PIERO, IO VORREI CHE TU E NINO ED IO... di Vincenzo Campo
Submitted by redazione on Thu, 12/06/2008 - 08:58
[img:1 align=center title=none] Conosco Piero da ... da quanti anni? Non lo so: da sempre; conosco anche sua moglie, Rosa, che è stata pure insegnante di una delle mie figlie, conosco suo fratello, la moglie di suo fratello che è pure parente di mia moglie, conosco un tot di fratelli di Rosa, fra i quali Alfredo, che, se non m’inganno dev’essere suo gemello, e Tonino; e ancora le loro mogli e pure i figli, nella consapevolezza, questi ultimi di conoscerli, ma di non saperli più riconoscere
Tutte care persone alle quali sono in qualche modo legato e affezionato. Quasi con ognuno di loro è andato un pezzettino della mia vita e, fatta un’analisi rapida e veloce, credo di poter affermare che, nelle mille inevitabili diversità e ciascuno con le sue particolarità, li stimo e li apprezzo tutti.
In questo quadro, io che so di essere un po’ velenoso o di sembrar tale, mi sono sempre astenuto dall’intervenire pubblicamente in ordine alle scelte politiche di Piero.
Quando si candidò la prima volta al Consiglio provinciale la mia incapacità congenita e forse strutturale di mentire mi costrinse ad esprimere a Rosa e a lui il mio rammarico di non poterlo votare perché non potevo non anteporre le ragioni politiche a quelle personali: in materia d’elezioni, io credo, la ragione deve prevalere sul sentimento.
Poi c’è stata quella cosa che tutti chiamate primavera agrigentina e Piero ne è stato protagonista di primo piano. Neanche questa volta ho potuto gioire con lui perché troppe erano le mie remore sull’autenticità di quella primavera che mi pareva più simile ad una rivolta di baroni che alla guerra di contadini che i più vi avevano visto.
In estrema sintesi, io credo e temo che, in quell’occasione, non sia stato il popolo, l’elettorato, a riprendere possesso del suo voto a darlo in maniera difforme da quello loro indicato dalla maggioranza dei baroni; piuttosto penso che fu questa maggioranza a rivoltarsi e non fare eleggere quello che era il loro candidato ufficiale. Peraltro, se quella fosse stata veramente una primavera, alle scorse elezioni qualche fiore sarebbe ancora sbocciato sui rami della sinistra mentre invece, al contrario, il seccume dell’inverno l’ha fata da padrone.
Oggi Piero non solo si dice favorevole alla candidatura di Giandomenico Vivacqua, ma, per di più la sostiene concretamente se è vero, come è vero, che in una conferenza stampa ha affermato che “il progetto Vivacqua sposa in toto il nostro modo di vedere la politica, intesa come servizio, dei giovani, dei fabbisogni territoriali; per questo ritorno in campo con più entusiasmo di prima".
Finalmente mi sento di rallegrarmi per la sua scelta e di compiacermi di dover percorrere un pezzo di strada insieme: quella che porterà, mi auguro, all’elezione di Giandomenico alla presidenza della provincia di Agrigento.
Perché il sostegno di Piero, senza infingimenti, costituisce sicuramente un contributo determinante all’affermazione elettorale di Giandomenico e, conseguentemente, all’affermazione politica e non meramente elettorale di quel gruppo che si è coagulato e che si va coagulando ancora attorno alla sua candidatura; gruppo che in maniera sempre più evidente travalica e trascende le formazioni partitiche.
Mi auguro e anzi sarei felice di potermi sedere ad un tavolo con lui e con tutto il gruppo che sostiene Giandomenico per delineare una linea d’azione futura per la ricostruzione di una autentica speranza politica agrigentina, al di là e al di fuori degli schemi entro i quali siamo abituati a ragionare.
Oggi, intanto, l’appoggio di Piero rappresenta un fatto importante in se e per se, nel senso che è già un risultato averlo dalla nostra parte, ma lo è ancora di più se si considera che quest’appoggio finirà col risolversi una forte esortazione al voto disgiunto: mi auguro e sono anzi certo che i sostenitori dei Candidati al consiglio provinciale vicini alle sue posizioni sapranno distinguere tra candidato al Consiglio e candidato Presidente, sfuggendo ai perversi meccanismi automatici che agevola questa pessima legge elettorale.
È solo di qualche giorno fa, su queste pagine, un intervento in partenza pessimistico del mio amico Nino Cuffaro che, pur dando quasi per scontata la sconfitta elettorale della sinistra e quindi anche di Giandomenico Vivacqua, tuttavia intravedeva i segni positivi della sua candidatura.
Nino è un uomo che non ride quasi mai e se ride o sorride, il suo volto è tuttavia attraversato da una linea d’amarezza che controbilancia l’allegrezza del riso. Almeno è così che io, senza volergli fare il minimo torto e con l’affetto che gli porto, lo vedo e l’immagino. Sarà il suo colorito, la perenne compostezza del portamento, la necessità d’un mestiere di per se scarsamente allegro, ma lo vedo sempre triste e m’è parso che avesse interpretato con tristezza l’esperienza elettorale che tuttavia, alla fine, lo ha persuaso.
No, Nino; vedi, Nino: tu ragioni in termini di Pd e io in termini di schieramento di sinistra democratica; tu vedi la candidatura di Giandomenico come candidatura del partito, io la vedo come candidatura di uno schieramento o, più correttamente e se lo preferisci, come candidatura che viene da un partito ma che finisce col superare e trascendere quel partito: questo è il senso dell’appoggio mio, di Tano Siracusa, di quei giovani che si sono raccolti spontaneamente intorno al candidato e ora, da ultimo ma non ultimo, quello di Piero Luparello che può essere e spero che sia decisivo per la vittoria finale.
Sogno –pur avanti negli anni non smetto di sognare come fossi ancora adolescente- di festeggiare Giandomenico con chi l’ha sostenuto e in particolare con Nino e con Piero, e con loro due, e con tutti gli altri di elaborare una strategia per il futuro di questa terra.
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