IL PD DOPO LE AMMINISTRATIVE di Mimmo Ferraro
Submitted by Suddovest on Wed, 25/06/2008 - 14:49
Quando avviene una sconfitta elettorale da più parti si invoca l’azzeramento dei vertici del partito. Nella tornata elettorale appena conclusa: quello dei vertici del Partito Democratico. Naturalmente la cosa non è peregrina, anzi è una pratica che sarebbe opportuno che fosse attuata nel nostro paese, sarebbe ancora meglio trovare le dimissioni dei "vertici" sul tavolo della discussione sin da quella sull’analisi del voto. Ma una sconfitta come quella avvenuta per le amministrative in Sicilia è talmente di dimensioni spaventose, ma soprattutto giunge alla fine di un ciclo di sconfitte sempre più grandi di dimensioni, che individuare delle responsabilità a singole personalità dei vari vertici (provinciali e regionali) mi pare davvero improprio e nei fatti le cose non possono avere una semplificazione così astratta. Per questo dico che, paradossalmente, è opportuno che ognuno resti al suo posto... e che la discussione sia più improntata su un’analisi più ampia dove le variabili siano considerate tutte a cominciare dalla giovanissima "età" del Pd e che soprattutto, a cantiere aperto, o meglio a cantiere appena impiantato dopo le primarie del 14 ottobre 2007, sono venute due elezioni importanti, quelle per il parlamento Nazionale e quelle per il parlamento Regionale, indette per la fine anticipata di entrambe le legislature. La sconfitta alle amministrative mi pare proprio la logica conseguenza di un declino così inarrestabile. Non è difficile pensarlo, ma è del tutto probabile che anche con altri vertici, magari completamente nuovi, non si sarebbe potuta evitare una sconfitta che in Sicilia ha preso i connotati della disfatta e con sorprese fino ad ora impensabili: la sconfitta a Caltanissetta ed a Enna e, come riportano le cronache, il Pd a Catania dietro la destra di Storace. Non ci sono commenti a tanto declino. Di sicuro c’è da rimboccarsi le maniche e con la serenità e l’unità di tutti cominciare a ragionare su che cosa ha provocato tutto ciò. Un’analisi su come è cambiata la società in Europa, nel nostro Paese ed in Sicilia è opportuno farla e da questo individuare quegli strumenti per far si che le campagne elettorali possono raggiungere più facilmente il cuore e la mente di chi ha sempre votato a "sinistra" ma anche quelli che vorrebbero farlo.
Pur condividendo buona parte del pezzo apparso su Suddovest.it di Tano Siracusa… non condivido lo schematismo forse ormai obsoleto di destra, di sinistra, di moderatismo e quant’altro anche se è visto in senso decisamente critico. La scommessa del Pd è quella di essere il partito del Riformismo Italiano. Certo l’allargarsi della "platea" delle nuove povertà parrebbe imporre una rinnovata necessità di "sinistra" intesa nel senso delle conquiste sociali del secolo scorso. Il mondo, però, è cambiato. Il ceto produttivo, ovvero gli imprenditori, è una delle facce di una società industrializzata ed è parte integrante del tessuto sociale dove il riformismo deve fare i conti senza metterlo ai margini e senza vederlo come "razza padrona" da demonizzare, per dirlo con un anacronistico modo di dire della sinistra radicale e per di più decisamente datata.
Jaques Attalì nel suo "Breve storia del Futuro" ipotizza per un futuro nemmeno troppo lontano degli stravolgimenti economici e politici di cui sin da adesso si individuano i prodromi. Vi sarà un ipermercato dove tutti i servizi sociali saranno erogati da privati, e persino le forze di polizia e la magistratura saranno privatizzati, questo ipermercato metterà in discussione gli stati nazionali essendo l'economia a regolare i processi della politica. Gli stati nazionali ormai indeboliti probabilmente non avranno più ragione di esistere. Ma dal pessimismo più cupo, per fortuna, Attalì conclude il suo saggio dicendo che dopo l'ipermercato vi sarà un’iperdemocrazia dove l'uomo e le sue peculiarità di libertà e di soddisfacimento delle sue esigenze di vita e di tempo libero sarà nuovamente al centro della vita sociale.
Se gli stati nazionali saranno messi in discussione, figuriamoci cose relativamente piccole come i partiti Politici. La Politica, però, può recitare un ruolo di primo piano per regolare la vita degli uomini ancora per un po’ ed arginare la "dittatura" del mercato. Il Pd si pone questo obbiettivo, e probabilmente, come dice Tano Siracusa nel suo articolo, i personaggi che cita, sia nazionali, sia regionali sia provinciali non sono adeguati alla bisogna. Ma non si possono mettere ai margini tutti assieme. Basta però che i D'Alema, i Bindi, i Rutelli, i Genovese, i Lumia, i D'Antoni, i Capodicasa, i Panepinto, gli Adragna si cambino di abito e rinterpretano il loro modo di far politica. Ritengo che siano attrezzati culturalmente, almeno molti di loro, per farlo, anche se uno sforzo per adeguarsi devono pur attuarlo.
Quello sforzo che sembra avere fatto Massimo Cacciari i cui ultimi interventi mi sembrano davvero più lucidi degli altri. Oltre a sostenere la assolutamente condivisibile idea della insostituibilità di Veltroni afferma che un Pd spiccatamente Federale ovvero organizzato su scala regionale pare una cosa ormai ineludibile. Nel nostro paese ci sono due grosse questioni in campo: la questione settentrionale per di più con specificità diverse tra Nord-est e Nord-ovest, e la questione Meridionale. Ed è del tutto evidente che essendo peculiarmente così diverse non si possono affrontare con lo stesso arnese che diventa spuntato per tutti.
Se, poi, avviene quel rimescolamento, auspicato da Bersani in una bella intervista apparsa poco tempo fa su Repubblica, fra le varie anime che hanno originato il Pd, sarà un altro passo avanti affinché il Partito cambi marcia e andrà verso quei successi che sono alla portata.
C'è molta aspettativa tra la gente per il Partito Democratico, ma anche tanta diffidenza non solo verso il nuovo soggetto che stenta a prendere una forma definitiva, ma verso la politica tuot cours. Nessuno demonizza le "correnti", ma saranno, persino, salutari in un soggetto politico così plurale, a patto che siano delle opzioni culturali nate dopo il rimescolamento di Bersani. Concetto che hanno fatto proprio diverse personalità alla recente assemblea di Roma.
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