LA 'PACCHIA' DI ABIJA RACCONTATA DA SE' MEDESIMA di Alessandro Riccardo Tedesco

Abija è una bambina di 11 anni, eritrea. Frequenta la mia classe di italiano L2, saltuariamente. Quando le chiedo “come stai?” mi sorride sempre, senza rispondermi, e le prime volte con la mano si copriva il viso, che pensavo fosse un gesto per celare i suoi denti prominenti, invece è discrezione, la sua educazione. Prima di andare in aula mi fermo sempre in sala ristorante, con i miei allievi, parlo con loro, mi faccio raccontare del loro paese, del loro cibo, e di solito resto affascinato, incantato dalle loro parole, per quante risorse quei paesi dispongano e di come loro con facilità ed amara felicità, riescano a rendermene partecipe.

Oggi mentre ero solo che pranzavo con la mia solita mela col pane, Abija è passata da me, mi ha chiesto quando iniziavamo, e mi ha lasciato la sua bottiglietta di Soda Cola. Senza dirmi niente. Mi ride, e scappa.

La classe è numerosa, vengono da dovunque: Nigeria, Costa d’Avorio, Mali, Togo, Eritrea... La lezione odierna aveva come tema la presentazione di sé stessi iniziando da l’analisi di una pagina Facebook fino a fare un testo di presentazione. Beh, in verità oggi era la terza lezione, che poi tecnicamente è una sola Unità Didattica in cui utilizzo diversi strumenti, dalla lavagna al riproduttore audio, computer e video, in diversi fasi che facilitano l’apprendimento. Spesso commentiamo immagini, che utilizzo per motivare riflessioni mirate sull’argomento che poi approfondiremo, ascoltiamo audio con dialoghi per sollecitare la comprensione all’ascolto, li faccio leggere e parlare fra loro e quando mi rivolgo ad Abija lei non mi risponde, ride. Ogni mio allievo è stato capace, al termine, di compilare la sua propria pagina Facebook con tutte le informazioni personali, istruzione , lavoro, interessi, contatti... e fare poi una presentazione di sé. In italiano. Celestine, Città natale Wadì Paese Costa d’Avorio, Data di nascita 13/12/1999, Città di residenza Siculiana, mi ha scritto tra gli interessi Musica zuglu: è con YouTube che l’aula si è trasformata per due minuti in un dance hall! 
Abija rideva.

Tre ore di lezione ininterrotta, tutti stanchi, ci si vede domani. 
Abija si ferma sempre dopo il termine, le spiego quello che non ha capito, le parlo in inglese, per quel poco che riusciamo a comunicare, ci capiamo più a gesti, le lascio da fare dei compiti, in stanza...

In classe abbiamo un quadro con quattro immagini, disegnate da un ospite del centro che ha rappresentato con scrupolo e arte i momenti del viaggio dal suo paese all’Italia. Abija gli si ferma davanti, indicandomi un riquadro mi dice “Libia”. Il disegno raffigura un uomo con il capo coperto dalla kefiah nell’atto di frustare un altro uomo inginocchiato davanti a lui di spalle, la scena si svolge in un posto al chiuso. Ho chiesto ad Abija “tu hai visto?”, lei mi ha risposto “yes, Libia”. Mi ha indicato gli altri disegni, quello con un uomo che nel deserto violenta una donna, e ho chiesto ad Abija “tu, hai visto?”, mi ha risposto “yes, Libia”. Mi ha indicato il disegno col pick-up che viaggia nel deserto, le ho chiesto “tu hai viaggiato sul pick-up così?”, “yes, Libia” mi ha risposto. Mi ha detto “Libia, uno anno”, indicandomi il disegno con l’uomo che frustava. Poi mi ha indicato l’immagine col grande gommone stracolmo di persone che si approssima alla costa italiana, e Abija mi dice “io qui, uno giorno”, “tu qui, hai viaggiato nel gommone?”, mi risponde “così”, piegandosi sulle ginocchia, raccogliendo tra le braccia le gambe e la testa e poi, guardandomi con l’anima, mi dice “Italia, visto, felice!”.

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