'IL RITORNO DEL PRINCIPE' O DELLA DISPERANZA di Giovanni di Girgenti
Submitted by redazione on Wed, 24/09/2008 - 11:13
Il teologo Paolo Ricca, presentandolo a Roma, ha definito il libro di Roberto Scarpinato e Saverio Lodato 'Il ritorno del Principe', chiarelettere editore, 'agghiacciante'. E in effetti la lettura delle 347 pagine lascia davvero senza fiato, ti inchioda in una sorta di blocco estatico come se improvvisamente fasci luminosi di verità ti rivelassero non fatti ma chiavi esplicative di fatti, connessioni logiche, spiegazioni convincenti, dove alla fine tutto si tiene: Machiavelli e la controriforma, il manzoniano Don Rodrigo e Bava Beccaris, Leopoldo Franchetti e i Fasci siciliani, Roberto Calvi e Marcello Dell'Utri, Gianfranco Miglio e Totò Riina e così continuando fino ad abbracciare ogni episodio significativo della nostra storia moderna.
La conclusione è che in Italia il potere non è riuscito a guadagnare quelle forme astratte e generali che in altre parti d'Europa hanno costituito i sistemi liberal democratici per presentarsi strutturalmente e non occasionalmente come potere criminale, un potere cioè che alimenta e si nutre di stragi, corruzione e mafia.
Scarpinato non è solo un magistrato che da vent'anni segue i principali fatti giudiziari siciliani è un intellettuale fine e rigoroso, con una affascinante capacità di offrirti risposte teoriche alle tante domande che i nodi irrisolti della nostra storia ci dettano continuamente.
Dunque un libro assai stimolante, come le domande di Saverio Lodato, con l'ambizione di dare una risposta teorica sistemica alle 'anomalie' del nostro paese.
Un libro agghiacciante anche per un'altra ragione: il sistema Italia, il particolare esercizio del potere fondato strutturalmente sulla corruzione, lo stragismo politico e la mafia, risulta un sistema chiuso senza apparenti vie d'uscita: e infatti lo stesso Scarpinato mentre invoca l'azione eroica di minoranze irriducibili (le stesse che secondo Scarpinato hanno determinato parentesi luminose nella nostra storia quali il Risorgimento nazionale e la costituzione repubblicana) prevede una possibile dissoluzione del nostro stato non appena, tra pochissimi anni, finiranno i fondi europei a favore delle regioni meridionali con un esito di disarticolazione simile a quello ipotizzato con le stragi del 1993.
Eppure Scarpinato individua nel crollo del muro di Berlino e nella conseguente crisi irreversibile del PCI una delle ragioni del ritorno trionfante del 'principe' ossia di quella particolare forma di potere che abbiamo già definito come potere criminale.
Ma se questo è vero, se è vero cioè che l'organizzazione di massa degli interessi dei più deboli e la connessa idea alternativa di sviluppo condizionavano e limitavano l'espressione del potere criminale salvaguardando quel gioiello di garanzia liberaldemocratica rappresentato dalla costituzione repubblicana, allora non è forse da lì che bisogna ripartire? da una rinnovata capacità di mettere insieme la forza della ragione con la ragione della forza, gli sdegni etici con gli interessi materiali di chi dal sistema criminale è spinto ai margini del benessere e dalla sicurezza sociale?
Qui dovremmo aprire un discorso, oltre che sulla sinistra, sulle responsabilità degli intellettuali, in particolare degli intellettuali meridionali, i quali spesso, quando non si compiacciono di raccontare il contesto totalizzante e l'impossibilità di tirarsene fuori, preferiscono fughe in avanti eroiche alla difficile opera di costruzione quotidiana di un fronte ampio nel quale i tanti interessi legittimi di lavoro, di carriera, di intrapresa, di assistenza, di sicurezza sociale possano affermarsi rispettando la dignità degli individui e la legalità. E' un'impresa molto difficile, ma è l'unica che possa farci sperare di non dover ricorrere a salvatori esterni al nostro paese, a nuovi conquistatori, come diceva Bufalino, o alla mitica Unione europea, come (di)spera Scarpinato.
La conclusione è che in Italia il potere non è riuscito a guadagnare quelle forme astratte e generali che in altre parti d'Europa hanno costituito i sistemi liberal democratici per presentarsi strutturalmente e non occasionalmente come potere criminale, un potere cioè che alimenta e si nutre di stragi, corruzione e mafia.
Scarpinato non è solo un magistrato che da vent'anni segue i principali fatti giudiziari siciliani è un intellettuale fine e rigoroso, con una affascinante capacità di offrirti risposte teoriche alle tante domande che i nodi irrisolti della nostra storia ci dettano continuamente.
Dunque un libro assai stimolante, come le domande di Saverio Lodato, con l'ambizione di dare una risposta teorica sistemica alle 'anomalie' del nostro paese.
Un libro agghiacciante anche per un'altra ragione: il sistema Italia, il particolare esercizio del potere fondato strutturalmente sulla corruzione, lo stragismo politico e la mafia, risulta un sistema chiuso senza apparenti vie d'uscita: e infatti lo stesso Scarpinato mentre invoca l'azione eroica di minoranze irriducibili (le stesse che secondo Scarpinato hanno determinato parentesi luminose nella nostra storia quali il Risorgimento nazionale e la costituzione repubblicana) prevede una possibile dissoluzione del nostro stato non appena, tra pochissimi anni, finiranno i fondi europei a favore delle regioni meridionali con un esito di disarticolazione simile a quello ipotizzato con le stragi del 1993.
Eppure Scarpinato individua nel crollo del muro di Berlino e nella conseguente crisi irreversibile del PCI una delle ragioni del ritorno trionfante del 'principe' ossia di quella particolare forma di potere che abbiamo già definito come potere criminale.
Ma se questo è vero, se è vero cioè che l'organizzazione di massa degli interessi dei più deboli e la connessa idea alternativa di sviluppo condizionavano e limitavano l'espressione del potere criminale salvaguardando quel gioiello di garanzia liberaldemocratica rappresentato dalla costituzione repubblicana, allora non è forse da lì che bisogna ripartire? da una rinnovata capacità di mettere insieme la forza della ragione con la ragione della forza, gli sdegni etici con gli interessi materiali di chi dal sistema criminale è spinto ai margini del benessere e dalla sicurezza sociale?
Qui dovremmo aprire un discorso, oltre che sulla sinistra, sulle responsabilità degli intellettuali, in particolare degli intellettuali meridionali, i quali spesso, quando non si compiacciono di raccontare il contesto totalizzante e l'impossibilità di tirarsene fuori, preferiscono fughe in avanti eroiche alla difficile opera di costruzione quotidiana di un fronte ampio nel quale i tanti interessi legittimi di lavoro, di carriera, di intrapresa, di assistenza, di sicurezza sociale possano affermarsi rispettando la dignità degli individui e la legalità. E' un'impresa molto difficile, ma è l'unica che possa farci sperare di non dover ricorrere a salvatori esterni al nostro paese, a nuovi conquistatori, come diceva Bufalino, o alla mitica Unione europea, come (di)spera Scarpinato.
Roma Teatro Quirino 23 settembre 2008
L'intervento di Roberto Scarpinato
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