APPRENDERE DAL BARONE DI MÜNCHHAUSEN di Gaetano Gucciardo

Münchhausen ritratto da Bruckner (Wikipedia)Il barone di Munchhausen si tirò fuori dalla pozza afferrandosi per i capelli. È tutto qui. Le amministrazioni locali sono a zero. La politica è solo tagli di spesa. Ad Agrigento i condizionatori rotti delle scuole primarie vengono sostituiti con condizionatori nuovi comprati col denaro personale dell’assessore. In certe scuole la mano di vernice la passano i genitori. Di che stiamo parlando?
Se sei bravo ti industri per intercettare finanziamenti e investimenti e con quelli provi a soddisfare la domanda di beni e servizi che ogni amministrazione comunale deve assicurare. E provi pure a creare un meccanismo virtuoso che attragga visitatori e occasioni di spesa. 
Una delle chiavi di volta in mano alle amministrazioni è la narrazione. Raccontare i luoghi come attraenti, affascinati, degni di visita, degni di spesa, degni, perché no, di investimenti. 
È questa la logica che muove la candidatura di Agrigento a capitale della cultura. Se ci si riesce arrivano finanziamenti vitali per la città. È, dice sostanzialmente Tano Siracusa, una millanteria. Forse, anche se, va ricordato, la città è pur sempre arrivata in finale per l’assegnazione del riconoscimento. Quindi qualche risorsa, qualche qualità, qualche cosa di pertinente al bando ce l’ha. 
Ma credo non sia questo il punto essenziale. Il punto essenziale è che i luoghi hanno bisogno di essere raccontati in modo diverso non solo perché c’è qualche milione messo a bando, ma anche perché, se una chance c’è di far fermentare quel che di buono c’è, è riconoscerlo e metterlo in primo piano. 
Pare che se atteggiamo il volto al sorriso, anche se non siamo allegri, le cose cambiano. Dimostrato sperimentalmente: se solleciti i muscoli facciali costringendoli a farti assumere una espressione allegra (una matita afferrata coi denti, è l’espediente), i tuoi giudizi saranno più positivi. Pare assurdo, ma è davvero possibile tirarsi fuori dalle pozze afferrandosi per i capelli. Combatti la depressione se ti sforzi di ridere. Combatti il degrado se racconti la bellezza.

Naturalmente altra cosa è raccontare cose belle per nascondere quelle cattive o, peggio, raccontare menzogne e legittimare, con le manipolazioni, il proprio potere. Ma siamo nell’epoca dei social. In un’epoca in cui verità e menzogna convivono senza che la comunicazione pubblica riesca a riconoscerle e separarle. In cui domina il frastuono delle fake, della bullizzazione mediatica, dell’insulto. La fogna dell’ignoranza, del razzismo, del fascismo è stata aperta e quello che ne viene fuori sta degradando tutto. Credo sia questa la drammatica emergenza dei nostri anni e, credo pure, che il peggio deve ancora venire. Con le fake news c’hanno eletto un presidente al di là dell’oceano e l’America, diceva Tocqueville (e pure Marx) anticipa l’Europa. Naturalmente una amministrazione con zero capacità di spesa sarà solo oggetto di strali da parte dei cittadini. E che strali! Una volta gli insulti si limitavano a Porta di Ponte. Poi hanno inventato facebook.
E dunque, in questa marea montante, tentare di raccontare il bello – poco, debole, scarso che c’è e che si tenta di fare – e farlo dentro una visione, come scrive Taglialavoro, di “rigenerazione globale della nostra città”, è uno dei pochissimi indirizzi di policy e di politica culturale che i tempi ci concedono. Almeno a quelli che credono ancora nelle promesse della socialità. 

P. S. È certo però che l’amministrazione qualcosa in più per liberare la città dalla morsa della “piovra del traffico” poteva farla.

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