WE HAVE A DREAM di Chiara Azzurra
Submitted by Suddovest on Thu, 06/11/2008 - 15:04
L’America. L’America con le sue contraddizioni, con i suoi apparenti perbenismi, con le sue complessità e le sue varie e variegate umanità; l’America del pollo fritto e degli spazi immensi, quella profonda degli allevatori di bestiame e delle luci psichedeliche di Las Vegas, quella dei ghetti neri, dei villaggi yiddish e dei surfisti californiani.
Ebbene questa America poliedrica e multiculturale come nessun'altra nazione al mondo, ha dato con l’elezione del presidente Obama, una grande lezione di democrazia a noi tutti.
Il motto ''Yes we can'' che alle nostre orecchie ha rappresentato piuttosto una speranza, un augurio, una specie di litania di autoconvincimento ripetuta tra sé e sé quasi in modo scaramantico, si è finalmente realizzato e per un certo verso incarnato nel nuovo presidente degli Stati Uniti; l’american dream ed il sogno di Martin Luther King, oggi distante 45 anni, hanno un volto ed un nome: Barack Hussein Obama.
Ebbene, in verità ''abbiamo visto ed abbiamo creduto'', noi italiani disillusi e quasi assuefatti ad una ''politica'' gerontocratica piegata alle faccende personali, ai conflitti di interessi, nepotismo, clientelismo, ''mignottocrazia'', una politica fatta da improvvisatori, che passano dallo scranno del parlamento ai reality show e viceversa con una supponenza ed una faciloneria senza precedenti.
Negli Stati Uniti il concorrente alla presidenza del paese uscito sconfitto e con il pesante fardello di rappresentare il vecchio, un'idea di politica sorpassata, probabilmente una tipologia umana che è stata surclassata da immigrati di seconda generazione che portano impresse nei geni le caratteristiche multiculturali dell’uomo moderno, ebbene questo ''sconfitto su tutta la linea'', commenta dal palco l’elezione del nuovo presidente non solo ammettendo ed accettando il fallimento, ma dichiarando che Obama è il suo presidente e che intende collaborare con lui per risollevare le sorti dell’America e richiede ai propri elettori il medesimo riconoscimento e la medesima disponibilità alla cooperazione con la nuova presidenza. In Italia, abbiamo assistito a farse imbarazzanti di conteggi e riconteggi dei voti, ad accuse reciproche di brogli, e nel migliore dei casi ad indispettite e belligeranti dichiarazioni di ''opposizione dura''.
Certo si potrebbe obbiettare che le posizioni di McCain o di chi per lui siano solo di facciata e chissà quali complotti si stanno già ordendo protetti da tante belle parole e dichiarazioni di disponibilità.
Ma è certo che le persone, ''the people'', non potranno che avere un esempio dai propri politici, se non altro una ''lezione di stile'', la sensazione, per quanto potrebbe rimanere tale, che tutti si remi dalla stessa parte per traghettare la nazione lontano dai gorghi che la minacciano. La sensazione incoraggiante che ci sia un interesse comune ed una res publica che sovrastano le differenti posizioni ideologiche e gli interessi personali e di clan o casta che dir si voglia. Quanto tempo è che gli italiani sono privati dalla classe politica di queste speranze?
Chissà se Obama fosse nato a Canicattì da padre keniota e madre italiana... we have a dream...
Ebbene questa America poliedrica e multiculturale come nessun'altra nazione al mondo, ha dato con l’elezione del presidente Obama, una grande lezione di democrazia a noi tutti.
Il motto ''Yes we can'' che alle nostre orecchie ha rappresentato piuttosto una speranza, un augurio, una specie di litania di autoconvincimento ripetuta tra sé e sé quasi in modo scaramantico, si è finalmente realizzato e per un certo verso incarnato nel nuovo presidente degli Stati Uniti; l’american dream ed il sogno di Martin Luther King, oggi distante 45 anni, hanno un volto ed un nome: Barack Hussein Obama.
Ebbene, in verità ''abbiamo visto ed abbiamo creduto'', noi italiani disillusi e quasi assuefatti ad una ''politica'' gerontocratica piegata alle faccende personali, ai conflitti di interessi, nepotismo, clientelismo, ''mignottocrazia'', una politica fatta da improvvisatori, che passano dallo scranno del parlamento ai reality show e viceversa con una supponenza ed una faciloneria senza precedenti.
Negli Stati Uniti il concorrente alla presidenza del paese uscito sconfitto e con il pesante fardello di rappresentare il vecchio, un'idea di politica sorpassata, probabilmente una tipologia umana che è stata surclassata da immigrati di seconda generazione che portano impresse nei geni le caratteristiche multiculturali dell’uomo moderno, ebbene questo ''sconfitto su tutta la linea'', commenta dal palco l’elezione del nuovo presidente non solo ammettendo ed accettando il fallimento, ma dichiarando che Obama è il suo presidente e che intende collaborare con lui per risollevare le sorti dell’America e richiede ai propri elettori il medesimo riconoscimento e la medesima disponibilità alla cooperazione con la nuova presidenza. In Italia, abbiamo assistito a farse imbarazzanti di conteggi e riconteggi dei voti, ad accuse reciproche di brogli, e nel migliore dei casi ad indispettite e belligeranti dichiarazioni di ''opposizione dura''.
Certo si potrebbe obbiettare che le posizioni di McCain o di chi per lui siano solo di facciata e chissà quali complotti si stanno già ordendo protetti da tante belle parole e dichiarazioni di disponibilità.
Ma è certo che le persone, ''the people'', non potranno che avere un esempio dai propri politici, se non altro una ''lezione di stile'', la sensazione, per quanto potrebbe rimanere tale, che tutti si remi dalla stessa parte per traghettare la nazione lontano dai gorghi che la minacciano. La sensazione incoraggiante che ci sia un interesse comune ed una res publica che sovrastano le differenti posizioni ideologiche e gli interessi personali e di clan o casta che dir si voglia. Quanto tempo è che gli italiani sono privati dalla classe politica di queste speranze?
Chissà se Obama fosse nato a Canicattì da padre keniota e madre italiana... we have a dream...
categorie: