LA MORTE DEI BAMBINI E IL BUON DIO di Pepi Burgio
Leggo voracemente, quasi con piacere famelico Altre concupiscenze, il libro appena pubblicato da Adelphi, prosecuzione di Concupiscenza libraria, con il quale vengono riproposte alcune recensioni letterarie di Giorgio Manganelli concepite nell’arco del trentennio ’60-’80 per i giornali e le riviste che ne hanno ospitato la smisurata genialità. Manganelli, più che Arbasino più che Landolfi è uno di quegli autori la cui scrittura funambolica dovrebbe indurre a desistere da ogni disinvoltura nella comunicazione scritta, ammenoché non rivesta carattere di assoluta impellenza. Ma si sa, la vanità degli uomini si avvale di fondamenti ineluttabili.
Una pagina, fra quelle dedicate a Guido Ceronetti, trovo sia particolarmente intrigante. In due momenti. Il primo quando Manganelli elogia Ceronetti per aver fornito rilievo a una citazione tratta da Il flauto e il tappeto (1974) di Cristina Campo: “In Italia l’ultimo critico fu, mi sembra, Leopardi, con De Sanctis la pura disposizione dello spirito contemplante fu definitivamente perturbata e distorta dall’ossessione storica”. Certamente risulterebbe interessante ripercorrere le tappe della grande tradizione storiografica italiana, da Vico a Gramsci, al fine di individuare le origini culturali e i riverberi politici di quell’eccesso di storia, per usare una categoria nietzschiana, che ha in molti casi impresso, specie in passato, una trionfante piegatura egemonica, ideologica, alla cultura italiana.
Infine il secondo momento, la vera sollecitazione di queste mie quattro note, originata da uno straziante fatto di cronaca. All’interno della stessa pagina di Altre concupiscenze, Manganelli afferma, inoltre, che l’enorme merito di Ceronetti consiste nell’aver colto nell’uomo d’oggi il “detestabile”, l’“uomo impazzito”; ovvero colui che “vuole ignorare la propria immagine tragica”.
Giorni fa, intento a giocare per i campi di Tamrout, in Marocco, il piccolo Rayan, 5 anni, è stato inghiottito dalle strette pareti di un pozzo scavato dal padre contadino. Poi dopo alcuni giorni di grande tormento, l’ombra lo ha avvolto; ed è finita come è finita.
Alla domanda sul perché muoiano i bambini, che un tempo interrogava la teologia e la grande letteratura, neanche il papa, ha confessato, saprebbe rispondere.
Forse ha ragione Manganelli se afferma che “per definizione, il mondo è il luogo in cui non si incontra Dio”.