VIVACQUA: UN CANDIDATO 'ATIPICO' PER UNA SCOMMESSA DI CAMBIAMENTO

di Tano Siracusa
[img:1 align=float_left title=none]Dunque Arnone ha ritirato la sua candidatura alle primarie del PD. Rimane in campo Giandomenico Vivacqua, che ha intanto dichiarato di volere riconsiderare, a questo punto, la sua disponibilità a candidarsi alla presidenza della provincia sulla base di un non formale e convinto consenso da parte di tutte le componenti del partito.  Atteggiamento del tutto comprensibile dopo la sequenza di scosse che hanno fatto scricchiolare il PD negli ultimi giorni: la dichiarata contrarietà di Arnone alle primarie e i suoi attacchi al ‘puparo’ (la signorilità e l’originalità delle metafore non sono mai state un punto di forza nelle polemiche di Arnone), l’annuncio di Costanza che le primarie erano annullate, la triste vicenda del ricorso di Manzullo, l’agitarsi del gruppo della Margherita in collisione con il gruppo diessino. Questo caos, di cui non era chiara la regia e in cui si intrecciavano curiose alleanze, ha accolto l’ingresso di Giandomenico Vivacqua sulla ribalta provinciale del partito. Potrebbe essercene abbastanza per scappare a gambe levate. Ma lui è ancora lì.
Giandomenico è un politico ’atipico’, ha detto Capodicasa in occasione della presentazione della candidatura, ed è vero.
Diversa è la sua formazione, rispetto a quella di chi normalmente fa politica. Una formazione umanistica che fonda ed eccede le competenze giuridiche brillantemente utilizzate nella sua attività accademica. Giandomenico ama la letteratura, legge i poeti e i romanzieri, e non è certo un dettaglio privo di interesse se Berlusconi si vanta di non leggere un romanzo da molti anni.
‘Atipico’ è il suo rapporto con il linguaggio. Non solo per l’uso inventivo, spesso ludico che fa delle parole, ma per l’importanza, per il rilievo antropologico, che attribuisce alle parole.
La sua avversione per il politichese appare etica prima ancora che estetica, denuncia meno la goffaggine che la opaca genericità, la pigrizia intellettuale, la meccanicità sillogistica che quel linguaggio sollecita.
Diversa è perciò la forma della sua intelligenza politica, orientata a dubitare del noto per accettare la sfida della ricerca, e capace perciò di scartare anche di lato, di proporre connessioni e sintesi originali.
Diversa, rispetto a quella che normalmente i politici, anche di sinistra, manifestano, è la sua sensibilità per gli emarginati, per gli esclusi e gli oppressi.
Il problema che abbiamo davanti, ha dichiarato di recente, è l’emigrazione non l’immigrazione.
Raramente Giandomenico Vivacqua è stato così appassionatamente presente sulla scena pubblica locale come durante la drammatica vicenda della Cap Anamur. In quei caldissimi giorni di Luglio, mentre ai fedeli veniva impedito di abbracciare il simulacro del Santo Nero e a trentasei uomini di colore veniva impedito di attraccare a Porto Empedocle, Giandomenico Vivacqua ha costituto un punto di riferimento costante e prezioso per un pugno di cittadini indignati.
Del tutto ‘atipico’ è infine il suo rapporto con la politica. Non ha esitato infatti ad accettare una candidatura alle primarie per una battaglia elettorale che si annuncia difficilissima.
Ho accettato proprio perché è così difficile, ha dichiarato, perché il momento politico è per la sinistra così difficile. Giusto: molto più ‘tipico’ è sembrato in questi giorni il gran darsi da fare attorno a lui per guadagnare qualche vantaggio personale, di gruppo e di clan e sputtanare l’immagine del partito.
Ha ragione dunque Capodicasa quando rileva la diversità di Vivacqua. Ma il dirigente diessino ha anche aggiunto che Giandomenico può vincere non malgrado ma proprio grazie alle sue ‘differenze’.
Fa piacere che Angelo Capodicasa lo pensi. Dispiace che non lo abbia pensato quando sono state confezionate le liste per le elezioni politiche nazionali e per quelle regionali.
Il rammarico accompagna il dubbio che l’attuale gruppo dirigente del centrosinistra provinciale voglia davvero dare inizio ad un processo rapido e coerente di rinnovamento e ricambio. Un ricambio che non dovrebbe essere solo generazionale, ma anche di linguaggi, di sensibilità, di motivazioni ideali.
C’è una centralità mediterranea del nostro territorio, una complicazione di relazioni fra locale e globale, un intreccio di possibili relazioni fra spinte ideali e solidaristiche e concrete opportunità di crescita civile ed economica, rispetto alle quali il ceto politico del centrosinistra siciliano ha misurato una sostanziale incomprensione. La sua sconfitta elettorale è innanzitutto una sconfitta culturale.
Giandomenico Vivacqua è davvero ‘atipico’, nel senso che ha profilato finora il suo impegno intellettuale e civile su quella dimensione dello scenario, su quella novità, rispetto a cui la differenza generazionale si accompagna a un più decisivo scarto di cultura e sensibilità politiche.
Il dubbio di questi giorni è se il vecchio, il passato, nel centrosinistra locale sia davvero disposto a passare, a lasciarsi passare.
 

 

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