PER UN PD DIVERSO. SE NON ORA QUANDO? di Nino Cuffaro

In provincia di Agrigento, appena due mesi fa, alle elezioni politiche, il centrodestra sopravanza il Partito Democratico di diverse decine di punti percentuali, attestandosi ben oltre il 60% dei consensi. La sinistra antagonista è pressocché inesistente. In assenza di fatti nuovi, che non ci sono, è irrealistico pensare ad un recupero portentoso che dia la vittoria ad un candidato della sinistra alle prossime elezioni provinciali.
Il centrodestra, infatti, è così sicuro di vincere da potersi permettere di candidare alla presidenza un signor nessuno, e da poter condurre una campagna elettorale di basso profilo e con scarso impiego di mezzi.
Risultato scontato ed elezioni perse per il Partito Democratico?
Naturalmente, spero di sbagliarmi.
Comunque, per chi crede che il PD possa rappresentare una speranza di rinnovamento e di buon governo, il passaggio delle elezioni provinciali e tutt’altro che inutile.
Il tortuoso cammino preelettorale che ha portato a ben tre candidature dell’area del PD, ha evidenziato, tra tanti limiti e vecchi difetti, alcuni rilevanti aspetti di novità che, se ben considerati, possono rappresentare una svolta nella definizione del costituendo partito democratico:
1) Capacità di attrarre personalità esterne all’area della sinistra tradizionale. Penso, naturalmente, ad alcuni (non a tutti) ex assessori della giunta Zambuto.
2) La presenza, all’interno dei Democratici, di un’area ambientalista forte, capace di un’autonoma mobilitazione e non riconducibile esclusivamente alla figura strabordante di Peppe Arnone. Ogni tentazione di emarginarla e di escluderla dal processo di formazione del PD è insensato e dannoso. Quest’area è portatrice di valori e battaglie in difesa dell’ambiente e della legalità che non possono non essere patrimonio anche del PD.
3) L’emergere di un protagonista nuovo ed autorevole, con una capacità di leadership riconosciuta dentro e fuori il PD: Giandomenico Vivacqua. Il suo faccione sorridente e perbene, da cui traspare intelligenza ed entusiasmo contagioso, il linguaggio scevro da contaminazioni del politichese, la spinta ideale e la concretezza progettuale e, non ultimo, l’atteggiamento ecumenico, ne possono fare benissimo il Veltroni agrigentino, se solo vorrà allentare l’abbraccio troppo stretto di qualche sponsor interessato.
Su questi elementi, non marginali, si può avviare un rinnovato processo di costruzione del partito democratico, coinvolgendo energie ed intelligenze finora rimaste fuori dai meandri correntizi che ne hanno segnato il breve e accidentato cammino.
Un PD che, innanzitutto, recuperi dalla tradizione dei comunisti italiani l’ormai smarrita “questione morale”, che non è solo probità, ma anche senso delle istituzioni, politica intesa come servizio, spirito di legalità, lotta alla mafia, trasparenza e imparzialità dell’amministrare.
Che in pochi anni ben tre giunte amministrate dalla sinistra vengano sciolte in provincia per infiltrazione mafiosa, è un fatto grave. Che il tema, poi, non sia oggetto di approfondita riflessione politica nel partito (anzi: non se ne parla proprio) è stupefacente ed inaccettabile.
Pertanto, è necessaria una svolta chiara, a partire dall’annunciata conferenza programmatica dell’autunno prossimo.
Se qualcuno dell’attuale gruppo dirigente del PD, per mero calcolo di potere personale, ostacolerà questa necessaria correzione di rotta, si renderà responsabile del fallimento del progetto veltroniano.
Il PD, allora, sarà l’ennesima occasione persa per lo sviluppo di questa terra e si ridurrà ad un mero comitato elettorale per garantire l’elezione a vita di Angelo Capodicasa e Benedetto Adragna e, naturalmente, dei i loro vassalli, valvassori e valvassini.
 

 

categorie: