LA ''NORMALITA' SICILIANA'' E' COME UNA TIRANNIA di Francesco Taglialavoro
Mi ha colpito Giorgio Bocca nel suo articolo intitolato Normalità siciliana. Primo per la foto che nella versione cartacea ritrae Agrigento quasi dallo stesso punto di osservazione da cui Angelo Pitrone ha scattato la fotografia della collina che abbiamo scelto come sfondo del logo del nostro blog.
Chiaramente mi soffermo su questo articolo dell'Espresso, oltre che per la somiglianza della fotografia, perché ho visto nelle parole usate da Bocca la identità quasi totale di opinione con Giovanni Taglialavoro, nei suoi ragionamenti sulla dissipazione e la pubblica amministrazione sulle logiche clientelari note a tanti, sulle cifre vere o falsate da vari strumenti illeciti (vd. Falsi braccianti, lavoratori in nero etc.) relative all'economia. Alcuni siciliani hanno un orgoglio fortissimo e non accettano critiche specie dai settentrionali, usano anzi ogni spazio per sfatare le presunte maldicenze di chi dice che siamo svogliati, mafiosi, omertosi, 'arretrati', la palla al piede dello stato italiano. Vi contrappongono l'intelligenza di Sciascia e Pirandello, la ricchezza delle nostre risorse naturali, il fatto che ogni estate da tutta Italia e da molte zone europee si muovono orde di accaldati turisti che sgranano gli occhi e si beano dinnanzi alle 'nostre' bellezze. Ma questo è un modo per non affrontare le critiche, parlando d'altro. Chi poi, da siciliano, accetta le critiche e le condivide, anzi ne trova anche di più vistose e prova ad abbozzare una possibile soluzione ai mali della nostra realtà: 'Tradisce', 'sputa nel piatto dove mangia', va cacciato. Ma la parola mafia la deve pronunciare solo Bocca? Dobbiamo avere ancora timore, dopo che gli imprenditori vanno ai processi ad accusare i mafiosi, dopo che le retate hanno messo in galera perfino chi pensava di riuscire a morire da latitante dopo 40 anni di impunità? Anche ad Agrigento Libera di don Ciotti, oltre che a Corleone ha in gestione i beni una volta di Cosa nostra. Un governatore, adesso in Senato, ha avuto in primo grado una condanna che parlerà chiaro, se confermata in secondo e terzo grado. Quali risposte esistono alle domande di Bocca e Aldo Cazzullo: ''...ma che paese normale è la Sicilia? È normale che gli amministratori della destra, amici degli amici, siano stati riconfermati nelle recenti elezioni nella misura bulgara del 70 o dell'80 per cento? È normale che i parenti degli uccisi dalla mafia vengano regolarmente bocciati se si presentano al voto, che la sinistra sia in via di estinzione [...] se la Corte dei conti cerca di frenare la dissipazione è un'offesa, un attentato all'autonomia.'' E ancora Bocca scrive: ''La contiguità, per non dire la complicità, fra gli uomini politici e la mafia è così evidente, così scoperta, da avere un effetto accecante: tutti si specchiano in quella evidenza e ne rimangono come accecati, come abbacinati. È un effetto che arriva nel continente. Ci sono famosi avvocati, industriali, ministri, tecnici dei lavori pubblici che ci spiegano che è da ingenui, da miopi non riconoscere il dato di fatto: la mafia c'è, gli avvocati di mafia, i finanzieri di mafia, i politici di mafia non sono pecore nere, profittatori cinici come non lo sono tutti coloro che vivono dentro o accanto all'economia mafiosa, che è, ti spiegano, l'economia reale, perché le automobili, le case, le garçonnière, i libri, il ristorante, tutto in qualche modo arriva dalla mafia.'' E poi conclude con una vena di pessimismo, e di impotenza che francamente scoraggia: ''A volte in Sicilia ti viene il sospetto, e qualcosa di più di un sospetto, che l'incombente presenza della morte violenta, l'ombra nera sull'isola solare, sia qualcosa di naturale, e magari di ammirabile, che il vivere nella violenza e nella morte sia, anche per gli onesti, una vita degna di un uomo più che quella tranquilla e noiosa del continente. Qui c'è la guerra, e la guerra, per orrenda che sia, fa vibrare emozioni, sentimenti, solidarietà, memorie sconosciute a chi vive in pace. Forse la presenza della mafia suscita un sentimento di eccellenza. O no?''
No, secondo me no. ''La guerra" canta De Gregori - ''è bella anche se fa male'': no, non è così. Ma il contrasto alla mafia è invece dovuto: moralmente dovuto. Combatteremo la mafia come si è fatto col terrorismo, levando l'acqua attorno al pesce fino a quando non muore: questa è la risposta e l'alternativa alla tirannia di un ceto politico che vince e non dice di disdegnare i voti della mafia, dice che li userà contro: ma i mafiosi voterebbero mai per quelli che poi li lotteranno una volta al potere? Occorrono parole di chiarezza. Politici di destra, centro e sinistra, ma non solo, giornalisti, imprenditori, tutti quanti ormai sanno che il problema da risolvere è quello di sconfiggere la mafia, l'economia mafiosa, la criminalità, la cultura, l'ambiente mafioso. Lo dobbiamo agli eroi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e a tutte le altre vittime di mafia. Lo dobbiamo ai nostri figli.