FELICE ESORDIO IN TEATRO DI SAVATTERI E GALLUZZO di Giovanni di Girgenti
Submitted by redazione on Fri, 21/11/2008 - 19:23
[img:1 align=float_right title=bottom] Gaetano Savatteri e Luigi Galluzzo trovatisi di fronte ad una difficoltà insormontabile, ridurre per il teatro il romanzo di Ercole Patti "Un bellissimo novembre", inventano un 'ritorno al futuro' che consente loro di portare sul palcoscenico l'eco del romanzo e di farci fare esperienza di come quel fatto raccontato da Patti possa avere influenzato le traiettorie di vita di chi ne fu testimone e protagonista e trasformato il luogo dove si svolse. Nel romanzo di Ercole Patti un ragazzo si innamora di sua zia Cettina, giovane e candidamente sensuale, e viene da lei iniziato ai piaceri dell'amore, ma quando scopre che la zia non ama solamente lui si uccide.
I nostri due autori immaginano di rivedere i protagonisti di quella tragedia dieci anni dopo. L'occasione è data dalla necessità di trasformare il vecchio casale di campagna, che fece da scena al dramma del ragazzo, in un moderno relais. Questa operazione presuppone la presenza e il consenso di tutti i titolari del diritto di comproprietà dell'immobile e dunque per l'occasione si ritrovano, dopo anni di lontananza e di muta ostilità, la zia, la mamma del ragazzo suicida e un contorno di parenti e amanti.
Il dramma di Savatteri e Galluzzo, messo in scena da Mario Missiroli per la produzione del Teatro stabile di Catania, scelto come opera di avvio della nuova stagione, quella del cinquantennale, dello Stabile, è innanzitutto un interno di famiglia borghese siciliana degli anni trenta del secolo scorso.
Potrebbe essere una delle famiglie che hanno ispirato Pirandello proprio in quegli anni. Vi si incontrano maschere e persone, follie apparenti e umanità offese, giochi di ruoli e voglia di scandalo. [img:2 align=float_left title=none] Una vecchia zia che decide per anni di accreditarsi come cieca per poi in questa occasione svelare la finzione; un marito, quello di Cettina, Biagio, che confessa di aver sempre saputo dei tradimenti della moglie e di aver recitato la parte del fesso inconsapevole per non perdere la possibilità di continuare ad amare comunque la moglie; e le due sorelle, la madre del suicida e Cettina, che tornano a parlarsi dopo dieci anni per gridarsi addosso due sentimenti opposti e smisurati: l'odio della madre verso la sorella e il bisogno di perdono di quest'ultima sorretto dalla convinzione di avere offerto solamente amore. E sullo sfondo il fascismo e i prodromi della guerra che di lì a poco avrebbe inghiottito il nostro paese.
Insomma un dramma ricco di spunti e di suggestioni. Una radiografia delle dinamiche familiari e sentimentali di rara sensibilità con poche concessioni al macchiettismo (forse avvistabili in Sasà, amante di Cettina, e nell'avvocato) che non osa proporre alcuna via d'uscita e nessun lato eroico e che tuttavia ha emozionato il pubblico con i soli materiali di scavo dei perimetri delle relazioni familiari, spesso origine e destino del senso della nostre vite.
I nostri due autori immaginano di rivedere i protagonisti di quella tragedia dieci anni dopo. L'occasione è data dalla necessità di trasformare il vecchio casale di campagna, che fece da scena al dramma del ragazzo, in un moderno relais. Questa operazione presuppone la presenza e il consenso di tutti i titolari del diritto di comproprietà dell'immobile e dunque per l'occasione si ritrovano, dopo anni di lontananza e di muta ostilità, la zia, la mamma del ragazzo suicida e un contorno di parenti e amanti.
Il dramma di Savatteri e Galluzzo, messo in scena da Mario Missiroli per la produzione del Teatro stabile di Catania, scelto come opera di avvio della nuova stagione, quella del cinquantennale, dello Stabile, è innanzitutto un interno di famiglia borghese siciliana degli anni trenta del secolo scorso.
Potrebbe essere una delle famiglie che hanno ispirato Pirandello proprio in quegli anni. Vi si incontrano maschere e persone, follie apparenti e umanità offese, giochi di ruoli e voglia di scandalo. [img:2 align=float_left title=none] Una vecchia zia che decide per anni di accreditarsi come cieca per poi in questa occasione svelare la finzione; un marito, quello di Cettina, Biagio, che confessa di aver sempre saputo dei tradimenti della moglie e di aver recitato la parte del fesso inconsapevole per non perdere la possibilità di continuare ad amare comunque la moglie; e le due sorelle, la madre del suicida e Cettina, che tornano a parlarsi dopo dieci anni per gridarsi addosso due sentimenti opposti e smisurati: l'odio della madre verso la sorella e il bisogno di perdono di quest'ultima sorretto dalla convinzione di avere offerto solamente amore. E sullo sfondo il fascismo e i prodromi della guerra che di lì a poco avrebbe inghiottito il nostro paese.
Insomma un dramma ricco di spunti e di suggestioni. Una radiografia delle dinamiche familiari e sentimentali di rara sensibilità con poche concessioni al macchiettismo (forse avvistabili in Sasà, amante di Cettina, e nell'avvocato) che non osa proporre alcuna via d'uscita e nessun lato eroico e che tuttavia ha emozionato il pubblico con i soli materiali di scavo dei perimetri delle relazioni familiari, spesso origine e destino del senso della nostre vite.
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