"IL MIO CANDIDATO E' VIVACQUA, ALLA LUCE DEL SOLE E SENZA STRIZZATINE D'OCCHI" Intervista a Piero Luparello di Giovanni Taglialavoro

Il suo nome aleggia per le vie di Agrigento, viene evocato nei comitati elettorali di tutti gli schieramenti e nei crocicchi di porta di ponte: ma Piero cosa farà? Piero Luparello, il vice di Zambuto della breve primavera agrigentina, l'uomo forte capace di spostare migliaia di voti, forte di un radicamento nel territorio frutto di una capacità professionale di primissimo livello e di una attenzione costante ai destini della nostra provincia. L'abbiamo cercato in clinica e non è stato facile sganciarlo dai suoi pazienti. Ci siamo riusciti. Eccolo a telefono.
Piero, si dicono molte cose su di te. E' opportuno che tu faccia un po' di chiarezza. L'anno scorso rompevi con l'UDC e trionfavi con Zambuto al Comune di Agrigento. Poi la scelta di Zambuto di schierarsi col PDL , le tue dimissioni da vicesindaco e il ritorno del figliol prodigo a casa del padre. Neanche il tempo di preparare il vitello grasso e sei di nuovo in uscita dalla casa del padre. Cosa succede? Andiamo con ordine: sei rientrato nell'UDC perché volevi fare il presidente della provincia?
 
No. Sono rientrato nell'Udc di Casini, che, vorrei ricordarlo di passaggio, è all'opposizione del governo Berlusconi, mentre qui in Sicilia sta con il centrodestra, per sentimento e non per un calcolo politico. Cuffaro è venuto a trovarmi in clinica mi ha chiesto un aiuto su Agrigento, mi ha parlato dell'obbiettivo dell'8% da raggiungere al Senato, ha fatto leva sull'antica amicizia e allora mi sono impegnato per lui. Non ho chiesto niente per me. Mi volevano offrire una candidatura alle regionali, l'ho rifiutata. Voglio restare qui a esercitare la mia professione con grande scrupolo e dedizione e, se sarà possibile, dare un contributo allo sviluppo di Agrigento. Cuffaro e Ruvolo mi hanno indicato come possibile presidente della Provincia con o senza l'accordo con il PDL. Ma alla fine è spuntato D'Orsi sulla base di criteri spartitori che nulla hanno a che fare con la selezione dei gruppi dirigenti sul territorio in relazione al loro radicamento e al loro grado di rappresentatività. Ancora una volta è prevalsa la logica del tavolino romano e palermitano che offende chi qui opera e lavora e qui vuole portare un contributo di cambiamento nelle istituzioni. Contro questa logica lo scorso anno abbiamo protestato raccogliendo il consenso della maggioranza dei cittadini di Agrigento.
 
Nei giorni scorsi quattro ex assessori della prima giunta Zambuto hanno annunciato il loro appoggio a Giandomenico Vivacqua. Come li giudichi?
 
I quattro ex assessori che appoggiano Giandomenico Vivacqua hanno tutto il mio apprezzamento e tutta la mia condivisione: la nostra esperienza vittoriosa dello scorso anno nasceva da un bisogno di valorizzazione delle migliori energie esistenti senza muri divisori tra i partiti: l'era delle contrapposizioni ideologiche è finita e il bene e il male non coincidono con i confini degli schieramenti contrapposti tanto più in una città o in una provincia come Agrigento dove c'è da rifare tutto dalle fondamenta. Vivacqua è il candidato che più è in continuità con quella nostra straordinaria primavera: è un giovane, un uomo di grande sensibilità umana e sociale, attento ai più deboli e agli ultimi, con un senso spiccato della legalità e dell'interesse generale, insomma una persona che potrebbe contribuire molto alla rinascita della nostra provincia.
 
Qualcuno certamente dirà che il tuo appoggio a Vivacqua è la reazione alla tua mancata candidatura...
 
Lo so ma non è così. Io non ho chiesto a nessuno di candidarmi. Altri hanno fatto il mio nome. La verità è che ho maturato un rifiuto netto delle logiche di schieramento. E se adesso do il mio voto e il mio appoggio a Giandomenico Vivacqua non è per un obiettivo di carriera politica, anzi, se fosse questo il mio calcolo,  mi converrebbe restarmene buono e aspettare la compensazione che chi oggi ha il governo nazionale e regionale in mano certamente mi vorrà dare.
Io ho un'altra idea della politica: la politica è stare tra le persone ed avere da loro i riconoscimenti e le idee da portare nelle istituzioni. La politica come servizio, come si diceva una volta, e non come carriera furba e cinica. Il successo di Giandomenico è la scommessa di chi si ostina a pensare la politica in modo disinteressato. Il sogno che è stato premiato lo scorso anno nella città di Agrigento, e che ad un certo punto è stato vanificato e tradito da scelte di realismo che -vedrete- non pagheranno sul piano pratico né sul piano ideale, deve continuare perché contiene il seme della speranza.
 
Una scelta dunque alla luce del sole e con motivazioni che partono almeno dallo scorso anno con la cosiddetta primavera agrigentina...
 
Sì una posizione chiara senza 'strizzatine' d'occhi sottobanco, pubblica e motivata. Lascio ad altri trasversalismi sottotraccia a favore di esponenti dello schieramento non proprio per acredine dovuta a promesse mancate o per candidature sfumate o peggio pensando che in tal modo verranno risparmiati da attacchi per i tanti scheletri che nascondono nei loro armadi.

 

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