o dei progetti turistici decidiamo una volta per tutte cosa vogliamo fare da grandi, evitiamo, dicevo tempo addietro, di trovarci davanti a situazioni ormai irreversibili e a poter fare soltanto scelte obbligate.
Vogliamo che Agrigento abbia uno sviluppo di tipo industriale, ancorché alternativo? Bene: allora progettiamo e programmiamo uno sviluppo in questa direzione, stabiliamo cosa fare accanto e insieme al rigassificatore, studiamo le complementarità e le connessioni, decidiamo come correlare quest’opificio col resto del territorio e dell’economia.
Conosciamo già l’improvvisazione e l’approssimazione: l’abbiamo fatto già d’installare, senza alcuna progettualità, una bella industria chimica il cui cadavere è davanti agli occhi di tutti e pure una cementeria che si regge per forza, se si regge. Il risultato è evidente.
E la scelta del rigassificatore non solo è una scelta importante, ma è anche una scelta irreversibile, una scelta che ne impedisce di altre di segno contrario; facciamola pure, ma consapevoli di quello che facciamo e pronti a realizzare opere e progetti nella medesima direzione.
Né è possibile minimizzare: un rigassificatore non si riduce affatto a “due cupolette di 18 metri ed una costruzione grande quanto una palazzina ad un’elevazione […] ed un molo aggiuntivo di circa ottocento metri” che, in quanto tali, non pregiudicherebbero “lo sviluppo turistico di tutto il comprensorio”; il rigassificatore è, piaccia o no, e se piace che si faccia, una seria e pesante ipoteca su ogni altro possibile tipo di sviluppo e prima di tutto su quello turistico.
Del resto lo sa bene chi minimizza e però finisce col cadere in aperta contraddizione quando esalta i vantaggi che ci deriverebbero dalle “compensazioni”: è proprio la previsione di compensazioni che contiene in se stessa l’ammissione della certezza di danni o quantoi meno di costi.
Purtroppo in Italia si perde il senso delle parole che finiamo per usarle senza dar loro il significato che hanno o attribuendo loro significati che non hanno; è come la storia del “lodo”, parola usata, abusata, ripetuta da chiunque senza neppure sapere cosa sia. Ne parlerò un’altra volta.
“Compensare” e lo copio direttamente dal mio Garzanti per evitare qualunque errore, significa propriamente “mettere in contrappeso, equilibrare” e dunque “stabilire una condizione di equilibrio; bilanciare”. E allora, caro Mimmo, , costruito il rigassificatore, che bisogno ci sarebbe di bilanciare se la costruzione stessa non sbilanciasse qualche cosa? E compensare vuol dire pure “ripagare”; e quando mai si ripaga qualcuno se non gli si è tolto qualche cosa?
Ancora una volta e per l’ennesima: quello del rigassificatore è un falso problema, il problema è quello della scelta del tipo di sviluppo e chi sceglie per il rigassificatore ne fa una che è chiara e irreversibile. Che lo sappia.
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