LO SCAVO DEL TEATRO DI AKRAGAS. Intervista a Luigi Caliò di Giovanni Taglialavoro
Uno, nessuno e centomila: potrebbe essere il titolo, mutuato da Pirandello, della favola del teatro antico di Agrigento.
Per decenni, davanti alla sua beffarda assenza, gli Agrigentini si convincevano che in realtà ce ne fossero nascosti molti, se non proprio centomila. E ne indicavano i siti: a piazza Ravanusella, davanti al tempio di Giunone, a poggio Meta, a San Leonardo, forse anche verso Villaseta. Non si trovavano perché non li si voleva cercare: forze occulte che difendevano i privilegi di Siracusa e Taormina impedivano il rinvenimento della cavea antica.
Adesso che finalmente un teatro è stato trovato, e va prendendo forma con gli scavi, prevale il dubbio, non tra gli studiosi, che forse non sia proprio un teatro.
Dai molti teatri, a uno e adesso nessuno. La favola vira verso la farsa.
Quello che sta emergendo nello scavo del teatro in effetti è davvero spiazzante. Muri, tanti muri, blocchi di sedili, tanti, ma anche tracce di chiese e di piazze paleocristiane, ma ancora nessuna chiara forma semicircolare come quella che ci si aspetta di vedere in un teatro antico.
Ne parliamo con il professore Luigi Caliò che, insieme alla equipe del Parco Archeologico e Paesaggistico Valle dei Templi formata da Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo, sta guidando gli scavi con pochi fondi e con molti aggrovigliamenti interpretativi.
Professore, eravamo rimasti, con il precedente scavo, ad una ‘summa cavea’ strutturata su cameroni disposti in modo radiale, a semicerchio, su cui poggiavano i sedili in elevato. Età ellenistico-romana. Avevamo pure uno scavo nell’angolo sud occidentale che ha fatto emergere grandi muri che sembravano di sostegno al relativo settore teatrale. Non sapevamo nulla della media e della ima cavea. Adesso con la seconda campagna cosa è emerso di nuovo?
“ La nuova campagna ha messo in luce maggiormente l'anello mediano della cavea aumentando le informazioni che abbiamo sui gradini che sono scivolati dall'alto e agevolando i nostri tentativi di ricostruzione. i dati maggiori provengono dallo scavo nell'area meridionale nell'area dei grandi muri di sostegno della cavea. finalmente abbiamo potuto comprendere una serie di elementi strutturali che in precedenza ci erano sfuggiti e capire che il teatro aveva una facciata imponente, ma non simile agli altri edifici teatrali che siamo abituati a vedere in Sicilia e comunque nelle regioni occidentali, quanto piuttosto a teatri greci come quello di Epidauro, con i muri che rientrano diagonalmente verso il centro”
Queste risultanze cambiano il quadro interpretativo che avevate maturato con il precedente scavo?
“ Sì, lo hanno cambiato proprio grazie agli scavi della parte sudoccidentale e ha cambiato non solo la nostra ricostruzione delle architetture, ma anche la scansione cronologica delle diverse fasi costruttive del teatro stesso.”
Lasciamo per un attimo il teatro e facciamo un cenno alle interessanti tracce di edifici, e forse piazze, di età cristiana che avete scoperto. Qual è la loro importanza e come vanno ad incidere sulla struttura complessiva del teatro?
“Altro elemento importante emerso sono le fasi di età cristiana che per il momento datiamo tra la fine del V e il VI secolo d.C. In summa cavea si è trovata una struttura a tre navate con la navata centrale più lunga e ampia e le navate laterali absidate. La struttura, con tutta probabilità una chiesa, è di grandi dimensioni, ma rimangono solo elementi delle fondazioni. Per il resto sembra essere stata completamente smontata quando il polo religioso probabilmente è stato spostato forse a Girgenti. Nella parte bassa del teatro una pavimentazione in lastre di calcare bianco molto ricca si data nello stesso lasso di tempo. Al momento non abbiamo ipotesi sulla struttura perché non abbiamo scoperto tutto il pavimento, ma quello che è certo è che in questa fase doveva esistere un grande quartiere cristiano di cui ci parlano anche delle tegole con bolli vescovili che indicano la presenza di una fabbrica legata al vescovo.”
Un occhio profano guardando l’area dello scavo, così come appare adesso, vede in alto delle fondazioni semicircolari, un po’ più in basso una roccia vagamente semicircolare, ma nuda, e poco più sotto tanti blocchi, di pietra, i sedili, ammassati a semicerchio, tutti più o meno alla stessa altezza. Proviamo a dare una lettura a questo quadro?
“Questa è una domanda un po’ complicata perché implica mettere in ordine una serie di elementi che ancora non sono completamente assodati. Per quello che ne sappiamo fino ad ora il teatro è sicuramente un edificio costruito in gran parte e non appoggiato completamente sul terreno. I livelli naturali della roccia scendono verso sud e verso ovest, in modo trasversale rispetto l’orientamento del teatro. Al momento i muri più alti sono nell’angolo sud ovest dove i livelli della roccia sono più bassi.
Che funzione avevano questi muri?
La funzione di questi muri era di sostenere la cavea su cui erano posizionati i gradini.
Questo implica parlare della struttura dell’edificio. In un teatro adagiato sulla roccia, questa viene scolpita per alloggiare i singoli filari di gradini. Le imperfezioni venivano colmate con terra compattata per sistemare più comodamente le lastre che servivano da sedile.
Il teatro di Agrigento invece deve sopperire alla mancanza della roccia naturale con grandi muri costruiti. Tutta la struttura era costituita da grandi cameroni che funzionavano da elementi di terrazzamento alti circa 5 metri e presenti in summa cavea. In pratica era stata realizzata una struttura a grandi gradoni molto imponenti che costituivano l’ossatura dell’edificio e che servivano per alloggiare strati di terra su cui erano posizionati i gradini. Questo è il motivo per cui i gradini non sono rimasti in situ, perché non trattenuti da leganti o malte, ma sono caduti alla base del secondo gradone che in gran parte era costituito dalla roccia naturale, mentre il primo, costruito in blocchi, era stato completamente smontato prima della costruzione della chiesa in summa cavea realizzata al livello delle sue fondazioni. Lo smontaggio del teatro inizia prima della fine del V secolo a.C.
Il secondo anello è stato solo parzialmente scoperto.
Esiste una ulteriore complicazione. Il teatro poggia in parte su strutture più antiche di terrazzamento che chiudevano il dislivello tra l’agorà e la strada a sud di questa in una fase prima del teatro. Non è il caso ora di entrare nei particolari, ma questi primi terrazzamenti li datiamo genericamente al V secolo a.C., prima dell’arrivo dei punici alla fine del secolo. Tutta l’area, in altre parole, era stata fortemente antropizzata e su queste strutture è realizzato il teatro. Nella parte centrale, dove la cavea si approfondiva di più fino al livello dell’orchestra, i muri più antichi sono stati smontati, ma sui lati della cavea, dove le strutture del teatro sono più alte queste si appoggiano semplicemente sui muri di età precedente che mantengono un orientamento diverso.
La difficoltà di interpretare i singoli muri deriva anche da questa sovrapposizione di strutture dislocate nel tempo.
In generale possiamo dire che al momento possiamo leggere due fasi costruttive: i muri di età classica che sono terrazzamenti lineari e il teatro che datiamo alla fine del IV secolo a.C.
In un’area che dovrebbe essere stata esterna al teatro, ma ad esso addossata, è venuta fuori una pavimentazione molto vasta e interessante. Di cosa si tratta?
“Ancora non lo sappiamo come già accennato. Però è certamente una struttura monumentale che testimonia la vitalità di questo quartiere in età cristiana.”
Una chiesa triabsidata sulla summa cavea, una pavimentazione a ridosso dell’angolo sud occidentale del teatro: proviamo ad immaginare come poteva apparire il teatro in età tardo antica?
“Questa è una domanda a cui potrebbe rispondere con più cognizione di causa Maria Serena Rizzo o Luciano Piepoli che si interessano più specificatamente di questo periodo.
Di certo il teatro, pur parzialmente smontato, doveva costituire ancora un impianto di sostruzione notevole su cui appoggiare la chiesa. Questa apriva sul cardo I e dava le spalle al teatro, ma dal basso doveva essere visibile il complesso delle absidi. La grande aula, che chiamiamo così per comodità più che per la reale comprensione che abbiamo della sua forma architettonica, doveva essere un pendant importante della struttura superiore. Di certo il teatro serviva da quinta scenografica e da supporto per la geografia della città cristiana.”
Si è pensato che quando Fazello a metà del cinquecento viene ad Agrigento e pensa di riconoscere i resti del teatro si riferisse al luogo che state scavando. Cosa avrà potuto vedere da indurlo a formulare quel giudizio? E nei secoli successivi cosa era cambiato in questo sito da non farcelo più riconoscere come sede dei teatro?
“Quando siamo arrivati noi il teatro era completamente coperto a parte un piccolo muro. Sappiamo che si è perpetuata una spoliazione sistematica a partire dal V secolo d.C., fino almeno al XIII dai materiali che sono stati trovati negli strati che indicano la depredazione dell’edificio. È tuttavia anche probabile che la spoliazione dell’edificio non sia terminata in età medievale, ma che abbia continuato anche dopo la visita di Fazello forse come cava di materiale da costruzione per i palazzi che hanno adornato la città di Girgenti. Numerosi blocchi sono ancora visibili negli edifici del centro storico.”
Voi archeologi vi eccitate davanti ad un frammento ceramico quasi allo stesso modo con cui reagite davanti ad una gradinata teatrale. Ma per noi non è così. Riusciremo a vedere le gradinate, alcune magari ancora in situ? Dove e come bisognerà scavare?
“La conformazione del teatro stesso non permette di ipotizzare che le gradinate possano conservarsi in situ. L’uso di terra come legante prevedeva una continua manutenzione. Tuttavia è probabile che scendendo verso il basso i gradini siano maggiormente conservati, come succede in gran parte degli edifici teatrali, in primis perché più protetti dall’accumulo di terra che ha coperto l’edificio e poi perché meno soggetti al dilavamento che proveniva dall’alto. Gli interri però sono ancora piuttosto alti e ci vuole molto lavoro per giungere alla base della cavea.”
Siete arrivati alla scoperta del teatro indagando sugli edifici che costeggiano l’area dell’Agorà. Si tratta di un rettangolo vastissimo che era il cuore della città greca e poi romana. Lo scavo di tutta questa area, che oggi è in parte attraversata dalla strada statale e in parte occupata dai posteggi del museo, cosa potrebbe far venire alla luce? Come cambierebbe la immagine dell’antica Agrigento con tutta quest’area monumentale scavata e attrezzata alla fruizione?
“La scoperta del teatro è frutto di una serie di osservazioni sull’area centrale della città. Gli scavi del teatro ci hanno dato l’idea che questa area è stata monumentalizzata fin dalla fine del VI secolo o dall’inizio del successivo, probabilmente in relazione alla tirannide di Terone. Il teatro si pone in stretta connessione con l’agorà di cui conosciamo solo il lato nord ovest dove si trova il Bouleuterion, il senato della città. Purtroppo il resto è sostanzialmente sconosciuto e possiamo solo fare delle ipotesi. Certamente dovevano esserci altri edifici, imponenti portici ed edifici amministrativi di cui ci sfuggono le architetture. Parte di questa zona è compromessa dalla realizzazione del Museo che però costituisce un polo importante anche architettonico che sostituisce degnamente ciò che è stato perduto. Ad ovest del quartiere ellenistico potrebbero essere condotti una serie di indagini che aiuterebbero una lettura più coerente dell’intero complesso, ma al momento l’obiettivo principale è lo scavo del teatro.”
Quando riprenderete lo scavo e con quali ipotesi di lavoro?
“Con l’Università lo scavo dovrebbe riprendere in primavera. Dico dovrebbe perché l’organizzazione è piuttosto complessa e quest’anno sono stati presenti sullo scavo circa 90 studenti tra triennale e specialistica oltre che studenti della specializzazione e del dottorato. Lo scavo è stato un polo di attrazione per turisti e persone interessate che venivano a trovarci periodicamente e che hanno dato un ulteriore senso al nostro lavoro. Penso che nel prossimo anno dovremmo incrementare l’aspetto pubblico del nostro lavoro in accordo con il parco.
Lo scavo di quest’anno ha dato tante risposto ma lasciato in sospeso alcune cose. Innanzitutto l’aula pavimentata di età tardo antica, poi la continuazione dello scavo dell’analemma occidentale. Ma soprattutto lo scavo all’esterno dell’edificio teatrale verso ovest dove continuano i terrazzamenti più antichi e dove al di sotto di questi abbiamo trovato strutture di età arcaica.
Per il momento dobbiamo ancora riflettere su ciò che quest’anno ci ha offerto.”